Il 31 luglio il parlamento croato si è riunito per votare la fiducia al secondo governo Racan, che l'ha ottenuta, con 84 voti a favore e 47 contrari. La legge costituzionale sulle minoranze etniche è stata invece rinviata ad una sessione ordinaria: le minoranze si sentono danneggiate dall'impianto discriminatorio della proposta di legge. Inoltre, i risultati del censimento, pubblicati di recente dopo oltre un anno di attesa, ne attestano la forte diminuzione e rivelano il terremoto etnico subito da tutte le etnie minoritarie nazionali ed in particolare da quella serba. Tra le cause di un tale degrado vi sono la guerra, un decennio di regime nazionalista ed etnocentrico e la politica di Tudjman volta a ridurre al minimo le popolazioni non croate. La pulizia etnica è sotto gli occhi di tutti: sono scomparsi oltre mezzo milione di individui appartenenti ad etnie minoritarie, in un paese che nel 1991 sfiorava i 5 milioni di abitanti ed ora è ridotto a 4 milioni e mezzo. Nel 1991 i croati costituivano meno del 79 per cento della popolazione totale, ora sono il 90 per cento. Questo incremento è avvenuto a scapito delle altre comunità nazionali, diminuite di oltre il 60 per cento.
Nel 1991, erano 800.000 gli individui appartenenti a minoranze etniche e linguistiche: il 18 per cento della popolazione complessiva. Dieci anni dopo erano 331.400, cioè il 7,50 per cento. I serbi sono fortemente diminuiti: da 582 mila sono passati a 202 mila, cioè dal 12,3 al 4,5 per cento della popolazione totale.
Immaginiamo le risate che si sta facendo Franjo Tudjman nell'inferno: lo scopo che si era prefisso è stato raggiunto. Voleva «estirpare il cancro serbo» presente in Croazia dalla seconda metà del Quattrocento, ed ecco che solo un serbo su tre è oggi presente nel paese. Dove sono finiti i 383 mila ortodossi mancanti? Se l'è chiesto l'unico deputato serbo del parlamento di Zagabria, Milan Djukic, il quale ha constatato che «in Croazia è avvenuto un etnocidio». Con cinismo, il premier «socialista» Racan gli ha risposto che con la «ribellione dell'ex Krajina» i serbi «dovevano aspettarsi» la débacle. Una dichiarazione vergognosa per un capo di governo «democratico». Si giustificano così i crimini contro le popolazioni non croate perpetrati dal regime di Tudjman attraverso le operazioni «Sacca di Medak», «Lampo» e «Tempesta».
Djukic fa notare che anche questo governo favorisce la colonizzazione delle regioni della Lika, Banovina, Kordun ed altre già abitate da serbi. Il rientro dei profughi serbi in quelle regioni è ostacolato con ogni mezzo. Finora una sola persona è stata processata e condannata per i crimini compiuti nelle ex Krajine.
Anche la minoranza italiana in Istria, a Fiume e nel Quarnero è diminuita, ma è la meno penalizzata. I cittadini croati dichiarati di madrelingua italiana sono 20.501 (nel 1991 erano oltre 25.000), quelli dichiaratisi di etnìa e lingua italiana sono invece 19.636, cioè 1.667 in meno rispetto al censimento del novantuno, con una flessione del 7,82 per cento. In realtà, tenuto conto del calo demografico, la flessione reale è del 2 per cento. «Tutto sommato - dichiara Ezio Giuricin, esponente della minoranza - il nostro gruppo nazionale non si è lasciato falcidiare dal nuovo esodo, dall'instabilità sociale e politica, dalla crisi economica e dai mutamenti determinati, soprattutto in Istria, dai nuovi processi migratori».
La «resistenza» italiana è significativa in rapporto alla politica passata tendente a «omologare» l'Istria con l'immissione di popolazioni e funzionari provenienti dall'interno della Croazia e dai centri filofascisti dell'Erzegovina. In Istria gli italiani sono oggi il 6,9 per cento della popolazione mentre nel `91 erano il 7,48 per cento; a Fiume costituiscono il 2,4 per cento degli abitanti. Rispetto alla popolazione complessiva della Croazia la presenza italiana è passata dallo 0,40 del `91 allo 0,44 di oggi.
Alla luce di questi dati la Commissione parlamentare per i diritti dell'uomo e delle minoranze, presideuta da Fulvio Radin, ha chiesto al governo di predisporre una strategia nazionale per la tutela dei diritti delle minoranze. Il deputato italiano ha dichiarato che è necessario supportare le attività delle minoranze con aiuti finanziari, oggi addirittura inferiori a quelli del tempo di Tudjman.