INTERVENTO
Una nuova generazione. Per i verdi
PAOLO CENTO *
Alla crisi di rappresentanza dei verdi peraltro non corrisponde
la crescita in altri soggetti politici del centrosinistra della
centralità della questione ambientale, anzi al contrario
l'indebolimento dei verdi indebolisce anche gli ambientalisti
nelle altre forze politiche. La stessa novità di un candidato
premier come Francesco Rutelli, proveniente dal movimento
ambientalista, se da una parte ha reso evidente all'opinione
pubblica la differenza tra il centrosinistra e il centrodestra su
questi temi dall'altro non ha aumentato la quantità di eletti
ambientalisti nell'Ulivo.
Si afferma quindi l'urgenza di un'iniziativa capace di allargare
il fronte ecologista in parlamento, anche attraverso un
coordinamento parlamentare dei deputati e senatori ambientalisti.
I diciassette eletti verdi devono quindi essere pronti a
costituire questa sezione ambientalista insieme, se lo vogliono,
a Realacci, Bandoli e a quanti altri ritengono che le politiche
ambientali sono decisive nel confronto tra centrosinistra e
governo Berlusconi.
La proposta del "Girasole" ha tradito nella sua articolazione
elettorale il respiro dinamico e di movimento contenuto
nell'appello iniziale.
Un errore è stato rinchiuderlo in un'alleanza elettorale con lo
Sdi, incapace non solo di movimentare quella minoranza di
opinione pubblica ambientalista, laica, libertaria al quale era
destinato, ma anche e soprattutto di rendere credibile ed utile
per il centrosinistra l'obiettivo di semplificazione e di
costruzione del terzo ramo tra la Margherita e i Ds.
Un errore che in molti all'interno dei verdi avevano segnalato,
ma di cui tutti, compreso ovviamente il sottoscritto, ne portiamo
la responsabilità non solo oggettiva, ma anche soggettiva. Anche
per questo le dimissioni dell'esecutivo nazionale sono un atto
dovuto di trasparenza politica e di responsabilità.
Ma nella crisi dei verdi c'è molto di più di un grave errore di
alleanza elettorale. C'è infatti l'incapacità di ragionare sui
cinque anni di governo dell'Ulivo prima e di centrosinistra poi,
della subalternità a scelte politiche ed economiche sbagliate,
dalla rottamazione delle auto agli effetti devastanti di molte
delle privatizzazioni in atto.
Sullo sfondo vi è la vicenda della guerra che ha minato alle
radici il codice eco-pacifista e antimilitarista che è uno dei
principi fondatori del movimento verde italiano. La crisi non è
solo dei gruppi dirigenti ma anche di un corpo militante che, se
pur generoso, in molte occasioni ha spesso contribuito a
interpretare la trasformazione dei verdi in partito come un fatto
burocratico più attento alla definizione di equilibri di potere
locale che alle dimensioni del conflitto e della radicalità
ecologista.
I verdi in questi mesi hanno però anche vissuto positive
sperimentazioni che non possiamo cancellare, ma che anzi sono la
base da cui ripartire. Anche in quest'ultima scadenza elettorale
amministrativa, vi sono state realtà dove il consenso elettorale
non solo non è diminuito, ma è addirittura aumentato. Promozioni
di liste civiche e ecologiste che hanno raccolto consenso
inaspettato, liste rosso-verdi, che hanno polarizzato un sistema
di alleanze alternative. C'è poi l'esperienza veneta voluta e
difesa fortemente dalla Costituente di Chianciano in poi, la
partecipazione alla mobilitazione del popolo di Seattle,
l'allargamento tematico dal campo ambientale a quello della
sicurezza alimentare e della cura della terra.
Anche sulle candidature e sugli eletti in parlamento, ci sono
delle novità positive all'interno di quel fisiologico ricambio
tra chi sedeva in parlamento dal 1987 (e qualcuno anche da prima)
e una nuova generazione di ecologisti.
E' da questo insieme di fatti e valutazioni negative e positive
che bisogna ripartire. C'è ancora bisogno nella società italiana,
come in Europa, di una soggettività politica verde non solo come
forma indispensabile di resistenza ai disastri ambientali già
annunciati dal governo Berlusconi, ma come nucleo strategico,
teorico e militante per la costruzione di un'alternativa al
liberismo in economia e all'autoritarismo sui diritti.
Una soggettività verde che pur mantenendo e anzi rafforzando una
sua dimensione organizzata territoriale e nazionale deve essere
meno partito e più movimento, meno centralizzata e più
arcipelago. C'è bisogno di un soggetto verde meno burocratico
capace di attraversare e farsi attraversare dai conflitti
eco-sociali e di interpretare i caratteri di alternativa che in
questi si manifestano.
Il G8 di Genova è alle porte: qual è il contributo di riflessione
e azione che i verdi italiani mettono in campo oltre alla loro
indispensabile presenza fisica? Certo l'esistenza di un soggetto
verde in Italia avrà, nei giorni compresi nel periodo 19-22
luglio, un'occasione di verifica decisiva e non burocratica alla
quale siamo chiamati tutti con generosità a dare il nostro
contributo.
Il successo dei sindaci nei ballottaggi del 25 maggio è un altro
fatto importante che ha visto i verdi impegnati e che ci apre
ampie possibilità di intervento e di ridefinizione di un ruolo e
di una proposta per gli ecologisti impegnati in politica. Il
welfare municipale è infatti la frontiera della sfida che dai
municipi può essere costruita come alternativa alle politiche
liberiste e impopolari che Berlusconi ha già annunciato al
Congresso della Confindustria di qualche giorno fa. Diritti
individuali e collettivi, inclusione sociale, reddito di
cittadinanza sono questi i temi del nuovo welfare municipale di
cui i verdi possono diventare promotore dentro le coalizioni che
governano molti municipi italiani. Dal voto del 13 e del 27
maggio nonostante la sconfitta alle elezioni politiche esce
rafforzata la leadership di Rutelli. Bene hanno fatto i verdi ad
essere tra i primi nel settembre 2000 a schierarsi per la sua
candidatura, bene hanno fatto oggi a riconoscerne la leadership
dell'opposizione al governo Berlusconi. Se è vero che
dall'elettorato del centrosinistra viene una forte spinta
all'unitarietà dell'Ulivo soprattutto in parlamento ed è questo
il motivo per il quale gli eletti verdi si sono resi disponibili
alla creazione di un gruppo parlamentare dell'Ulivo, è
altrettanto vero che l'Ulivo delle elezioni del 2001 non è
sufficiente per costruire l'alternativa a Berlusconi. I verdi
sono una forza politica di frontiera nel centrosinistra e devono
valorizzare questa caratteristica, soprattutto nei contenuti, nel
rapporto con i movimenti, nel dialogo con la sinistra critica.
Per questo c'è la necessità di collocare la riflessione e
l'azione dei verdi dentro il dibattito delle sinistre critiche e
plurali.
E' stata infatti sconfitta con il Girasole l'idea di una
collocazione di verdi intermedia tra i Ds e la Margherita. Le
sinistre del nuovo secolo, infatti, devono assumere l'ecologia
come uno dei valori decisivi della critica sociale al modello
economico liberista, e come occasione di limite e
regolamentazione alla globalizzazione.
Il dibattito, dopo la sconfitta delle elezioni politiche, deve
vedere i verdi protagonisti non solo per quel che riguarda il
nostro futuro ma per quello che riguarda il futuro di una
rinnovata coalizione. Anche per questo nei verdi c'è bisogno di
un congresso vero, caratterizzato, se necessario con proposte e
tesi alternative capaci di promuovere anche nella guida della
Federazione una nuova generazione di ecologisti.
* deputato dei verdi