Che la Svizzera tedesca abbia una sua letteratura contemporanea, fatta di autori viventi, è una cosa che il pubblico internazionale sembra percepire a stento: gli scrittori svizzeri o sono morti, o sono ricondotti ad Heidi - anche se c'è da dubitare che alla platea dei teleutenti sia noto il nome di Johanna Spiri, grande mito del consenso autocelebrativo di una Svizzera dai prischi valori e per certi versi già in area Blut und Boden, sangue e suolo, anche tramite la deliziosa bambina-in-alpeggio -, o incasellati sotto la voce «tedesco», nel senso della nazionalità, non della lingua. Certo, l'esistenza o meno di una specificità svizzera (così come di una austriaca) all'interno della produzione letteraria di lingua tedesca è una vexata quaestio della quale non si viene a capo; ma agli affezionati cultori resta pur sempre un dubbio, una curiosità - o forse un semplice desiderio di catalogazione. Questo mancato riconoscimento nazionale non è certo un danno - commentava domenica Peter Stamm alla Fiera del Libro durante l'incontro «Autori Svizzeri in Italia» - se consente a un autore di non essere percepito nella sua identità nazionale, con tutti gli stereotipi che questo può comportare, ma unicamente come scrittore, come è capitato a Stamm - appunto - durante le trattative con l'editore Neri Pozza per il suo ultimo romanzo, Una vita incerta (trad. di Francesca Gimelli. Va notato che nella discussione è emerso come il romanzo sia approdato in Italia tramite la versione inglese, e questo la dice lunga sulla considerazione di certe letterature nel nostro paese). Romanzo ambientato nel «paesaggio incerto» - questo il titolo originale - di una Norvegia settentrionale esposta alle sterminate notti artiche, dove luce e buio si confondono e la neve copre ogni differenza, esibisce un paesaggio che si riflette nella protagonista, Kathrine, ugualmente priva di confini certi. La donna lavora alla dogana del suo villaggio vicino al confine russo; quando scopre che il secondo marito le racconta bugie - piccole, inutili, e quindi tanto più inquietanti e dolorose - scappa «sotto il circolo polare artico», che nei suoi 28 anni non aveva mai oltrepassato. A Parigi e nelle altre città che visita non riesce a trovare quella nettezza di contorni che si aspettava; nulla nei rapporti umani è diverso da quello che accade nel suo Nord; la desolazione sembra la cifra comune dell'interiorità umana. Lo stile è teso, fatto di scarne annotazioni che giocano intorno alla banalità della vita di Kathrine, impegnata nella ricerca di un senso che non riesce a trovare, o che forse non cerca affatto.
Una vita incerta è stato pubblicato in Italia proprio in occasione della Fiera, così come Signorina Stark (Marcos y Marcos, trad. di Emilio Picco), l'ultima opera di Thomas Hürlimann, pure presente all'incontro torinese. Una novella - nome misteriosamente poco amato in Italia -, ambientata nel convento di San Gallo, custode di inestimabili tesori librari, il cui bibliotecario, negli anni `60, ospita per un'estate la voce narrante, ossia il nipote adolescente. A questi affida il compito di rivestire le scarpe dei visitatori di pattine di feltro per proteggere il settecentesco parquet della biblioteca. Nell'esercizio delle sue funzioni il ragazzo scopre la fascinazione delle gambe femminili, che la signorina Stark si affretta ad ascrivere agli «atti impuri» del sesto comandamento e all'appartenenza del ragazzo alla schiatta dei Katz, ebrei convertiti da un paio di generazioni. Narrato con una levità e un'ironia impagabili, fra le dotte citazioni latine dello zio bibliotecario, i mugugni della Stark e le riflessioni kantiano-masturbatorie del ragazzo, il libro è stato al centro di polemiche in Svizzera, dove Hürlimann è stato definito Nestbeschmutzer, «insozzatore del proprio nido» per aver accennato all'antisemitismo strisciante della cultura degli anni `60, in special modo cattolica, con il suo bagaglio di stereotipi, fra i quali l'esuberanza sessuale degli ebrei, fonte di profonda preoccupazione per la perpetua Stark, devota alla Madonna (e ai cicchetti). Che la sfera del sessuale fosse (sia?) così r imossa nel cattolicesimo da non poter far altro che riemergere nell'altro, per esempio nell'ebreo?