Narratore di un mare vivo e inquieto

FEDERICO PACIFICI

CLAUDIO LIZZA
Narratore di un mare vivo e inquieto
FEDERICO PACIFICI

Pubblichiamo un ricordo di Claudio Lizza, sceneggiatore e artista, scomparso tragicamente pochi giorni fa, scritto dal suo collaboratore e amico Federico Pacifici.

Caro Claudio, "L'opera viva" di un'imbarcazione è proprio quella parte immersa nell'acqua, a contatto con l'acqua. Quella parte che è difficile scorgere e che rispondendo alle leggi di Archimede permette il galleggiamento. Quella parte la vediamo solo quando per qualche necessità, riparazione, ricovero o altro, le imbarcazioni vengono alate e poste per breve tempo in secco su di un invaso o anche solo poggiate su mattoni rimediati e assi di legno. Quando ne ho la possibilità camminando sulle banchine di quei pochi porti che ancora conservano lo spazio per l'ospitalità a piccole e grandi paranze, piccoli e grandi gozzi di legno, allora mi avvicino e carezzo furtivo quelle forme pregne di vita. L'opera viva di Claudio era immersa nell'emarginazione e nel disagio di vivere, cose di cui, facendone quotidiana esperienza sulla propria esistenza, era grande esperto ed interprete. Claudio ha navigato solitario sospeso sulla sua opera viva.
A noi tutti che con lui siamo venuti in contatto, ce ne ha mostrato solo qualche volta di malavoglia per l'implicita impudicizia del gesto, la dolorosa essenza. Per il resto ci permetteva solo di vederne il traslato letterario. Molto più spesso ci faceva schiantare dal ridere mostrandoci solo quella parte facilmente visibile delle fiancate, colorate con i colori mediterranei, bianchi, blu, una riga rossa magari, sotto le quali non potevamo non intuire la sua esperienza, la sua opera viva. Grande esperto di letteratura, cinema e fumetti (indimenticabile una sua lettura di alcune storie di Pazienza a cui sapeva dare voce, accenti, dialetti, ritmo, ironia e sofferenza), cose che facevano di lui il grande sceneggiatore che è stato. La sua opera viva era immersa nel disagio di vivere. Noi sapevamo che quella parte esisteva, solo perché lo vedevamo galleggiare, ma lo sforzo di rispondere al peso della vita era tutto sostenuto da quella sua parte sommersa, quella sua straripante vitalità che di tanto in tanto era costretto, per sopravvivere, a cercare di spegnere, o almeno attenuare. E forse proprio questo gli è stato fatale. Come per gli scrittori degni di questo nome, nelle sue pagine c'era il racconto di quel disagio, ma per le enormi proporzioni di ciò che narrava, era difficile capire se potesse trattarsi di autobiografia. Chi saprebbe dire quale sia il punto di "confusione" tra la vita vissuta e quella solo ricordata in sogno, per poter distinguere ciò che fosse autobiografico da ciò che avesse solo immaginato? Certo le sue pagine, la sua opera viva, sono vera narrazione. E sono appunto vive. Voglio sperare che quelli che sono in possesso delle sue ultime sceneggiature o anche solo di soggetti, si prodighino fino all'inverosimile per trasformarli nella loro naturale destinazione: in film. Auguro a quelli di riuscire nell'impresa.
Un giorno perse uno dei suoi manoscritti più belli, il racconto Gangsters, qualche tempo dopo lo riscrisse identico, aveva ventuno anni. Chi ha avuto la fortuna di leggerlo sa di quale potenza vitale e disperazione fosse infuso (sul film che i responsabili ne hanno tratto, meglio stendere un velo pietoso). Conosceva la sua opera a fondo, non affidava mai nulla al caso. Io lo vidi rileggere quel racconto, davanti a me, in silenzio, concentratissimo, ci mise un tempo lunghissimo, eppure lo conosceva a memoria, ma ne stava analizzando la profondità ed ogni singola parola, per capirne il tutto. Un perfezionista. Avrebbe potuto fare una carriera straordinaria, ha scritto moltissime sceneggiature di eccellente qualità (chissà se ha mai scritto quel libro sulla guerra civile di Spagna che mi ha raccontato due volte a distanza di tempo, senza modificarne una virgola?). Ma lui non mirava né ai soldi né alla fama, e qualcuno ne ha tratto profitto, a lui bastava scrivere e lo faceva con dedizione, accontentandosi troppo spesso di condizioni che dir minime è poco. Ma era scrittore. Il resto non conta. Quando scrivemmo la parola fine alla sceneggiatura tratta dal suo racconto Gangsters, scoppiò in lacrime, disse: "Ecco, ci siamo svenduti anche la resistenza". Sapevamo entrambi che l'avevamo affidata a mani sbagliate e la colpa era soprattutto mia. Interruppe il suo pianto una telefonata di Carlo Cecchi che lo aveva rintracciato in quel residence dove alloggiava, grazie al contatto quotidiano che Claudio aveva con la sua forte e adorata madre, per invitarlo a lavorare in un suo spettacolo. Gli tornò il sorriso, ricominciò a respirare. Sì, Claudio era anche attore, debuttò ancora giovanissimo con Luca Ronconi. Ma pochi hanno saputo apprezzare quella sua spaventosa vitalità. Anzi qualcuno l'ha voluto anche privare delle occasioni che si era costruito. Altri forse pensano che lui potesse essere identificato in quei personaggi disperati che percorrono le sue opere. No. Io sono convinto che l'essenza di Claudio è invece da rintracciare in quei suoi personaggi femminili, innocenti e perduti. Innocenti.
Io che con lui ho collaborato varie volte, posso dire che le nostre sono state solo sconfitte. Ma abbiamo anche riso. E pianto. E molto riso. Fino alle lacrime.
Claudio è in secca.
Ora vediamo la sua opera viva.
Peccato peccato peccato.

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