Sperimentazioni per la tv

GIULIA SBARIGIA - ROMA

Sperimentazioni per la tv
"I sogni degli altri", il corto prodotto dall'università e il canale Cni
GIULIA SBARIGIA - ROMA

I sogni degli altri, presentato ieri a Roma, è un cortometraggio di fiction realizzato dal gruppo Cut, cinque ragazzi della facoltà di Scienze della comunicazione La Sapienza, e coprodotto insieme a Cult network Italia, il canale satellitare visibile su Stream. Tra l'emittente televisiva e gli studenti, si è creata già da qualche tempo una sinergia creativa che ha dato vita a quattro nuovi format: le pillole, gli scratch movie, le pillole sui generis e gli scatti. Cioè programmi interstiziali, studiati espressamente per le esigenze di target e di palinsesto al fine di riempire i momenti di attesa tra un programma e l'altro. Brevi segmenti, curiosi frammenti, intervalli mirati, che da settembre saranno distribuiti in ordine sparso nella scaletta della rete.
Ora l'esperimento di coproduzione tra Cni e il gruppo di produzioni audiovisive è andato oltre e si è tradotto in un cortometraggio di 24 minuti firmato Blixa Capodangeli. Un nome da ricondurre a un logo che si muove sui territori della leggerezza produttiva e delle anomalie visive e non a una persona fisica. E insomma chiunque sia Blixa, qualunque cosa sia, certo è che lavora per incontrare linguaggi audiovisivi tradizionali e tecnologie digitali e presta la propria sigla al gruppo Cut.
Sofia (Eleonora D'Urso) è la protagonista della storia (ideata e sceneggiata da Elisa Angelici e Paolo Peverini) sospesa tra l'incubo e la quotidianità. Una ragazza giovane e stanca che non riesce a dormire in pace perché vive i sogni degli altri, succube delle fantasie di uomini eccitati. Di giorno allestisce le vetrine dei negozi, veste rassicuranti manichini senza sogni, e registra un video diario come terapia consigliata dal suo analista. Ma di notte scivola in un irreale vortice d'ansia. Solo un uomo può aiutarla a ritrovare il mondo onirico che le appartiene. Lui disincaglia i sogni bloccati tra le antenne dei terrazzi, intercetta le frequenze, rumori e melodie che si disperdono nel buio. Ma è un'apparizione fugace, di passaggio, in cerca della sua memoria, delle tracce del suo passato.
Girato in agilità, con la telecamerina digitale, montato in avid e prodotto a basso badget, questo cortometraggio è la prova che dall'università possa uscire un prodotto finito che abbia vita propria all'esterno. C'è un mecenate a finanziare l'opera come si faceva per i film dell'avanguardia e anche la possibilità di scontrarsi con le dure regole della distribuzione. In questo caso l'università funziona come un bacino di idee, come un cantiere produttivo, al di là degli insegnamenti tradizionali e dei laboratori. E l'esperienza del fare, che sembra così lontana dall'ambito accademico, è riuscita ai ragazzi del Cut coordianti da Alberto Abruzzese. Già laureati, ma interni alla facoltà con il proggetto in un futuro immediato di lavorare anche autonomamente, si cimentano a livello sperimentale con le nuove tecnologie, i nuovi format, i nuovi linguaggi.
La loro ricerca poi non rimane un mero studio per una tesina o un saggio autoelogiativo di fine anno, ma diventa prodotto. Così approfittando della destrutturazione del sistema televisivo, ora più che mai barcollante tra il generalista e lo specifico, il Cut offre nuove soluzioni e si infila nelle intercapedini aperte dallo smottamento catodico di questi ultimi anni.

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