La Croazia e il suo governo sono precipitati in una profonda crisi, che potrebbe portare alle elezioni anticipate. Cinque ministri del partito social-liberale (da qualche settimana sotto il controllo della destra nazionalista impersonata dal nuovo-vecchio presidente Drazen Budisa) hanno rassegnato le dimissioni, cedendo alle minacce del vertice del loro partito. Questo aveva richiesto le dimissioni di tre ministri, fra cui il vicepremier Goran Granic: ma in segno di solidarietà anche gli altri due hanno voluto seguire la loro sorte. Il partito social-liberale è il secondo per importanza della coalizione pentapartito, dopo i socialdemocratici del premier Racan. Trombato alle presidenziali del gennaio 2000, Budisa era rimasto fuori anche dal governo, finendo per dimettersi perfino dalla presidenza del partito. Qualche mese addietro, invece, è ripartito all'attacco del governo e della coalizione e, su questa base, è riuscito a dare una sterzata a destra al suo partito, riconquistandone la presidenza. Da questa posizione ha chiesto di sostituire tre dei cinque ministri liberali con persone a lui devote e di assumere egli stesso una carica importante nel governo, quella di vicepremier, al posto di Goran Granic.
Questi, tra l'altro, nell'attuale governo di «centrosinistra» è incaricato anche dei rapporti con il Tribunale dell'Aja. Se Budisa dovesse sostituirlo, porterebbe avanti la sua politica, diametralmente opposta a quella attuale della coalizione. Budisa, ricordiamolo, si dimise dal vertice del suo partito nel giugno 2001 dopo la decisione del governo - ministri liberali compresi - di estradare all'Aja due generali croati accusati di crimini di guerra. Uno di essi, Gotovina, è tuttora uccel di bosco. Budisa è sostenitore della destra nazional-patriottarda nel suo partito e nel paese, flirta con i vertici neri delle associazioni degli «eroi della guerra patriottica» ed è favorevole, infine, alla collaborazione politica con la destra estrema e i nostalgici di Tudjman.
Questa è la ragione per cui il premier Racan, anche nella sua veste di leader del partito socialdemocratico, sta puntando i piedi; ha capito che, provocando la crisi di governo, Budisa intende imprimergli una svolta a destra. Il premier per ora mantiene nel governo i ministri dimissionari e lancia la palla al parlamento che dovrebbe votare la fiducia o la sfiducia. E' una sfida ai nazional-liberali, che saranno costretti a prendere posizione e assumersi la responsabilità di una gravissima crisi politica. Racan non ha nascosto la sua preoccupazione per il futuro dell'esecutivo, ma ha anche reso noto che sta «riflettendo sulla possibilità di un governo di minoranza» che potrebbe essere guidato da lui, senza i liberali o con alcuni liberali dissidenti. In questi giorni a Zagabria è un febbrile susseguirsi di incontri e consultazioni ai vertici dei partiti e del governo.
Questa è la crisi più profonda che abbia mai attraversato il governo democratico. La Croazia rischia di scivolare verso il collasso totale, se il premier accettasse l'ultimatum dei nazional-liberali. Avendo al suo fianco come vice un Budisa che si è sempre dimostrato fattore di destabilizzazione, e nel governo cinque ministri indicati da lui, il paese andrebbe verso l'instabilità cronica, in balia delle forze eversive. Per ora Racan sta resistendo e, appellandosi al parlamento, potrebbe addirittura provocare la spaccatura del partito che tanti guai gli sta procurando. Nel caso peggiore, Racan indicherà la via delle urne. Se si andasse alle elezioni anticipate in questo momento, dicono i sondaggi, i liberali di Budisa subirebbero una batosta tremenda, riducendosi a un partitino, mentre si rafforzerebbero i socialdemocratici da una parte e gli estremisti dell'Hdz dall'altra. Il paese certamente si sta avviando verso una polarizzazione che non promette niente di buono per la democrazia.