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Mayelé, è caduta una stella

SBARIGIA GIULIAITALIA/VERONA

La strada era viscida, la curva pazzesca e Jason Mayelé ha perso il controllo della sua vettura. Poi lo schianto alle otto e un quarto del mattino, i soccorsi, la corsa all'ospedale di Bussolengo, ma nell'ambulanza il giovane attaccante del Chievo non respirava già più. La sua auto si è scontrata muso contro muso con un Opel corsa, la donna al volante è morta sul colpo, suo marito guarirà in due settimane. Lungo quel tratto di asfalto di via Pastrengo in provincia di Verona, anticamera dei week-end sul Lago di Garda, i giocatori del Chievo a bordo del pulman sociale hanno visto i resti dell'incidente, poi hanno capito. Non si trattava del solito ritardo di Mayelé, il loro numero 30 non sarebbe andato al campo di Veronello e poi non li avrebbe seguiti al funerale del padre del capitano Eugenio Corini. Velocità e fondo sdrucciolevole sono le prime cause certe dell'incidente, la polizia stradale non si sbilancia ulteriormente. I medici aggiungono che ha provocare la morte del calciatore ventiseinne di Kinshasa è stato un trauma cranico, probabilmente causato da un urto contro il vetro o il montante sinistro dell'abitacolo, che si è piegato schiacciandogli la testa.

Luca Campedelli il presidente dei gialloblù è il primo a raggiungere l'ospedale, non smette di piangere e nessuno si aspetta diversemante mentre davanti ai cronisti singhiozza: «era un bravo ragazzo con una gioia di vivere enorme e anche un ottimo giocatore. Non ci sono parole». Così anche Gigi Del Neri, il direttore d'orchestra della favola Chievo, si abbandona alle lacrime, e non c'è più traccia del piglio sanguigno di quando a bordo campo incalza i suoi undici: «ho perso un figlio - riesce a dire - É una perdita importante sotto il profilo dei rapporti. Ci mancheranno la sua simpatia, la sua esuberanza, i suoi ritardi». Il Chievo così umano e infaticabile oggi si ferma, il presidente della Federcalcio Franco Carraro ha concordato alla squadra la domenica di lutto. La partita contro il Parma è stata rinviata, si giocherà mercoledì 13 alle 18, e non è il festival di San Remo a sconvolgere il calendario, ma un dolore impossibile da sublimare su un campo di calcio. Come è stato per la morte del difensore del Brescia Vittorio Mero il 23 gennaio scorso - sempre in un incidente e sempre con un match con gli emiliani alle porte - quando l'eleoquenza del gesto di Baggio che si sfilava i guanti non aveva lasciato dubbi. Non c'è calendario che tenga anche se poi il campionato non si ferma se non per un minuto, in silenzio, prima del fischio d'inizio da un capo all'altro d'Italia, in ogni serie e categoria.

Ma se si deve giocare per forza comunque non ci sarà stadio che oggi non saluterà il giocatore congolese. Perché il Chievo è il sogno di tutti, perché quella squadra di quartiere arrivata come un miracolo dalla serie B non poteva che commuovere, perché dagli spalti si patisce per gli eroi della domenica. Jason Nono Mayelé era un piccolo eroe, un eroe della panchina approdato a novembre tra le fila del Chievo dopo aver giocato la coppa d'Africa con la nazionale del Congo. In Italia c'era arrivato dal campionato francese: due anni in serie C nel Bruney tra il `91 e il `93, quattro stagioni nello Chateauroux fino alla promozione nella massima serie, quindi nel `99 il Cagliari e lì era stato fino all'anno della retrocessione dei rossoblù.

Poi Verona città di angeli e diavoli, con i tifosi dell'Hellas i più razzisti d'Italia, che la squadra non può permettersi giocatori africani perché sennò qualcuno della curva si risente, e il Chievo, l'apollineo. Mayelé festeggiava le reti e le azioni importanti della sua squadra ruzzolando per il campo con acrobatiche capriole all'indietro. Il pubblico semplicemente andava in visibilio.

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