Rossi contro giallorossi, diavoli contro lupi. Ci si confonde, a vedere i settantamila mila spettatori sugli spalti rossi dello stadio internazionale del Cairo, a Nasr City, per l'amichevole tra le due squadre del derby delle rispettive capitali, la Roma e Al Ahly, tre volte campioni della coppa africana, l'ultima la scorsa stagione. Nella «giornata dell'amicizia italo-egiziana», i tifosi locali ci salutano calorosamentequando ci riconoscono. Ancora davanti ai cancelli Mustafa, un po' affrettato, ci chiede dov'è la tribuna dei giallorossi. Perché le sue figlie, come non si può fare a meno di notare dalle magliette di Totti corredate da apposite sciarpette, sono romaniste. «Sono amico di Cafù, assicura. Sono stato anche a Trigoria», insiste. Certo sono in pochi i tifosi del Cucs (i supporters capitolini) che hanno avuto il coraggio di sfidare i 45 gradi all'ombra dell'estate cairota. In compenso, molti emigrati egiziani convertiti alla fede romanista e tornati per le vacanze, tendono striscioni dell'Atac, sopra l'effige di Mubarak e due sfingi dorate. Fuochi d'artificio, un concerto di musica libanese, e il gioco ha inizio, con un ritmo della tabla (percussione araba) che segue tutta la partita, intervallo compreso. Ma forse è la tifoseria che è mancata alla Roma, che ha agonizzato per novanta minuti incassando un 2 a 1 solo grazie a un rigore di Montella. O forse le tre settimane che mancano all'inizio del campionato richiedono ancora una rifinitura nella preparazione. «Conosciamo e rispettiamo la squadra dell'Ahly», aveva dichiarato Capello solo il giorno prima. Un rispetto meritato, per altro. Qualche mese fa il derby con il Zamalek si è chiuso con un 6 a 1 per Al Ahly, e la città è impazzita in una furia rossa come solo gli egiziani possono impazzire per il calcio. Entrambe le squadre sono arrivate seconde nell'ultima stagione, di un solo punto. Non solo:cinque giocatori della formazione egiziana compreso il bravo portiere El Hadary giocano nella nazionale. Prima della vittoria sulla Roma l'allenatore Jo Bonfrer aveva già condotto i diavoli alla vittoria in un'altra amichevole pre-stagione in Romania. E se la Roma èriuscita a mantenersi sullo 0 a 0 con il Real Madrid a New York, l'anno scorso l'Ahly batté il Real 1 a 0.
Le malelingue (i tifosi del Zamalek) dicono che fu perché l'ospitalità egiziana si era per l'occasione arricchita di un tempismo tattico: il giro turistico alle Piramidi (forse anche a bordo di cammello) venne organizzato per la sera precedente la partita, e i giocatori del Real arrivarono in campo stremati.
I nostri non commentano a fine partita. Tra le risse tra giornalisti e servizio d'ordine e deliziose tifose che supplicano autografi, scappano alla chetichella e si infilano veloci negli autobus. Capello si lascia scappare un «correvano di più». Superiorità atletica ofusi orari ancora da assorbire? Fatto sta che anche i giallorossi sono stati portati in uncaldo giro alle piramidi il sabato prima della partita. Risultato: dopo i primi 15 minuti di scrutamento reciproco, Al Ahly ha cominciato ad attaccare e non ha più smesso, confinando la Roma nella sua metà campo. Alla fine del primotempo gli egiziani conducevano per 2-0, grazie alle reti di Ibrahim Sayd (19') e dell'angolano Evelino (43') e a una prodezza di Antonioli che ha evitato il terzo gol. Al 4' del st arriva un immeritato rigore di Montella, che l'arbitro egiziano Gandur ci haconcesso forse più per pietà che altro. Ma l'illusione dura poco. Al 15' st Zebina si becca un cartellino rosso per aver evitato un ennesimo gol con un fallo. In dieci e all'insegna delle sostituzioni (cinque per la Roma e tre per Al Ahly), si arriva faticosamente al novantesimo. Stanchi, deboli in difesa, lenti. Speriamo fosse solo la maledizione della sfinge.