Prigionieri del clientelismo

ENRICO PUGLIESE

Prigionieri del clientelismo
"La raccomandazione" in un paesino del Sud nella analisi dell'antropologa americana Dorothy Louise Zinn per Donzelli
ENRICO PUGLIESE


Il libro di Dorothy Louise Zinn La raccomandazione. Clientelismo vecchio e nuovo - Donzelli, traduzione di Maria Caterina Dominijanni, pp. 222, L. 34.000 - racconta con dovizia di particolari come e qualmente nel paese di Bernalda in provincia di Matera per andare avanti c'è bisogno di raccomandazioni. Di questo i bernaldesi sono convinti ed è molto probabile che sia così: ci vogliono raccomandazioni a scuola, per fare andare avanti una pratica: figuriamoci per trovare un lavoro. Insomma i bernaldesi vanno avanti in questo modo e vanno avanti male. Aggiungerei che è così anche a Castellammare di Stabia o a Torre Annunziata. Infine Zinn illustra come il campo della raccomandazione si sia esteso superando i confini del Mezzogiorno per arrivare al Nord e nella stessa Germania.
Ma il libro a una lettura più attenta dice qualcosa in più. Vuole spiegarci perché è così. Zinn comincia col raccontarci in molte pagine ciò che è noto: cioè come e qualmente per avere un posto di lavoro (nell'immaginario attribuito ai bernaldesi trattasi di posto fisso, magari statale) sia necessaria una seria raccomandazione. E questo in un posto dove ci sono tanti disoccupati e pochi posti è facilmente comprensibile - ed è soprattutto tragico per i disoccupati. Poi ci informa in dettaglio di quello che sappiamo già, e cioè che a Bernalda, come in generale nel Sud, anche per l'accesso ai servizi pubblici, notoriamente carenti, la pratica della raccomandazione è dominante. E gli esempi non mancano. Ma non è questo lo scopo dell'autrice, anche se è quello che più appare a una lettura superficiale.
Se il libro merita attenzione non è, come è ovvio, per la "scoperta" della raccomandazione, ma per la sua tesi. L'autrice intende, con l'aiuto dei testi correnti sui temi di analisi antropologica del Mezzogiorno, spiegare il perché della centralità della raccomandazione. E qui sorgono i problemi. Per Zinn quella della raccomandazione è soprattutto una ideologia, e per di più un elemento fondante della identità meridionale. Insomma non una pratica di controllo sociale e consolidamento del potere all'interno di una situazione di oppressione e scarsità di risorse.
Partendo da una malintesa lettura gramsciana, all'autrice interessa l'ideologia. E questa poi si "riarticola"... e il lettore si perde: "Questo concetto di articolazione - scrive Zinn - ci aiuta a capire come un'ideologia può 'interpellare' gruppi diversi in un'unità egemonica, mentre la forma di articolazione che l'ideologia assume può essere molto diversa nonostante una somiglianza superficiale o storica. Il concetto di articolazione ideologica ha conseguenze dirette sulla analisi della raccomandazione in quanto ideologia: attraverso la ri-articolazione della pre-esistente ideologia della raccomandazione, l'élite politica post-bellica emergente del Sud potè consolidare la propria egemonia con notevole elasticità". Il grande sforzo dell'autrice consiste dunque nello svincolare la raccomandazione, come ideologia e come forma di relazione sociale, dal più largo contesto dei rapporti clientelari... Essa vive così di vita propria. E così nulla spiega nulla.
Uno può chiedersi dove sta il controllo delle risorse. Oppure dove stanno la tragedia del mancato sviluppo o della industrializzazione che ha lambito per un momento Bernalda e che è poi tramontata. Invece tutto si perde nella ideologia e nel modo di pensare del Sud.
Certamente la raccomandazione (e soprattutto quello che c'è sotto) sono un grandissimo problema per il Mezzogiorno. Ma perché è così? O meglio, perché è diventato sempre più così? Cosa è cambiato dal Sud di "Baroni e Contadini". Questi sono problemi che Zinn non ignora. Anzi ci va vicino e sembra imboccare la strada giusta in qualche punto. Per esempio quando racconta il "come era prima" e spiega il perché la raccomandazione governava meno i rapporti sociali. Anche perché - si può giustamente desumere - in quelle condizione alla oppressione quotidiana contadina non si sfuggiva neanche con la raccomandazione. Il destino era insomma più disperatamente chiaro. Ma il libro, invece di approfondire questi aspetti importanti, passa subito ad altro: alla contraddizione tra rapporti particolaristici e logica burocratico-formale, alla razionalità formale e alla razionalità sostanziale, e a come si colloca in tutto ciò la raccomandazione.
La raccomandazione è un lavoro accurato, che mostra piena conoscenza della letteratura in materia, un forte impegno nel lavoro di campo - anche se ho l'impressione che non scavi a sufficienza dietro le affermazioni dei suoi intervistati e non sfrutti pienamente il materiale a disposizione -, con riferimenti bibliografici sufficienti e non ridondanti. Ma il problema sono appunto i testi di riferimento. Si tratta di un filone di ricerca - accademicamente degno - che a volte piglia fischi per fiaschi. Come si fa a credere a uno che sostiene sull'American Anthropologist che nel Mezzogiorno ci vuole la raccomandazione anche per cambiare una banconota di grosso taglio? Cambiare una banconota di 500 (o solo 100) dollari a New York è praticamente impossibile...

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it