Nigeria, è guerra civile nel Nord

CAMILLA LAI

Nigeria, è guerra civile nel Nord
KANO Islamisti anti-Usa contro integralisti cristiani armati. Il presidente Obasanjo sminuisce
CAMILLA LAI


Nel quarto giorno consecutivo di scontri nel nord della Nigeria, le tensioni sembrano aver abbandonato il centro di Kano, la seconda città più grande del paese, a maggioranza musulmana. Ma solo per spostarsi poco più in là, a Tudun Wada, un distretto operaio nella parte occidentale della città. Domenica notte la polizia ha pattugliato le strade con carri armati. Il coprifuoco è in vigore dalle sette di sera alle 6 del mattino. La polizia ha l'ordine di sparare a vista contro chiunque rappresenti un pericolo all'ordine pubblico, e nei giorni scorsi ha causato otto vittime. Testimoni riferiscono di essere stati attaccati anche da "uomini in uniforme". Masse di persone stanno abbandonando la zona: o si trasferiscono a sud, a maggioranza cristiano, o a Sabon Gari, un'area riservata ai non musulmani. Nonostante il mercato abbia riaperto ieri in un'apparente ritorno alla normalità, stanno cominciando a scarseggiare le scorte alimentari e diverse aree della città sono senza acqua ed elettricità.
Nei giorni scorsi sono state incendiate almeno tre chiese e 16 moschee - una anche a Sabon Gari. Il numero ufficiale delle vittime è salito a 18, ma i rappresentanti delle comunità parlano di almeno 200 morti. Le fonti del governo hanno sempre avuto la tendenza a tenere basso il numero dei morti, per non provocare reazioni a catena. Anche stavolta parlano di bande locali, armati di machete, non necessariamente legate a etnie specifiche o comunità religiose. Ma testimoni oculari riferiscono di gruppi di giovani integralisti - islamici e cristiani - che attaccavano chiunque fosse riconosciuto come infedele.
Fonti diplomatiche italiane ad Abuja hanno parlato di vera e propria "guerra civile". Ma per il presidente nigeriano Olusegun Obasanjo "non c'è da preoccuparsi". Da Parigi, dove si trova per una conferenza dell'Unesco, ha dichiarato che non ritiene necessarie ulteriori misure di sicurezza - già implementate nello scorso fine settimana con l'invio di truppe federali. Ha così motivato la tranquillità con cui il governo affronta la crisi: "Sapevamo che ci sarebbero stati dei gruppi che avrebbero voluto esprimere il loro dissenso". Gruppi che, evidentemente, hanno colto al volo l'occasione, comprese manifestazioni pacifiste, per un regolamento dei conti.
La violenza è scoppiata venerdì, dopo la preghiera nelle moschee. Ormai non ci sono più dubbi: le manifestazioni di protesta contro i bombardamenti americani in Afghanistan, per stanare Osama bin Laden, erano solo un pretesto per dare sfogo a ben altri problemi.
La questione che più infiamma la popolazione, da due anni, è l'applicazione della sharia, la legge islamica. Nello stato di Kano la modifica legislativa, approvata nel giugno 2000, è entrata in vigore il successivo novembre. Ma la comunità cristiana di Kano, pur in minoranza, non è così piccola. E sebbene la legge possa variare a seconda di come esattamente venga applicata, la sharia tende a invadere sfere che esulano dalla sola legge penale, comprese quella culturale e sociale. Da mesi, quindi, a Kano è proibito bere alcool, prostituirsi, giocare d'azzardo; le scuole sono separate per sessi e esistono - obbligatori - tassì per sole donne.
Le violente proteste - o gli sforzi per costringere tutti a uniformarsi alla normativa - si sono sparse a macchia d'olio nei 12 stati del nord che hanno approvato la sharia: da Kaduna (oltre 2000 vittime a febbraio del 2000) a Jos (500 vittime e 16 moschee bruciate in un fine settimana), da Jos a Kano. "Questa è solo la punta di un iceberg: se non succede di nuovo a Kano, sarà in qualche altra zona della Nigeria". Il genocidio - i gruppi religiosi corrispondono a etnie diverse (Hausa e Fulanis musulmani e Berom e Ibo cristiani) - sembra cominciato. Non è improbabile che le voci degli integralisti nigeriani risveglino altri fratelli africani: Sudan - diviso ormai da vent'anni su basi etnico-religiose -, Sud Africa, con numerosi fondamentalisti soprattutto nelle città e Somalia, dove ieri il bilancio degli ultimi tre giorni di scontri - nell'avvicinarsi dell'anniversario di un |governo ancora provvisorio - è di almeno 20 di vittime.

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