VISIONI

I «Riconciliati» degli anni `70

CASTELLINA LUCIANAITALIA

Sul terrorismo italiano non ricordo film. Nessun regista se l'è ancora sentita di mettersi nella pelle di chi compì quella scelta e di raccontare la vicenda nel momento in cui si svolgeva. Tanti sono invece quelli sul dopo. Così La seconda volta di Calopresti, La mia generazione di Labate, Le mani forti di Bernini e anche Vite in sospeso di Turco. Solo Gianni Amelio ha affrontato in Colpire al cuore la contemporaneità, ma anche in questo caso è sempre degli «altri» che egli parla, non di quelli che sparano. E in tutte queste opere c'è un tratto comune: il tema del film è sempre l'incomunicabilità fra chi è stato terrorista e chi no, perché il terrorista non riesce a raccontarsi (non ne ha nemmeno voglia) perché il groviglio del ripensamento è troppo complesso per comunicarlo, e per l'altro per capirlo. Ne I riconciliati di Rosalia Polizzi, invece, il dialogo, seppure dopo un percorso scabroso, alla fine decolla, gli amici di un tempo - che hanno condiviso le idee, ed alcuni anche una prima fase della vicenda che ha portato il leader del gruppo alla scelta estrema, e poi a 18 anni di prigione - si spiegano. E proprio questa dolorosa riflessione collettiva sul passato - da parte di chi ha pagato e di chi invece ha goduto un destino affatto diverso - è il tema centrale del film. Che dunque non elude il problema duro di fare i conti fino in fondo con la stagione della lotta armata ma anche con le debolezze, i tradimenti, di chi non vi ha partecipato soltanto per paura. Si potrà dire che in qualche momento il film diventa didascalico. Ma è possibile affrontare un tema simile senza correre questo rischio? Bisogna dire piuttosto che la regista è riuscita a trattare con estremo pudore i sentimenti, le reazioni, le paure, i rimorsi, i sensi di colpa, le amarezze dei protagonisti di una vicenda simile a molte di quelle che hanno coinvolto dagli anni `80 un significativo numero di ex sessantottini. Ne emerge una storia molto vera e molto struggente, in cui Rosalia Polizzi porta, per via della sua doppia cittadinanza argentina e italiana, un pezzo di storia in più, quella, appunto, dei giovani latino americani durante le dittature. Accostando, intrecciando e perciò paragonando le due così diverse esperienze attraverso la figura struggente della protagonista riesce a costruire uno sfondo che aiuta a sottolineare la distanza fra le ragioni che indussero alla rivolta armata i ragazzi argentini e quelli italiani... E con ciò anche a dare un giudizio politico netto su quanto è accaduto, pur salvando le motivazioni etiche che hanno mosso ciascuno. Fa da coro una nuovissima generazione di ragazzini ignari che a tratti capiscono nonostante la loro estrema ignoranza e il loro egoismo, ma restano drammaticamente lontani dalle emozioni di un tempo. Con tanti film su storie futili che ci sono in giro, è una bella cosa trovare una pellicola come I riconciliati. Vi consiglio di andarlo a vedere. In fretta, perché sapete quanto rapido sia il passaggio nelle sale della maggior parte dei film italiani.

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