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Rapporto Onu: nel mondo 27 milioni di schiavi

LAI CAMILLA,MONDO

E' passato appena un anno da quando il mondo si accorse che l'Etireno, una nave piena di bambini del Benin navigava tranquillamente le acque del Golfo di Guinea, nell'Africa occidentale. Scandalizzato e inorridito, dimenticò però presto i bambini destinati ai campi di cacao in Gabon. Ma la pratica di ridurre persone in schiavitù,per debiti o con l'uso della forza, continua. Secondo l'ultimo rapporto di Anti-slavery international - la più vecchia organizzazione di diritti umani al mondo, fondata nel 1839 ¡diffuso per la 27ma sessione Onu sulle forme contemporanee di schiavitù, che si è chiusa ieri a Ginevra, al mondo ci sono oltre 27 milioni di esseri umani costretti a vivere come schiavi. Nelle miniere del Ghana, nelle piantagioni in Brasile, come fantini di cammelli nel Golfo. L'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) sostiene che il business delle collaboratrici domestiche sia la maggiore categoria lavorativa a impiegare persone al disotto dei 16 anni. Bambine di soli 6 anni lavorano in case nelle Filippine. La vulnerabilità delle giovani le rende facili oggetti sessuali. Ad Haiti, si chiamano «la pousa», in creolo lì per quello. Quando rimangono incinta, vengono cacciate e abbandonate a se stesse. Il 60% degli abitanti di Lima ammette di aver avuto la prima esperienza sessuale con la ragazza delle pulizie. Il rapporto di Anti-slavery insiste sulla necessità di identificare le cause che costringono genitori a vendere figli e adulti a rinunciare alla propria libertà. Fame epovertà al primo posto. Nella provincia del Sindh, in Pakistan, i quasi 2 milioni di haris (braccianti agricoli) si sono indebitati per pagare medicinali. Nel corso del 2001 una Ong del paese è riuscita a liberarne circa 15 mila. Ma paradossalmente, nello stesso anno, ne sono stati arrestati 40, colpevoli di essersi concessi in schiavitù, tecnicamente pratica illegale. Tra il 1999 e il 2001 in Brasile sono state liberate 2.000 persone, tutte impiegate nel settore agricolo dello stato di Parà, nel sud del paese. Ma il 9 aprile del 2001 è stato approvato il Termo de compromisso, che vieta alla polizia federale di investigare e punire casi di schiavitù nello stato. Quelli documentati rappresentano quindi solo la punta dell'iceberg, e non solo in Brasile. In Mauritania la schiavitù è illegale dal 1981. Ma la casta, letteralmente, è istituzionalizzata, passando per generazioni per l'impossibilità, tra l'altro, di lasciare in eredità proprietà e quindi affrancarsi. A 13 anni, Fatouma è scappata dalla piantagione dove «lavorava» con la madre. Arrivata dalla nonna ad Atar, la polizia l'ha riportata indietro. In Sudan, nonostante le continue smentite del presidente Omar Hassan al Bashir, gli schiavi vengono trasportati su un treno governativo, sulla rotta di Bahr al Ghazal. Oltre 70 mila donne africane (di cui, secondo Eugenia Sonetti, della Caritas, almeno 30 mila nigeriane tra i 15 e i 25 anni lavorano in Italia) vengono vendute come schiave sessuali, per un giro mondiale di 7 miliardi di dollari annui. Ngun Chai, birmano, rimpiange di aver chiesto solo 114 dollari per aver venduto la figlia dodicenne ai famosi bordelli di Bangkok. «Avrei potuto guadagnare almeno 10 mila baht (228 dollari). Mi hanno derubato», si lamenta.

Centinaia di bambini bengalesi, pakistani e birmani, tra i 4 e i 10 anni vengono regolarmente (di media 30 al mese solo nel Pakistan) mandati a trovare la morte o menomazioni fisiche permanenti in corse di cammelli ad al Ain, negli Emirati o a Dubai. In Bangladesh il prezzo non arriva a 3000 takas, appena 75 dollari. I bambini vengono picchiati se si rifiutano di cavalcare il bizzarro animale e non vengono nutriti affinché siano più leggeri, per fare vincere grassescommesse a ricchi petrolieri sauditi.

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