Una nuova generazione. Per i verdi

PAOLO CENTO *

INTERVENTO
Una nuova generazione. Per i verdi
PAOLO CENTO *

Il risultato elettorale del 13 maggio, ha segnato per i verdi la fine di un ciclo politico il cui progressivo esaurimento si era già manifestato con le elezioni europee e regionali. Troppo ampia, infatti, rimane la forbice tra l'aumento di interesse e la mobilitazione di parti significative dell'opinione pubblica sulle questioni ambientali e il ridotto consenso elettorale che i verdi ricevono.
Alla crisi di rappresentanza dei verdi peraltro non corrisponde la crescita in altri soggetti politici del centrosinistra della centralità della questione ambientale, anzi al contrario l'indebolimento dei verdi indebolisce anche gli ambientalisti nelle altre forze politiche. La stessa novità di un candidato premier come Francesco Rutelli, proveniente dal movimento ambientalista, se da una parte ha reso evidente all'opinione pubblica la differenza tra il centrosinistra e il centrodestra su questi temi dall'altro non ha aumentato la quantità di eletti ambientalisti nell'Ulivo.
Si afferma quindi l'urgenza di un'iniziativa capace di allargare il fronte ecologista in parlamento, anche attraverso un coordinamento parlamentare dei deputati e senatori ambientalisti. I diciassette eletti verdi devono quindi essere pronti a costituire questa sezione ambientalista insieme, se lo vogliono, a Realacci, Bandoli e a quanti altri ritengono che le politiche ambientali sono decisive nel confronto tra centrosinistra e governo Berlusconi.
La proposta del "Girasole" ha tradito nella sua articolazione elettorale il respiro dinamico e di movimento contenuto nell'appello iniziale.
Un errore è stato rinchiuderlo in un'alleanza elettorale con lo Sdi, incapace non solo di movimentare quella minoranza di opinione pubblica ambientalista, laica, libertaria al quale era destinato, ma anche e soprattutto di rendere credibile ed utile per il centrosinistra l'obiettivo di semplificazione e di costruzione del terzo ramo tra la Margherita e i Ds.
Un errore che in molti all'interno dei verdi avevano segnalato, ma di cui tutti, compreso ovviamente il sottoscritto, ne portiamo la responsabilità non solo oggettiva, ma anche soggettiva. Anche per questo le dimissioni dell'esecutivo nazionale sono un atto dovuto di trasparenza politica e di responsabilità.
Ma nella crisi dei verdi c'è molto di più di un grave errore di alleanza elettorale. C'è infatti l'incapacità di ragionare sui cinque anni di governo dell'Ulivo prima e di centrosinistra poi, della subalternità a scelte politiche ed economiche sbagliate, dalla rottamazione delle auto agli effetti devastanti di molte delle privatizzazioni in atto.
Sullo sfondo vi è la vicenda della guerra che ha minato alle radici il codice eco-pacifista e antimilitarista che è uno dei principi fondatori del movimento verde italiano. La crisi non è solo dei gruppi dirigenti ma anche di un corpo militante che, se pur generoso, in molte occasioni ha spesso contribuito a interpretare la trasformazione dei verdi in partito come un fatto burocratico più attento alla definizione di equilibri di potere locale che alle dimensioni del conflitto e della radicalità ecologista.
I verdi in questi mesi hanno però anche vissuto positive sperimentazioni che non possiamo cancellare, ma che anzi sono la base da cui ripartire. Anche in quest'ultima scadenza elettorale amministrativa, vi sono state realtà dove il consenso elettorale non solo non è diminuito, ma è addirittura aumentato. Promozioni di liste civiche e ecologiste che hanno raccolto consenso inaspettato, liste rosso-verdi, che hanno polarizzato un sistema di alleanze alternative. C'è poi l'esperienza veneta voluta e difesa fortemente dalla Costituente di Chianciano in poi, la partecipazione alla mobilitazione del popolo di Seattle, l'allargamento tematico dal campo ambientale a quello della sicurezza alimentare e della cura della terra.
Anche sulle candidature e sugli eletti in parlamento, ci sono delle novità positive all'interno di quel fisiologico ricambio tra chi sedeva in parlamento dal 1987 (e qualcuno anche da prima) e una nuova generazione di ecologisti.
E' da questo insieme di fatti e valutazioni negative e positive che bisogna ripartire. C'è ancora bisogno nella società italiana, come in Europa, di una soggettività politica verde non solo come forma indispensabile di resistenza ai disastri ambientali già annunciati dal governo Berlusconi, ma come nucleo strategico, teorico e militante per la costruzione di un'alternativa al liberismo in economia e all'autoritarismo sui diritti.
Una soggettività verde che pur mantenendo e anzi rafforzando una sua dimensione organizzata territoriale e nazionale deve essere meno partito e più movimento, meno centralizzata e più arcipelago. C'è bisogno di un soggetto verde meno burocratico capace di attraversare e farsi attraversare dai conflitti eco-sociali e di interpretare i caratteri di alternativa che in questi si manifestano.
Il G8 di Genova è alle porte: qual è il contributo di riflessione e azione che i verdi italiani mettono in campo oltre alla loro indispensabile presenza fisica? Certo l'esistenza di un soggetto verde in Italia avrà, nei giorni compresi nel periodo 19-22 luglio, un'occasione di verifica decisiva e non burocratica alla quale siamo chiamati tutti con generosità a dare il nostro contributo.
Il successo dei sindaci nei ballottaggi del 25 maggio è un altro fatto importante che ha visto i verdi impegnati e che ci apre ampie possibilità di intervento e di ridefinizione di un ruolo e di una proposta per gli ecologisti impegnati in politica. Il welfare municipale è infatti la frontiera della sfida che dai municipi può essere costruita come alternativa alle politiche liberiste e impopolari che Berlusconi ha già annunciato al Congresso della Confindustria di qualche giorno fa. Diritti individuali e collettivi, inclusione sociale, reddito di cittadinanza sono questi i temi del nuovo welfare municipale di cui i verdi possono diventare promotore dentro le coalizioni che governano molti municipi italiani. Dal voto del 13 e del 27 maggio nonostante la sconfitta alle elezioni politiche esce rafforzata la leadership di Rutelli. Bene hanno fatto i verdi ad essere tra i primi nel settembre 2000 a schierarsi per la sua candidatura, bene hanno fatto oggi a riconoscerne la leadership dell'opposizione al governo Berlusconi. Se è vero che dall'elettorato del centrosinistra viene una forte spinta all'unitarietà dell'Ulivo soprattutto in parlamento ed è questo il motivo per il quale gli eletti verdi si sono resi disponibili alla creazione di un gruppo parlamentare dell'Ulivo, è altrettanto vero che l'Ulivo delle elezioni del 2001 non è sufficiente per costruire l'alternativa a Berlusconi. I verdi sono una forza politica di frontiera nel centrosinistra e devono valorizzare questa caratteristica, soprattutto nei contenuti, nel rapporto con i movimenti, nel dialogo con la sinistra critica. Per questo c'è la necessità di collocare la riflessione e l'azione dei verdi dentro il dibattito delle sinistre critiche e plurali.
E' stata infatti sconfitta con il Girasole l'idea di una collocazione di verdi intermedia tra i Ds e la Margherita. Le sinistre del nuovo secolo, infatti, devono assumere l'ecologia come uno dei valori decisivi della critica sociale al modello economico liberista, e come occasione di limite e regolamentazione alla globalizzazione.
Il dibattito, dopo la sconfitta delle elezioni politiche, deve vedere i verdi protagonisti non solo per quel che riguarda il nostro futuro ma per quello che riguarda il futuro di una rinnovata coalizione. Anche per questo nei verdi c'è bisogno di un congresso vero, caratterizzato, se necessario con proposte e tesi alternative capaci di promuovere anche nella guida della Federazione una nuova generazione di ecologisti.
* deputato dei verdi

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