Italia-Croazia ai ferri corti

GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Italia-Croazia ai ferri corti
DIPLOMAZIA Scontro aperto dopo l'annuncio di Ciampi di decorare l'ultima amministrazione italiana di Zara
GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Il prossimo 13 novembre, al Quirinale, dovrebbe essere consegnata al sindaco del "Libero Comune di Zara in esilio", Ottavio Missoni, la Medaglia d'oro al valor militare che il capo dello stato italiano Carlo Azeglio Ciampi ha conferito il 23 ottobre all'ultima amministrazione italiana della città di Zara, "quale città italiana maggiorrmente devastata dai bombardamenti alleati del 1943". Questa medaglia minaccia di congelare i rapporti dimplomatici italo-croati.
Si sperava che i rapporti sarebbero migliorati dopo la recentissima prima visita ufficiale di Ciampi a Zagabria (9 e 10 ottobre), il suo festoso e trionfale viaggio a Fiume e in Istria attraverso Rovigno e Pola a braccetto con il presidente croato Mesic e fra gli osanna della minoranza italiana in queste terre. Era stata annunciata la firma di un Trattato di amicizia e di collaborazione fra i due paesi per il 29 ottobre, un trattato che era in gestazione di circa dieci anni, e invece... Invece quella medaglia ha portato lo scompiglio nei rapporti bilaterali, che sono precipitati nell'ultima settima di ottobre al più basso livello mai raggiunto da quando la Croazia è uno Stato indipendente. Da sette gironi il governo del socialdemocratico Racan strilla fino al cielo, facendo cadere un sipario pesante fra Zagabria e Roma, minacciando il ritiro dell'ambasciatore. Un brutto casino nel momento in cui la Croazia ha firmato a Lussenburgo l'accordo di associazione e stabilizzazione con l'Ue, che impegna i contraenti (anche l'Italia) a collaborare con i vicini, evitando di accendere nuovi focolai di crisi. La crisi, invece, è in atto. E non potrà rientrare senza che il Quirinale faccia un passo indietro. Per ora si limita a tacere. Un silenzio che non dice nulla di buono. Come nulla di buono fa sperare la polemica furiosa accesasi in Croazia dove i giornali dedicano ogni giorno da una a tre pagine intere al "caso italiano", avvelenando l'atmosfera con gran giubilo dei nazionalisti.
Insomma a Zagabria sono saliti ai massimi gradi della scala Mercalli i movimenti sismici del superpatriottismo a tinte anti-italiane. Con un gesto inconsulto di Roma sono stati rovinati i risultati di un paziente pluriennale lavoro compiuto dalle forze democratiche dell'una e dell'altra sponda per seppellire una volta per sempre un brutto passato, quello dell'aggressione alla Jugoslavia nell'aprile 1941 con l'annessione di larghe fette della Dalmazia e l'occupazione delle rimanenti, e il corollario dei crimini di guerra. Ora in Croazia si chiedono se l'Italia sia cambiata a tale punto negli ultimi pochi mesi da far riaprire le sanguinolenti ferite di oltre mezzo secolo addietro. Dove si andrà a finire? Il selenzio di Roma alimenta i sospetti peggiori. Sospetti potenziati da una lettera, pubblicizzata da una parte della stampa italiana, che il "Gruppo Memorandum 88 di Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati" ha spedito a Ciampi. In essa il presidente italiano viene esaltato per il gesto che ha portato alla quasi rottura dei rapporti fra Italia e Croazia, si protesta contro la "proterva, inconsulta, scomposta e inaccettabile reazione della Croazia" definita addirittura come tentativo di "uno Stato straniero di interferenza con le nostre scelte interne", si accusano gli "invadenti vicini" sloveni e croati di "incapacità di assimilare le regole del diritto", per sollecitare al tempo stesso la revisone degli accordi italo-jugoslavi del 1983. La lettera si conclude con una serie di offese ai popoli sloveno e croato che "mantengono ai loro vertici i più fedeli allievi e successori di Tito", definendo Kucan e Racan "gli eredi del boia".
Sul fuoco soffiano anche certi circoli politici sloveni, servendosi - tra l'altro - della radio statale. La quale ha preso al balzo la palla dell "passo falso" di Roma per sostenere la necessità che Lubiana e Zagabria risolvino al più presto le loro questioni aperte sui confini facendo blocco comune contro i pericoli che incombono sull'una e sull'altra dal vicino occidentale. Si fa capire che con un governo di destra italiano, nel quale una colonna portante è rappresentata dai post-fascisti che a Trieste ed a Roma hanno sempre strumentalizzato gli esuli dalmati, istriani e fiumani per mantenere alta la tensione nei rapporti con i vicini slavi e rivendicare una revisione del trattato di pace che impose gli "ingiusti confini", sarebbe illusorio attendersi rapporti idilliaci con l'Italia. In realtà sia Lubiana che Zagabria hanno i nervi scoperti; la nuova fiammata nazionalista alimentata da un vento dello stesso carattere che soffia dalla sponda occidentale, si spiega col rafforzamento della destra estremista, sciovinista e patriottarda dei due paesi.
Per concludere: la medaglia d'oro italiana concessa a una Zara non più italiana da cinquantasei anni e il riconoscimento al massimo livello di un "libero comune di Zara in esilio" non vale il discretito che ricade sull'Italia messa in difficoltà con i suoi partner comunitari dal "gran rifiuto" croato. Senza contare i rimproveri americani contenuti in un articolo dell'altro ieri sul "Washington Post". Né il "gran rifiuto" dei permalosi croati vale il tesoro che Zagabria perde rinunciando all'amicizia con un'Italia che è il migliore sponsor per il suo ingresso nell'Ue.

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