CULTURA

Sognando un bel pianeta blu. Su sfondo verde

LAI CAMILLA,ALESSANDRIA D'EGITTO

«Facciamo pace con la natura, prendendo atto che una guerra dichiarata è in corso»: questo il punto di partenza delle tre giornate di incontri - conclusisi ieri alla Bibliotheca Alexandrina - tra ambientalisti scandinavi e giovani artisti egiziani. Sebbene la Bibliotheca non sia stata ancora ufficialmente aperta (l'inaugurazione, prevista per aprile, era slittata a causa della gravità della crisi mediorientale»), la «360hub Lighthouse» - una società di idee svedese con sede nella stessa biblioteca - è riuscita ugualmente a organizzarvi un seminario di formazione con giovani egiziani. Sette dei quali, giova segnalare, sono stati selezionati per il summit mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre prossimi. L'idea era quella di dialogare, di apprendere in un confronto reciproco che avesse come cornice proprio il nuovo centro culturale. E la centralità del dialogo ha guidato anche l'organizzazione del seminario. Gli esperti ambientali norvegesi e svedesi non hanno parlato dall'alto del podio dell'auditorium, dove pure tutti si sono riuniti per assistere alla proiezione di un video realizzato da studenti svedesi di cinematografia. Così che per il confronto «alla pari», si è scelta una delle caffetterie della Biblioteca con i suoi comodi tavolini coperti di enormi fogli di carta su cui poter scrivere e disegnare. Su ogni tavolo, un piccolo globo, verde e blu. Semplici le regole: disegnare ogni volta che se ne ha voglia, non interrompere chi ha il globo in mano, usare solo la prima persona (io credo, io penso), ascoltare. E divertirsi.

Tre i temi, uno al giorno: pianeta blu, orme verdi e voci chiare. Ogni mezz'ora, dei quattro ospiti di ogni tavolino, uno restava seduto mentre gli altri si spostavano per fare nuove conoscenze. La furia ambientalista scandinava si è «scontrata» così con l'entusiasmo dei giovani egiziani e il risultato, tra pacate risate, è stata la fattura di coloratissime tovaglie. Prontamente appese su uno dei lati di cristallo dell'edificio. Un esempio di ciò che può produrre un sincero scambio di pensieri anche su «oggetti universali».

Intanto Alex Flett, un buffo artista scozzese arrivato direttamente dalla Conferenza Hiv/Aids di Barcellona, si aggirava per il bar con un cesto di oggetti riciclati cercando per essi nuove - e possibili - utilizzazioni. E grazie alla tempesta di idee che l'ambiente aveva favorito, è stato possibile resuscitare tutti gli oggetti.

Insomma lo scopo che Inger-Mette Stenseth della 360hub si proponeva, è stato raggiunto. Il faro (Lighthouse) della sua strana società di idee ha fornito ai giovani egiziani la sicurezza che qualcosa si può ancora fare. Per un mondo che non possiedono e che - come ha notato Ismail Seralgedin, direttore della Bibliotheca - non hanno ereditato dalle generazioni passate, ma che prendono in prestito da quelle future.



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