MONDO

Eddin, prigioniero di coscienza

LAI CAMILLA,IL CAIRO

«Continuerò a combattere per la libertà». Non si arrende Saad Eddin Ibrahim, in secondo grado, a 7 anni di reclusione. E' ancora ottimista come quando lo abbiamo incontrato il giorno prima dell'appello, a fine aprile. Docente di sociologia all'università americana del Cairo, cittadino egiziano e americano, e militante di diritti umani, Ibrahim ha fondato nel `88 il centro Ibn Khaldun per lo sviluppo dei diritti dell'uomo, che ha sostenuto numerose battaglie civili. Per Ibrahim la sua vicenda appartiene al teatro dell'assurdo. Difficile dargli torto. Le autorità egiziane hanno tollerato, le attività del centro finché non ha annunciato l'intenzione di monitorare le elezioni per verificarne la legalità. Per Ibrahim e altri 27 attivisti del centro le manette sono scattate la notte del 30 giugno 2000. Dopo 300 giorni di carcere viene processato in base alla legge di emergenza dell'81, che esclude il ricorso in appello. Innumerevoli capi di imputazione: corruzione, sottrazione di fondi Ue, manipolazione dei media, diffamazione. L'attenzione internazionale che ha suscitato il caso di Saad Eddin (in suo favore si sono mosse anche Human rights watch e Amnesty International, che l'hanno definito«prigioniero di coscienza») ha spinto la Cassazione, il 6 febbraio, ad annullare la sentenza di primo grado.

Il 27 aprile Ibrahim rientrava in aula, con un librone sotto il braccio, l'unica prova documentale del centro ammessa a sua difesa, appoggiato alla moglie Barbara, per le sue condizioni di salute. Dopo 3 mesi, lunedì l'accusa ha concluso un'arringa modellata su versetti coranici: «Incarniamo il dolore di una nazione intera. Saad è un bugiardo senza vergogna, un criminale affamato di denaro, un esperto nell'arte della diffamazione». La motivazione della sentenza non è stata ancora resa nota. Ma Saad è stato subito rinchiuso nel centro di detenzione Khalifa, in attesa di essere trasferito in un carcere di massima sicurezza. A nulla è valso nemmeno l'affidavit della Commissione Europea, effettuato da un audit esterno, in cui si sosteneva la legalità dei fondi assegnati all'Ibn Khaldun. Barbara è decisa a presentare l'ultimo appello concesso, in Cassazione e alla Corte Costituzionale. Le organizzazioni dei diritti umani, egiziane e internazionali, la sostengono. Ma potrebbero volerci mesi perché la richiesta venga accolta e si ricominci daccapo.

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