Maroni lavora sulla flessibilità Il ministro del Lavoro Roberto Maroni si sente "fra
l'incudine e il martello". E domani a palazzo Chigi i margini di
mediazione con il sindacato sull'articolo 18 e sulle pensioni
saranno strettissimi. Più che probabile una marcia indietro da
parte del governo. La Cgil si prepara quindi alla mobilitazione
per lo sciopero generale, mentre la Cisl ancoratentenna.
PAOLA BONATELLI -
VERONA
Ieri il ministro leghista era l'ospite d'onore in Fiera al
convegno sulla "flessibilità sostenibile" organizzato dalle Acli
nell'ambito dell'undicesima edizione di "Job scuola orientamento
e formazione". Da Silvio Berlusconi arriva un messaggio che suona
più come un auspicio in vista del confronto di domani a Roma.
"Nell'affrontare i problemi del mondo del lavoro, il mio governo
ricerca il consenso più ampio possibile dei sindacati e delle
parti sociali attraverso il metodo del dialogo e del confronto".
Ma alla Fiera di Verona, Maroni è sembrato in difficoltà. Al
tavolo dei relatori anche il segretario generale della Cisl
Savino Pezzotta, Luigi Bobba, presidente nazionale delle Acli, il
vicepresidente di Assindustria Nicola Tognana e monsignor
Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione episcopale per
i problemi sociali e del lavoro. Con il ruolo di coordinatore il
direttore del Tg5 Enrico Mentana, che ha subito chiesto:
"Lasciamo da parte l'articolo 18 e le pensioni, qui non siamo in
un dibattito televisivo".
Un invito che per primo ha eluso Luigi Bobba. Li ha definiti "due
tormentoni": importanti, ma non tanto da accentrare tutta
l'attenzione. La sua ha preferito dedicarla a spiegare che cos'è
la "flessibilità sostenibile" ossia "la risposta positiva e
calibrata ad una situazione inevitabile". Quindi centralità della
persona che lavora e proposte "critiche" rispetto al Libro
bianco. Con un occhio alle esigenze delle aziende e uno ai
diritti dei lavoratori, compresa l'emersione dall'economia
sommersa e la regolarizzazione degli immigrati che svolgono
lavoro di cura (700.000 in nero nel settore).
Savino Pezzotta, segretario nazionale della Cisl, ha chiarito
subito che "i tormentoni restano". Capitolo previdenziale: "Qual
è il futuro dei giovani? Il sistema pensionistico regge se c'è il
lavoro e il riconoscimento dei diritti dei lavoratori passa per
l'articolo 18". Pezzotta giudica così il mercato del lavoro:
"L'Italia è il Paese più flessibile del mondo, con tutte le
modalità più il lavoro nero. Parlare di flessibilità per averne
di più è un errore: la flessibilità non governata si traduce in
precarietà". E se "governare la flessibilità con questo sistema
contrattuale non è possibile", la ricetta di Pezzotta sono i
contratti più flessibili, ma senza indebolire la rappresentanza
sindacale. "Se vogliamo governare la flessibilità, ci vogliono
momenti di concertazione. Inibisce il Parlamento? Ma se, a forza
di deleghe - e strappa un applauso a cena aperta, l'unico della
mattinata - il Parlamento conta sempre di meno!".
Tocca a Maroni. Il ministro leghista ce la mette tutta,
illustrando il suo Libro bianco come "un contributo di analisi e
di soluzioni proposte dal governo" per rimediare "storture e
lentezze dell'apparato burocratico .. non grandi novità, ma
indicazioni e raccomandazioni dell'Unione europea". Al governo,
secondo Maroni, interessa "aumentare l'occupazione con tutti i
mezzi possibili, comprese le diverse tipologie contrattuali".
Quindi va bene tutto, dai contratti flessibili al lavoro "a
progetto" fino a quello a chiamata. Serve un sistema contrattuale
"su base territoriale", diverso per Nord e Sud. Maroni si sente
stretto fra l'incudine degli industriali e il martello del
sindacato. Di qui l'invito a "fare una riflessione", occupandosi
del "metodo dell'avviso comune".
Non ce la fa Maroni a concludere senza nominare l'articolo 18, di
cui "potrebbero occuparsi le Regioni in virtù dell'entrata in
vigore della Riforma costituzionale".