La guerra santa di Omar

PIERGIORGIO PESCALI

La guerra santa di Omar
PIERGIORGIO PESCALI

Iservizi segreti russi hanno confermato di aver perso ogni traccia di Osama bin Laden, aggiungendo che il magnate saudita potrebbe essersi rifugiato nelle Filippine tra le file dei ribelli musulmani dell'arcipelago.
Ieri a Dubai, dove l'Emirato dell'Afghanistan ha un'ambasciata, Aziz al-Rahman, l'incaricato d'affari dei Taleban, ha rilasciato un'intervista alla televisione di Abu Dhabi in cui dice che se Osama bin Laden "vuole lasciare l'Afghanistan per sua volontà, non lo fermeremo". Aggiungendo subito, però, che "se lui vuole restare in Afghanistan, noi non potremo obbligarlo ad andarsene".
Nel frattempo, da Kabul, i Taleban hanno riferito che ogni paese che aiuterà gli Stati uniti nelle loro azioni militari contro l'Afghanistan dovrà mettere in conto le inevitabili ritorsioni degli Studenti di teologia. La pesante minaccia è stata rivolta in particolar modo alle nazioni confinanti: l'ambasciatore afghano in Pakistan, Mullah Abdul Salam Zaeef ha indetto ieri una conferenza stampa in cui ha ammonito che "se un paese confinante o un paese della regione, in particolare islamico, dà una risposta positiva alla richiesta americana di basi militari, deve sapere che si esporrà ad un pericolo straordinario".
Più o meno alla stessa ora in cui si teneva la conferenza stampa a Islamabad, i Taleban hanno ordinato agli ultimi gli ultimi occidentali ancora presenti a Kabul e dintorni, di lasciare in fretta il paese. Ufficialmente "per la loro stessa sicurezza". Una mossa sorprendente perché proprio questi cittadini stranieri potevano rappresentare un efficace scudo umano contro eventuali attacchi aerei e missilistici su Kabul e Kandahar. Il decreto di espulsione potrebbe però anche essere visto nella prospettiva di una certa apertura dei Taleban verso gli Stati uniti. Tuttavia non è ancora chiaro, al momento, se l'ordine di espulsione valga anche per gli otto occidentali dell'ong Shelter Now International arrestati ai primi di agosto e attualmente sotto processati con l'accusa di proselitismo cristiano. In questo caso la mossa potrebbe apparire come una proposta di scambio.
Oltre agli stranieri, anche gran numero di afghani, specie quelli di Kabul, Kandahar, Jalalabad e di altri centri abitati, stanno cercando di andarsene, chi può in Pakistan o in zone meno esposte dell'Afghanistan, terrorizzati dalla prospettiva dell'imminente pioggia di missili americani in arrivo. Tanto che lo stesso leader supremo dei Taleban, il Mullah Mohammad Omar, ha lanciato ieri un appello attraverso la radio La voce di Shariat in cui lancia un pressante appello agli afghani e a "tutti i musulmani del mondo" a "sostenere l'Islam e la loro fede" e a "difendere l'Afghanistan", in caso di necessità "fino alla morte". "Voi dovreste sapere che il vero problema non è Osama, ma è l'opposizione all'Islam", ha affermato Omar ed è "qui" in Afghanistan "che ci sono i veri musulmani e che si leva la vera voce dei musulmani". e "loro", gli americani, "sentono questo come un segnale di pericolo". Per questo, conclude Omar, "ogni musulmano dovrebbe essere pronto per la jihad", la guerra santa, ed "essere pronto a sacrificare la propria vita per la sua religione e per l'Islam".
Ma la drammaticità della situazione è tale che potrebbe portare anche alla stessa rottura del cordone ombelicale che unisce da sempre i Taleban con il Pakistan. Mentre anche da Dubai, il governo degli Emirati arabi uniti - uno dei soli tre stati a riconoscere il regime dei Taleban (il terzo è l'Arabia saudita) - fa sapere di volere "rivedere" i propri legami con Kabul e di essere pronto a schierarsi con Washington. I Taleban hanno detto chiaro e tondo che se Islamabad offrirà le proprie basi aeree agli americani, le milizie degli Studenti colpiranno il Pakistan con un "attacco massiccio". E i settori islamici pakistani più radicali si sono subito schierati a fianco dell'Afghanistan. Un problema in più per il presidente Musharraf.

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