L'ipocrisia dal volto umano

NICOLETTA DENTICO *

IN GUERRA
L'ipocrisia dal volto umano
NICOLETTA DENTICO *


Le simbologie sono importanti, come ci insegnano gli autori degli attacchi terroristici a New York e Washington. Non può così sfuggire all'occhio educato l'impatto simbolico dell'attacco missilistico all'edificio dell'Afghan Technical Consultancy, l'agenzia delle Nazioni unite che coordina in quattro provincie dell'Afghanistan le operazioni di bonifica del territorio, in uno dei paesi più contaminati dalle mine al mondo.
Libertà Duratura, avvolta dalla censura mediatica e dai sofisticati gerghi della nuova dottrina militare, debutta svelando fin dai primi raid la sua natura autentica: quella di una guerra che, in nome di una inviolabilità violata, si abbatte contro un popolo vulnerabile da sempre, senza difese. Si abbatte contro le Nazioni unite a contraddire il ruolo che il nuovo consenso militar-diplomatico-umanitario attribuisce al Palazzo di Vetro; l'imprevedibile recupero dell'Onu subito dopo l'attacco dell'11 settembre, volto a legittimare la nuova alleanza contro il terrorismo, si sgretola senza preamboli con l'affondo al cuore della sua attività umanitaria, mentre la strategia di Bush e Blair invoca la paradossale pretesa di combinare bombe e pane. Si abbatte contro quattro sminatori, che in questi anni, accanto ad altri coraggiosi brandelli della società civile afgana, hanno lavorato con enorme impegno e rischio personale per rendere l'Afghanistan un paese abitabile, una terra in cui ripristinare una vita ordinaria. Malgrado tutto.
Si stima che 10 milioni di mine terrestri siano ancora disseminate nel paese. Per lo più mine lanciate dai bombardieri sovietici che rispondevano alla logica delle garbage operations, la contaminazione totale del territorio per impedire qualunque movimento, ma non mancano le mine italiane della Valsella e dalla Tecnovar, che passando per l'Egitto arrivavano ai gruppi mujaheddin. Il 41% delle zone ad alta priorità per lo sminamento è costituito da campi e pascoli, ed è qui che piovono i lanci di cibo e medicinali che accompagnano i missili, nel segno di un umanitarismo militare che non può esistere, e che condanniamo senza appello, in quanto contravviene a tutti i principi fondamentali del Diritto Umanitario Internazionale.
Non è dato sapere come finirà questa orribile crisi. Dal punto di vista di un'organizzazione come Medici Senza Frontiere, che negli ultimi venti anni si è faticosamente conquistata la credibilità nel terreno minato dei signori della guerra afgani, in condizioni di estrema difficoltà, alcune domande restano senza risposta. Se i paesi impegnati nella lotta al terrorismo, oggi, sono tanto preoccupati per la popolazione, perché non hanno mosso un dito per rifornirla di cibo e medicinali nelle settimane precedenti, o anche nei mesi precedenti, quando risultava chiaro che l'emergenza dovuta alla siccità, alla malnutrizione ed alla guerra sarebbe stata devastante, a prescindere dall'attacco alle Twin Towers? Inoltre, quali sono i motivi della "campagna bombe e pane" voluta da Tony Blair? si vuole favorire la resistenza contro i Talebani, oppure prevenire un esodo in massa nei paesi limitrofi?
Questa politica dei muscoli dal volto umano è ambigua, strumentale e pericolosa. Ambigua, perché si afferma senza spazio umanitario, ovvero senza valutazione delle necessità sul campo, senza prossimità alle popolazioni beneficiate, senza verifiche. Strumentale, perché non persegue i bisogni delle vittime ma gli interessi geopolitici degli stati. Il lancio di qualche cassa di razioni e di viveri mira più a rassicurare l'opinione pubblica che ad aiutare gli afgani, ma la propaganda umanitaria avrà un effetto nefasto sull'impegno futuro nel paese, e sulla connotazione imparziale de indipendente delle agenzie di intervento umanitario.
Pericolosa, nel caso specifico, in quanto non tiene conto del contesto afghano. Per anni, l'educazione impartita alla popolazione in materia di mine ha insegnato di non avventurarsi in aree insicure e non toccare oggetti sconosciuti. Oggi, la sollecitazione a procurarsi cibo e medicinali disseminati a caso come le mine espone la gente, e soprattutto le donne, a rischi dissennati.
L'Afghanistan non è il Kosovo, ma la strumentalizzazione umanitaria è la stessa. Ancora una volta, l'affermazione della propria alternativa di indipendenza, imparzialità e neutralità, dovrà passare attraverso un'attenta politica di raccolta fondi. La cooptazione delle Ong si intravede già all'orizzonte. Come per il Kosovo, Medici Senza Frontiere non accetterà fondi dai paesi coinvolti militarmente in questa macchina da guerra, che ha fatto degli aiuti di emergenza una componente strutturale. E spudorata.

* direttore esecutivo Medici Senza Frontiere, già coordinatrice della Campagna Italiana per il bando delle mine

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