MONDO

Milioni in piazza per la Palestina

LAI CAMILLAIL CAIRO

Per tutto il mese di marzo gli studenti del mondo arabo hanno ricominciato a farsi sentire: atenei occupati, manifestazioni di piazza, ove consentito, cortei. Per urlare che loro non ci stanno: con le ipocrisie degli Usa, che fanno la guerra al terrorismo e si fingono portatori di pace nel Medio Oriente; con l'ignavia dei governanti arabi, che condannano, parlano, ma non agiscono; e con la politica di genocidio e anacronistica colonizzazione di Israele. Volantini, filmati, dibattiti, conferenze. Integralisti islamici e studenti di sinistra, stranamente uniti indossando le stesse kefieh. Lunedì centinaia di migliaia di giovani siriani hanno invaso le strade di Damasco: piazza al Omayad era coperta da bandiere palestinesi, mentre si davano alle fiamme quelle israeliane. Paralizzati dalla vergogna, i centri di cultura americana, le università straniere e le rappresentanze diplomatiche (non solo l'ambasciata americana) sono rimasti chiusi e comunque pattugliati da centinaia di forze dell'ordine.

In attesa di una soluzione dal contraddittorio e nato male vertice della Lega Araba, Beirut è ormai una città assediata: sfilano gli studenti, i giornalisti, gli abitanti di Shatila. Per garantire maggiore sicurezza agli ospiti, alla vigilia del summit, il governo si è affrettato a sloggiare i cittadini che abitano in zone centrali della città, sistemandoli in alberghi appena fuori la zona rossa.

A Khartoum i manifestanti sudanesi si sono recati in corteo fino alla sede delle Nazioni unite, dove hanno consegnato un documento indirizzato al segretario generale Kofi Annan, affinché «la comunità internazionale condanni le uccisioni da parte di Israele». In Giordania, centinaia sono stati arrestati e le manifestazioni conseguentemente vietate. Prima di salire sull'aereo per Beirut Ali Abdallah Salah, presidente dello Yemen - paese decisivo per la «Libertà duratira» di Bush -, ha affermato che era giunto il momento di revocare le sanzioni Usa contro l'Iraq e di «espriemere un sostegno forte e chiaro all'Intifada». Gli hanno fatto eco un milione e mezzo di persone, che hanno sfilato per la vie di Sana'a scandendo slogan contro «la capitolazione araba». Ma è in Egitto che gli studenti hanno dato il meglio di sé, manifestando nei maggiori atenei. Il 14 marzo erano oltre 11 mila gli studenti delle università di Alessandria, Menufiyah e Helwan, che protestavano contro la visita del vice presidente Usa Dick Cheney nella regione. Altri 12 mila inneggiavano alla jihad (la guerra santa) contro Israele ad Ain Shams, all'est della capitale. A Zagazig, 100 chilometri ad est del Cairo, il 26 marzo, alla vigilia del vertice, c'erano almeno 5 mila studenti all'interno del campus.

In Egitto le manifestazioni di piazza sono vietate, ma questa volta anche la polizia ha chiuso un occhio. Una delle prime proteste studentesche si è svolta il 12 marzo scorso, organizzata dai Fratelli musulmani nell'ateneo di Al Azhar. I cancelli centrali sono stati aperti dal personale addeto alla sicurezza, che ha così consentito ai manifestanti di riunirsi sotto la statua davanti all'ingresso dell'ateneo e farsi notare anche dal traffico cittadino, mentre i media locali, come al solito, tacevano. Alla stessa manifestazione si sono uniti una trentina di membri del consiglio di facoltà e diversi docenti, che solitamente non partecipano a iniziative studentesche. «Ma stavolta - sostiene Hassan Hanafi, docente di filosofia - è importante fare vedere che siamo tutti uniti per la Palestina. Siamo qui per dimostrare che siamo contrari al sostegno Usa per Israele e al silenzio degli stati arabi su tutto ciò che sta accadendo». Anche i docenti di Minya, nell'Alto Egitto, sono sfilati. Apriva il corteo il rettore dell'università, Abdel Moneim Bassiuni, con un cartello: il volto del premier israeliano Ariel Sharon, una scimmia e una domanda: «Che differenza c'è?»

«Non taceremo finché non andremo in Palestina per la jihad», «La liberazione verrà raggiunta con le armi e non con i trattati», cantavano i dimostranti. E ancora, «La jihad è l'unica soluzione per annientare Israele», contro ogni piano saudita, rapporto Mitchell o proposte di tregua varie e mal riuscite.

Gli studenti socialisti si sono presto uniti agli integralisti islamici, non senza difficoltà e dopo un primo rifiuto dei Fratelli musulmani. I giovani della sinistra egiziana certo sostengono la Palestina, ma non ritengono che partire armati alla volta di Gaza e Cisgiordania sia davvero la soluzione. Soprattutto, hanno colto l'occasione delle proteste per ricordare anche i problemi interni al paese. «Nell'incendio del treno è morta un'intera classe sociale», urlavano, ricordando il disastro ferroviario del mese scorso ad al Ayyat, in cui sono morte, secondo stime ufficiali, quasi 400 persone. Ma quando si parla di Palestina, gli arabi sono uniti: nazionalistii, socialisti, comunisti efondamentalisti. Jihad o piano Tenet. Usa o Lega Araba. Ora, dicono, quel che conta sono solo i diritti dei palestinesi, da troppo violati.



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