VISIONI

Gotan Project, vai col tango

CORZANI VALERIORENNES

Ci sono generi con cui si usano i piedi di piombo. Generi per i quali la triturante vivisezione multietnica non ha messo in moto le sue contaminazioni originali e sincretiche. Era il caso del tango argentino, per il quale l'ultima rivoluzione innovativa portava il nome delle composizioni di Astor Piazzolla e delle sue rivisitazioni felpate. Adesso è arrivato il Gotan Project a rifare il look al tango in maniera più contemporanea e brutale. Il combo essenziale del Gotan Project opera e produce a Parigi ed è composto da un solo musicista argentino, Eduardo Makaroff. Accanto a lui Philippe Cohen Solal e Christoph H. Mueller, "macchinisti", dj, tastieristi di grande e riconosciuto appeal. I tre hanno vestito la tradizione musicale argentina di una patina elettronica molto decisa. Volevano agire con la stessa ribalda eversione con cui Amon Tobin e i Thievery Corporation hanno approcciato "tecnologicamente" la bossa. Nel farlo, hanno commesso qualche errore, qualche ingenuità, qualche passo avventato, ma alla fine sono riusciti comunque nell'intento.

La revancha del tango è un disco che suggerisce molte cose a molti, e innanzitutto svela la sua riuscita nei credit di appartenenza del trio che l'ha concepito. Un trio di "compositori", non due dj con un musicista. Il tango ne viene fuori non depauperato ma più forte, più attuale, più vivo e il fatto che nel pacchetto di brani del Gotan Project ce ne sia anche uno di Astor Piazzolla e uno di Gato Barbieri sembra molto più che una forzata citazione. Sembra piuttosto un passaggio di consegne, una metafora. Cosicché non pare azzardato pensare che il Gotan Project potrebbe diventare per il tango quello che St. Germain o le altre produzioni attuali della Blue Note e della Jazzland di Wesseltoft sono diventati per il jazz. Abbiamo incontrato i membri del Gotan Project nel corso delle Transmusicales di Rennes alla vigilia di un tour che li vedrà presto dal vivo anche in Italia: il 15 gennaio a Firenze (Tenax), il 16 a Milano (Rolling Stone), il 17 a Nonantola (Vox), il 18 a Roma (Horus), il 20 a Torino (Hiroshima).

Parliamo del nome.

(Eduardo) Gotan sta per tango in "verlano", il dialetto di Buenos Aires. Nel barrio tutti parlano in verlano, dai nonni ai nipotini. Agli esordi, il tango era essenzialmente una musica orchestrale, una musica da ballo. I cantanti sono arrivati solo più tardi. Io non immaginavo questa musica attualizzata attraverso l'elettronica, ma lavorando con Philippe e Christoph, mi sono reso conto che c'era più di una possibilità di commistione tra la dance e il tango...

Quali sono le vostre influenze?

(Eduardo) C'è sempre stato un legame tra Buenos Aires e Parigi: non bisogna dimenticare che Carlos Gardel è originario di Tolosa! Il nome tango arriva da un dialetto africano... è una musica di neri in Argentina che si è evoluta grazie ad un'influenza bianca all'inizio del XX secolo, è stata celebrata e consacrata a Parigi intorno agli anni Venti ed è poi tornata in auge in sudamerica verso gli anni Quaranta... Noi mescoliamo il tango al milongo e alla chakarera (due ritmi meno urbani del tango vero e proprio).

(Christoph) Quanto al Gotan è stato innanzitutto l'incontro con Eduardo che ci ha ispirati... mentre riguardo ad ascolti ed influenze generiche, ascoltiamo di tutto: dai Kraftwerk ai Telex, ai Depeche Mode, a George Clinton, alla world music, alla tecno... Uno dei progetti che mi ha più sedotto negli ultimi anni è stato quello dei Massive Attack, cupi e meno patinati di altre cose che ero abituato ad ascoltare in ambito elettronico.

La vostra musica si sta imponendo nei club di mezzo mondo.

(Eduardo) Che la nostra musica venga ascoltata nei club e negli spazi lounge è logico, perché ha in sé un'atmosfera cool e melanconica che si adatta perfettamente a questi prosceni. Ma vedere delle ragazze scendere sulla pista, poi dei ragazzi raggiungerle, e vedere che questa gente finisce anche per riscoprire il ballo a due è una cosa che non era programmata, ma che consideriamo geniale. Tutto ciò che può aggiungere un po' di calore e un po' di contatto umano è benvenuto...

Come è nata l'etichetta Ya Basta?

(Eduardo) L'abbiamo fondata nel 1996, per evitare di finire nella palude di convenzioni e privazioni cui ti costringono le major e anche alcune case discografiche indipendenti. Avevo letto il libro del subcomandante Marcos che si intitola appunto Ya basta e la sua maniera di approcciare le cose controcorrente mi è subito piaciuta. Ci sono molti progetti che curiamo attraverso questa struttura, perlopiù però vengono concepiti dalle stesse persone sotto pseudonimi differenti: Stereo Action Limited, Boyz From Brazil, Gotan Project... Cambia l'insegna del progetto nel momento in cui si passa da uno stile all'altro, o da una collaborazione all'altra. Ma la nostra struttura Ya Basta ci permette anche di mantenere il completo controllo dell'"immagine": copertine, videoclip, press boook. Anche le nostre copertine in vinile le facciamo realizzare dai nostri grafici.

Vi sentite più etno che elettro?

(Philippe) La house oggi la trovo abbastanza noiosa, piena di cliché. Fortunamente qualcosa di buono ogni tanto esce, ma nella massa di produzioni ci fa una figura un po' patetica... Detto questo, è già molto tempo che questa musica esiste, e sta diventando un po' vecchia, quando è iniziata non pensavo che facesse la stessa fine che ha fatto il rock con i "guitar heores" e invece è proprio quello che è accaduto perché i dj si sono lasciati fagocitare dallo star system e hanno pian piano trasformato la sperimentazione in ricetta... Quanto alla musica etnica, per me, ha più a che fare con il varieté francese che non con la musica africana: si riferisce ad un pubblico più ristretto e specifico della musica afro, che partecipa invece di un movimento più globale e interessa gente molto diversa. Penso che in tal senso le categorie di giudizio finora applicate non valgano più.

Come vengono scelti musicisti e vocalist?

(Eduardo) Io scrivo le parole direttamente in spagnolo ed è Cristina Vilallonga (d'origine spagnola, non argentina) che le interpreta. Quanto a Willy Crook, lui assicura la parte parlata come nel pezzo La revancha del Tango. Abbiamo utilizzato il bandoneon (Nini Flores), il piano (Gustav Beytelman), il violino (Line Kruse), le percussioni (Edi Tomassi)... c'è una grossa comunità argentino/cubana a Parigi, e all'interno vi si trovano alcuni dei migliori specialisti di tango al mondo...

Ci sono spazi di improvvisazione quando componete?

(Philippe) Abbiamo guidato i musicisti e gli abbiamo lasciato anche uno spazio improvvisativo. Tutto è stato registrato e costruito dal nulla: anche i campionamenti. Devo dire che Edoardo è molto rispettoso delle forme sonore, mentre io e Christoph abbiamo un attitudine decisamente più eversiva e dilaniante.

Un giudizio su Astor Piazzolla.

E' un genio, il Gershwin del tango, non c'è altro da aggiungere.

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