Almeno 2.000 persone si sono riunite in un sit in nella notte tra martedì e mercoledì nella facoltà di economia e commercio dell'università di Alessandria. Mohamed Aly al Saied al Saqua, di 19 anni, studente della stessa facoltà, è morto martedì, a seguito delle ferite riportate da un proiettile di gomma sparato dalla polizia mentre protestava contro la violenza dello stato di Israele in Palestina. Quasi contemporaneamente un suo coetaneo veniva ucciso ad Aden, nello Yemen. Le cifre ufficiali dei feriti alla manifestazione di martedì ad Alessandria si fermano a 130 persone. Ma il personale ospedaliero della seconda città dell'Egitto ci conferma, garantito dall'anonimato, che sono state ricoverate con ferite più o meno gravi oltre 300 persone, tutti sotto i 26 anni. Degli egiziani si sente spesso che sono un popolo schivo alla vita politica e alla protesta. Nell'editoriale di al Ahram della scorsa settimana, si parla apertamente di un popolo «indifferente, apatico e nichilista». Invece da un mese ogni giorno in quasi ogni università del paese gli studenti protestano contro un governo che, dicono, non fa nulla di concreto per fermare il massacro che si sta compiendo il Palestina. Prima confinati all'interno degli atenei, dopo il fallimento del summit della Lega araba, gli studenti sono scesi in piazza con giornalisti, avvocati, sindacati e personalità del mondo dello spettacolo, socialisti, trotzkisti e islamisti, con al collo le stesse kefyeh.
Ad Alessandria, che è presidiata dalle forze di sicurezza in vista dell'inaugurazione della biblioteca, prevista per il 23 aprile, giornata Onu del libro, alcuni manifestanti sono ancora in stato di arresto e si aggiungono agli almeno 30 minori confinati da 15 giorni nella prigione Torah, di massima sicurezza.
Ma la notizia della morte di Mohamed non è passata inosservata. Al Cairo, ieri pomeriggio, almeno 30 mila secondo valutazioni della polizia, hanno manifestato ad al-Azhar, la più grande università della capitale. E stavolta non solo per la Palestina, ma anche e soprattutto contro la violenza delle forze dell'ordine, che continuano a vietare, in maniera se non altro anacronistica anche in Medio oriente, ogni libera manifestazione. Amr, dei socialisti rivoluzionari, ci spiega che alla manifestazione davanti al parlamento, martedì, si erano infiltrate le milizie di karate, in borghese, per picchiare gli studenti.
All'associazione degli avvocati, ieri pomeriggio, era in corso un'altra manifestazione per commemorare l'impegno del giovane Mohamed. Altri 5 mila manifestanti sono stati segnalati all'università del Cairo e 4 mila a Ain Shams. Manifestano anche all'università americana, e nel Delta del Nilo, a Zagazig, Tanta, Kafr el Sheikh, Menufeya, Beheira. Le scuole sono state chiuse per 3 giorni con il pretesto delle elezioni municipali. Ma ieri sera si è riunito il collettivo degli studenti, per mobilitare milioni di persone in un corteo che sfilerà stamane alle ore 12 dalla piazza di Giza fino all'ambasciata israeliana.
Temendo una nuova ondata di violenza, un gruppo di 45 persone, tutte appartenenti a famiglie di diplomatici dell'ambasciata israeliana, sono partite ieri per Tel Aviv, secondo una fonte dell'ambasciata, «per un periodo limitato di riposo e di distensione». E dopo che la settimana scorsa 30 manifestanti hanno forzato l'entrata del Centro di informazioni dell'Onu, per il personale del palazzo di vetro è scattata la fase 1 di sicurezza: basso profilo, evitare zone affollate e soprattutto passaporti in tasca in caso di evacuazione immediata.
Il Ministro degli interni, Abib el Adl, ha lanciato ieri un appello alla non violenza. «Capisco gli studenti che esprimono rabbia contro la barbara aggressione israeliana. Abbiamo concesso a tutti l'opportunità di dimostrare entro accettabili limiti di sicurezza - ha detto ieri dai teleschermi -, ma il 9 aprile soggetti di estrema sinistra non hanno rispettato i limiti della libertà di espressione loro consentito. Non tollereremo ulteriori tentativi di infrangere la legge».