Il teatro
contagio
globale
Il ciuffo è quello di sempre, sparato verso il cielo a sfidare le
leggi di gravità. E' Peter Sellars, che è tornato a Roma per
presentare Incontri con musiche straordinarie, due concerti
tra Oriente e Occidente al Romaeuropa festival, il 25 e in
replica il 27 ottobre. Una variazione di programma per la
defezione, dovuta al diffuso panico da aeroplano, di Lorraine
Hunt Lieberson, il mezzosoprano americano che doveva interpretare
il previsto Bach Cantatas, ma che invece ha deciso di non
lasciare gli Stati uniti. I tuoi spettacoli sono religiosi, la musica sacra di Bach o il
tuo "San Franceso d'Assisi" di Olivier Messaien per esempio, come
si inseriscono nell'attuale conflitto scambiato per guerra di
religione? La spiritualità manca dalla scena mediatica ed è una dimensione
che forse il teatro può offrire. E l'elemento fondamentale nel
proporre questioni religiose con il teatro è che non si tratta
della chiesa, non è per i credenti, è aperto a tutti, perché non
ci sono i limiti della dottrina. E' una materia che tutti noi
condividiamo fuori dalla chiesa, dal tempio o dalla moschea. Il
teatro è un luogo di dialogo. Dopo la direzione del festival di Los Angeles passerai al
festival di Adelaide in Australia, cosa ti ha ispirato allora e
cosa porterai con te di quella esperienza? Il festival è un luogo dove la vita incontra l'arte e l'arte
incontra la vita, al di fuori del teatro. Un sorpendente punto di
incrocio che coinvolge tutti, anche chi al teatro non ci va.
L'intera città diventa il luogo dell'espressione teatrale, scena
di sperimentazione. Un momento per la condivisione del dolore, ma
anche di musica, danza, piacere. Il festival di Adelaide sarà
incentrato su tre temi, verità e riconciliazione, cioè il dialogo
tra aborigeni e australiani bianchi, il secondo punto batterà
invece sulla sostenibilità ecologica, che in Australia è molto
fragile. Il terzo elemento si baserà sul riconoscimento delle
diversità culturali e le possibilità di convivenza. Il dialogo
non deve esserci solo sul palcoscenico, si deve verificare tra la
gente perché l'arte anche se ne senti solo parlare è potente, se
fosse per business ci dovresti partecipare per forza, invece per
l'arte la leggenda è ancora più efficace. Il teatro vero è quando
le persone diventano gli attori, i protagonisti. Per il festival
di Adelaide ho riunito un gruppo di 30 artisti australiani:
registi, ballerini, architetti, esperti di cucina e cultura
giovanile, per discutere e elaborare una risposta artistica ai
problemi e alle esigenze che il paese deve affrontare. Non
bisogna pensare a una risposta sul periodo breve, che è l'incubo
del trionfo del capitalismo, perché il compito dell'artista è
quello di offrire una visione sul futuro. Uno dei tuoi modi di espressione è il mezzo televisivo che
addirittura spesso crea il tuo teatro... In quasi ogni stanza in cui trascorriamo la nostra vita c'è una
televisione, che diventa così un personaggio. Quindi molte volte
nei miei spettacoli metto una televisione sul palcoscenico perché
è un qualcuno con cui conviviamo e non sta mai zitto. Come puoi
avere dei tuoi pensieri quando vivi accanto a questa cosa che non
fa altro che parlare? E' uno dei più grossi punti di tensione
della vita quotidina, ogni parte del nostro dialogo interiore è
influenzata da questa cosa lì nell'angolo. Ogni pensiero, ogni
opinione è stata creata da quella scatola, se ti chiedi quali
sono le opinioni basate su ciò che hai visto con i tuoi occhi e
quali invece quelle create dalla tv ti rendi conto che è
pazzesco. Nel mio Mercante di Venezia (ambientato a
Venice in California, all'indomani della battaglia di Los Angeles
n.d.r.) Shaylock recita sul palco dal vivo la sua
sofferenza, è ferito, e puoi vedere lo stesso attore, la stessa
immagine sullo schermo in tempo reale e allora diventa un uomo
pericoloso e arrabbiato che incendierà la sua città. Nel guardare
la stessa cosa si provano due emozioni completamente diverse. La
televisione è in grado di cambiare la temperatura emotiva perché
è così fredda, le nostre vite invece sono così calde, incendiate.
E' come guardare un incendio attraverso il ghiaccio. L'occidente sta attraversando una crisi evidente delle immagini e
dell'immaginario. Da una parte il Pentagono censura le riprese
dei satelliti sull'Afghanistan, la Cnn si arrende a al-Jazeera,
la Casa Bianca chiede l'intervento di Hollywood, dall'altra le
immagini amatoriali come il filmato sull'assassinio di Rodney
King (mandato sui monitor nel "Mercante di Venezia"). Come si
pone l'artista di fronte a questo cortocircuito? Anche Napoleone aveva problemi con la sua immagine ufficiale. Ma
una parte del lavoro degli artisti è andare a vedere cosa c'è
oltre e dietro l'immagine ufficiale. Se sei Raffaello guardi
nell'occhio del papa per vedere cosa c'è dentro. Quello che noi
artisti dobbiamo raccontare è la storia segreta, interiore, sia
quella della Cia, del governo, ma anche la storia segreta che
accade nel cuore del fatto. La realtà della vita è sempre dentro,
dietro, sotto. Il nostro compito è quello di andare a scavare. Io
sono così contento di vivere nell'era di Internet, nell'epoca
della videocamera digitale.
"Il palcoscenico riunisce persone
che non parlano la stessa lingua, che vedono il mondo in maniera
diversa". Incontro con il genio della scena californiana, a Roma
per presentare "Due concerti tra Oriente e Occidente"
GIULIA SBARIGIA -
ROMA
Ha una risata contagiosa Peter Sellars, così come è contagioso il
suo teatro, complessa miscela di miti antichi e contemporanei, di
forme e culture diverse, come sarà lo spettacolo al teatro
Argentina con canti sufi dell'Asia centrale, Bach e la tradizione
musicale europea. Ma che si tratti di musica e danza, video o
cinema, teatro o televisione, la sua arte ha come fulcro l'essere
umano, la sua presenza, il dialogo che amana dallo scambio (e
Peter Sellars che ha viaggiato e si è formato tra l'India la Cina
e il Giappone ne sa cogliere e restituire l'anima pulsante), in
scena e in platea e soprattutto oltre il teatro stesso. E' questo
profondo senso dell'umano, la tensione verso la vita a creare il
vortice delle creazioni del regista nato a Pittsburgh e residente
in California dove ha diretto fino al 1993, con spirito
implacabile, il festival di Los Angeles prima che
l'amministazione decurtasse drasticamente i fondi.
"Tutto quello che ci è rimasto non è altro che la presenza,
nell'era della Cnn ogni volta che c'è la possibilità di avere
presenza umana è fondamentale. Dopo tutte le dichiarazioni, dopo
la tecnologia e la Cnn è la presenza vera e reale dell'essere
umano che resta. E il teatro in questo momento diventa più
importante di quanto non fosse prima. Riunisce persone che si
odiano, che non parlano la stessa lingua, che vedono il mondo in
maniera diversa. Nel teatro si comincia dal viaggio di
qualcun'altro e poi viene fuori che quello è anche il nostro
viaggio. Stiamo facendo questo viaggio tutti quanti insieme,
anche con i talebani. I momenti più profondi della nostra vita si
verificano quando due realtà profandamente diverse finalmente si
toccano". E' con queste parole che Sellars introduce il concerto
romano, per spiegare il gesto di riconciliazione nella musica
attraverso i canti del sufismo interpretati dalla voce uzbeka di
Monajat Yulchieva e le composizioni sacre di Bach, affidate
all'esecuzione dell'ensamble Concerto Italiano diretto da Rinaldo
Alessandrini, nella seconda parte della serata. Sono state
riprese proprie le due Cantate di Bach che facevano da filo
conduttore allo spettacolo di Peter Sellars, la numero 82 Ich
habe genug, e la numero 199 Mein Herze schwimmit im
Blut, cioè quella musica della lotta dell'anima per lasciare
il corpo, un mondo di estasi e immaginazione.
"Incredibili arabeschi quelli del compositore tedesco - ci dice
Sellars - e perché si chiamano così? perché provengono dalla
cultura araba. Bach compose la Sarabanda, che è una musica
suonata nel nord Africa per accedere alla trance, ma lui si
trovava a Lipsia nel XVIII secolo. Questa è la realtà dalla vita.
Tutto ciò con cui conviviamo proviene da qualche altra parte.
L'arte supera qualsiasi confine, e il potere della musica è
oltrepassare qualsiasi terreno culturale, qualsiasi frontiera
nazionale".
Le ultime sei settimane sono state sorprendenti per le storie
tramandate su Internet, le altre storie, gli altri strati
dell'informazione che non sono sulla Cnn, ma online. Si tratta di
un momento molto forte, il XX secolo ha creato numerose forme
d'arte che potrebbe essere utilizzate in maniera comunitaria.
Internet permette il dialogo, la comunicazione bidirezionali. Il
prossimo secolo dovrà affrontare proprio questo punto.