Attacco da dove? Dal Tagikistan, grazie a Mosca

PIERGIORGO PESCALI

Attacco da dove? Dal Tagikistan, grazie a Mosca
Putin in Asia ex sovietica. Allertate truppe russe in territorio tagiko, basi pronte per gli Usa. Attentato in Cecenia
PIERGIORGO PESCALI

Gli Stati Uniti hanno deciso: Osama bin Laden è il colpevole degli attacchi suicidi di New York e Washington. Lui e chi lo ospita, i Taleban, dovranno pagare cara questa azione. Così la macchina militare incomincia a mettersi in moto. Faticosamente. Nella regione centro asiatica convergono gli interessi geopolitici delle quattro tra le più grandi e popolate potenze mondiali, tutte dotate di bomba atomica (Cina, Russia, Pakistan e India). Dalla parte opposta, un gigante del petrolio, l'Iran, sta aspettando l'occasione per tornare a rioccupare il posto di protagonista.
La frantumazione dell'Unione Sovietica, avvenuta proprio nell'estate-autunno 1991, ha ulteriormente complicato la situazione, aggiungendo ulteriori tasselli al mosaico di stati e staterelli strategicamente nevralgici per l'equilibrio regionale. Nazioni di lieve spessore in fatto di popolazione e di bilancio economico, come il Tagikistan, oggi assumono un ruolo determinante, specie dopo le ultime dichiarazioni di Colin Powell e, non dimentichiamolo, della morte del leader dell'opposizione interna ai Taleban, Ahmed Shah Massud.
Ieri il presidente russo Vladimir Putin ha fatto un viaggio lampo in tutte i paesi dell'Asia ex sovietica. Al governo russo preme che il fondamentalismo islamico venga sradicato dalla regione, ma al tempo stesso non vuole esasperare conflitti già presenti nel loro territorio (Cecenia e Daghestan) e nuovi ed eventuali. Il Cremlino ha quindi offerto subito un appoggio logistico ma senza voler impegnarsi attivamente negli eventuali raid. Il "protettorato russo" del Tagikistan, in questo caso, sarebbe la base ideale da cui far partire i bombardieri Usa. Nel territorio è già presente la 201ma Divisione russa - allertata domenica diversamente dalle dichiarazioni della prima ora che parlavano solo di coinvolgimento della logistica russa - i suoi aeroporti e eliporti dal 1996 sono utilizzati dagli elicotteri dell'Alleanza Settentrionale. E proprio la morte di Massud, che ha indebolito il fronte dell'opposizione armata ai Taleban, avrebbe indotto Mosca ad offrire il suo appoggio agli Stati uniti per evitare che Kabul occupi anche l'ultima fetta di territorio politicamente e militarmente legata a lei.
Mentre non smette di bruciare la questione cecena. Ieri in Cecenia è stato ucciso il generale russo Anatolyi Pozdniakov in un attentato dei ribelli integralisti musulmani che hanno abbattuto l'elicottero Mi-8 a bordo del quale viaggiava con altri otto militari, rimasti feriti. L'agenzia di stampa "Interfax" ha precisato che Pozdniakov era vice comandante del Dipartimento Operativo presso la stato maggiore interforze di Mosca; nella Repubblica caucasica era a capo della commissione speciale di coordinamento tra le Forze Armate federali e il locale governo civile filo-russo. Il velivolo, centrato dai guerriglieri, si è schiantato in fiamme sulla pista della base aerea di Khalkala, presso Grozny. L'episodio si inquadra nella massiccia offensiva sferrata dai ribelli separatisti, proprio in questi giorni, in diversi punti strategici della Cecenia, la più importante da mesi. Il Cremlino ha confermato gli attacchi ma ne ha minimizzato l'entità.
Il fatto è che gli Stati Uniti, onnipresenti nel globo, nel Centro Asia sono completamente sguarniti e si trovano a dover chiedere la collaborazione di stati nemici, ex nemici o sino od ora per nulla considerati, per poter sferrare un attacco aereo all'Afghanistan. L'opzione migliore per l'aviazione statunitense e chi si unirà ad essa, sarebbe quella di far partire gli attacchi dal Pakistan, paese sospettato di aver forti legami con Osama bin Laden e dai cui servizi segreti sono stati partoriti i Taleban. Islamabad, che da più di cinquant'anni è impegnata in un conflitto con l'India per il controllo del Kashmir, ha 10 basi operative, 11 basi di riserva, 9 aeroporti per atterraggi di emergenza e 23 altri aeroporti minori sparsi per il Paese. Dalle postazioni di confine, Kabul è raggiungibile con i missili terra-terra in pochi minuti. Nel caso il Pakistan neghi l'uso delle proprie basi all'aviazione Usa, ecco subito l'India disposta a dare le sue 20 basi dislocate sul confine pakistano all'aviazione americana.
Qui potrebbe entrare in gioco un'altra grande potenza regionale: la Cina, alleata e principale fornitrice di armi di Islamabad. Pechino ieri ha fatto sentire la sua voce dichiarandosi contraria ad un "attacco indiscriminato". La Cina inoltre deve contrastare il mai sopito spirito secessionista uiguro dello Xinkjang, i cui militanti sarebbero addestrati nei campi di Osama bin Laden. Al tempo stesso, però, il contenzioso ancora aperto con l'India per un'area al confine tra Ladakh e Tibet - ieri il Dalai Lama dall'India ha invitato gli Stati uniti "a non usare la violenza" -, costringe i dirigenti cinesi ad aver bisogno del Pakistan oggi più che mai.
Infine l'Iran - una scelta comprensibilmente scartata fin dal principio, vista l'ostilità con cui i governi di Teheran e di Washington si guardano a vicenda. L'Iran potrebbe offrire il suo neutralismo che, in questo caso, in questa regione, cuore dell'Islam,, si potrebbe rivelare altrettanto importante quanto un appoggio militare.

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