MONDO

Stragi della Nato, la Cassazione salva l'Italia

GALLO DOMENICO,SERBIA/ITALIA

E'ccaduto che la Nato la notte del 23 aprile 1999 ha attaccato gli studi della televisione di stato jugoslava, provocando la morte di 16 persone. L' episodio bellico è stato fortemente contestato dalle organizzazioni dei diritti umani, in primis Amnesty International: organizzare attacchi contro civili e strutture civili è drasticamente proibito dalla convenzioni internazionali e la strage che ne è seguita costituisce un evidente illecito internazionale. I parenti di alcune vittime che, per loro sfortuna conoscevano l'Italiano, dopo aver subito gli effetti dei nostri bombardamenti, hanno letto la Costituzione italiana che garantisce i diritti fondamentali dell'uomo. Per questo hanno citato in giudizio, innanzi al Tribunale civile di Roma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministro della Difesa chiedendo che il Giudice accertasse se i loro congiunti avevano il dovere di morire o se anche per essi valeva il principio che la vita umana vale qualcosa, tanto che non può essere soppressa, se le convenzioni internazionali lo vietano. C'è da premettere che in Italia non è mai esistito il principio dell'immunità degli atti di sovranità che vige nel più civile ordinamento degli Stati Uniti. Esisteva una più modesta immunità degli atti puramente politici (come promulgare una legge o indire un referendum), che non possono essere sottoposti a sindacato giurisdizionale. Intanto di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell'uomo si è svolta un'altra causa promossa in questi giorni da altri parenti della vittime della stessa strage della tv jugoslava. Qui i giudici di Strasburgo hanno rivolto una domanda al Governo italiano: «La dottrina dell'immunità della sovranità è riconosciuta nel diritto italiano?». A questa domanda il co-agente italiano ha risposto richiamando la dottrina dell'immunità degli atti politici ed ha poi dichiarato: «E' perfettamente possibile arguire che, mentre la partecipazione dell'Italia alla campagna militare contro la Repubblica Federale Jugoslava è essa stessa un atto politico, come tale insuscettibile di sindacato giurisdizionale, non vi sono ostacoli al sindacato giurisdizionale rispetto alle singole operazioni eseguite in tale contesto (come per esempio il bombardamento dell'edificio della RTS) sulla base dell'allegazione che esse sono state illecite ed hanno causato danni ingiusti a singoli individui ». Com'è noto alle Corti internazionali non si possono raccontare balle. Per questo - in via eccezionale? - il co-agente italiano ha detto la verità. Ma torniamo al giudizio pendente innanzi al Tribunale di Roma. L'avvocatura dello Stato (il Governo) non ha speso una parola per controbattere gli argomenti giuridici dei parenti delle vittime. Ha invocato semplicemente la carenza di giurisdizione, cioè ha detto che il giudice non doveva permettersi di giudicare. Poiché tale maleducata eccezione, aveva una possibilità di essere accolta equivalente a zero, l'Avvocatura, per bloccare il giudice naturale del processo, ha chiamato in soccorso le Sezioni Unite della Cassazione, adoperando un espediente procedurale: il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. Quando viene proposto il Regolamento preventivo il giudice deve fermarsi ed attendere che le Sezioni Unite risolvano il problema. Ma, nonostante la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite, è accaduto un «miracolo»: le Sezioni Unite hanno cambiato il proprio orientamento, dichiarando ammissibile il ricorso dell'Avvocatura. Entrando nel vivo del problema, le Sezioni Unite affermano: «La domanda riferisce allo Stato italiano una responsabilità che è fatta dipendere da un atto di guerra, in particolare da una modalità di conduzione delle ostilità belliche rappresentata dalla guerra aerea». Quindi sentenziano: «La scelta di una modalità di conduzione delle ostilità rientra fra gli atti di Governo». Si tratta di atti che costituiscono manifestazione di una funzione politica, rispetto alla quale non è possibile configurare una situazione di «interesse protetto a che gli atti in cui si manifesta assumano o non assumano un determinato contenuto». Ragion per cui «rispetto ad atti di questo tipo nessun giudice ha il potere di sindacato circa il modo in cui la funzione viene esercitata». Terribili parole!

Peccato che i parenti delle vittime non hanno mai chiesto al giudice italiano di sindacare le scelte di politica internazionale del nostro governo, né tanto meno di sindacare le modalità di conduzione della guerra aerea. Hanno avuto solo l'ardire di chiedere al giudice italiano di valutare se la strage compiuta in loro danno, con la collaborazione attiva dell'Italia - «umanitariamente» bombardante -, fosse stata realizzata secondo diritto o meno, poiché - in teoria - esiste un diritto che regola anche queste cose. La teoria avanzata dalle Sezioni Unite è veramente singolare. Infatti è la prima volta che in Italia una strage viene dichiarata un atto politico e gli viene fornita l'immunità giurisdizionale. Dal punto di vista delle fenomenologia giuridica, una strage non è un atto deliberativo ma una operazione materiale, come ha osservato in proposito il co-agente italiano a Strasburgo. Tuttavia se la si fosse considerata nella sua natura di operazione materiale, la strage non avrebbe potuto essere coperta con il velo protettivo dell'atto politico. Ecco perché le Sezioni Unite, a prezzo di una audace forzatura logica e della lingua italiana, definiscono la strage una «modalità di conduzione della guerra aerea». La dilatazione all'infinito del concetto di atto politico però non bastava a mettere al riparo l' «atto di Governo» da ogni critica giuridica. Esistono dei Trattati internazionali che assoggettano gli atti dei Governi a regole giuridiche e ne limitano la libertà, vietando - per esempio - il genocidio, la tortura o i crimini di guerra. A questo riguardo le Sezioni Unite osservano: «Le norme del Protocollo di Ginevra del 1977 e della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, hanno come oggetto la protezione dei civili in caso di attacchi, ma in quanto norme di diritto internazionale regolano i rapporti fra Stati», inoltre le leggi che hanno dato applicazione ai Trattati internazionali nel nostro ordinamento interno «non contengono norme espresse che consentono alle persone offese di chiedere allo Stato riparazione dei danni loro derivati dalla violazione delle norme internazionali».

Traducendo in soldoni, le Sezioni Unite hanno espresso un concetto molto semplice: i trattati internazionali sono pezzi di carta, specialmente quelli che proteggono i diritti umani. Oggi in Italia il potere esecutivo, grazie a questa miracolosa ordinanza delle Sezioni Unite, è diventato, nelle relazioni internazionali, un princeps legibus solutus, con la conseguenza che Berlusconi è diventato come Bush: può bombardare chi, come e quando vuole, senza il fastidio di dover rispondere delle sue azioni di fronte ai giudici. Questo perché, come ci insegnano i sommi giudici, di fronte all'esercizio della funzione politica di compiere un bombardamento ed una strage conseguente, non si possono contrapporre «situazioni soggettive protette». Con buona pace della costituzione italiana.

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