L'urlo sovrano della quiete
Più convenienza di questa: due chitarre, due microfoni, un
fonico e via. Dalla lontana Bergen, una specie di San Francisco,
solo molto più piccola e incastonata tra i monti di Norvegia, i
Kings of Convenience sono arrivati a Roma, tappa finale del loro
tour italiano (cinque giorni, cinque concerti). Monarchi
dell'essenziale, Eirik Glambek Boe - quello serio - e Erlend ye
-quello allampanato che si nasconde dietro occhiali da nerd e
anima il concerto - hanno portato con sé un pugno di canzoni
dall'arredo minimale riunite in un titolo che fa rumore:
Quiet is the new loud.
Al Brancaleone di Roma i norvegesi Kings of Convenience
LUIGI IAVARONE -
ROMA
Flirtando con il pubblico del Brancaleone, col quale stabiliscono
subito una buona intesa i due 25enni hanno suonato i brani del
loro primo album, una serie di nuove canzoni e qualche cover
(Free fallin' di Tom Petty, Glory box dei
Portishead). La struttura intimista e acustica della loro musica
ha fatto nascere una serie inevitabile e infinita di paragoni: in
testa alla classifica Simon & Garfunkel e Belle & Sebastian. Loro
li rifiutano decisi "non perché non ci piacciano, anzi, ma perché
la nostra musica nasce in maniera del tutto personale"; eppure in
più di una occasione le tessiture armoniche e gli impasti vocali
sono pieni di citazioni e rimandi forse involontari, ma forti.
Winning a battle, Losing the war, I don't know what can I
save you from incantano richiamando memorie sparse; echi di
Nick Drake, dei primissimi Everything But The Girl. Ma tant'è,
loro nicchiano anche quando gli si chiede del titolo dell'album,
"uno scherzo per fare il verso alla mania delle riviste musicali
inglesi di sparare titoli tipo 'Grey is the new black' e roba del
genere, forse è stato preso un po' troppo sul serio". Sarà, ma
Quiet is the new loud è un proclama che esce allo
scoperto nel momento in cui gli andamenti lenti, le
strumentazioni ridotte e i volumi bassi si stanno prendendo una
bella rivincita sui paladini delle barocche insalate sonore. Una
rivoluzione silenziosa sotto le cui insegne si riuniscono schiere
di accoliti con una sede ben definita, quel New Acoustic Movement
che elegge suo campione un ragazzo mal disegnato come Badly Drawn
Boy, vincitore del Mercury Music Prize 2000.
Non a caso le leggende fanno risalire la nascita di quel
movimento a una notte di tre anni fa, quando i KoC, lo stesso
Damon Gough e gli Alfie, allora tutti perfetti sconosciuti,
suonarono tra loro le proprie canzoni in una piccola stanza di
Chorlton, Manchester. Ovviamente i due minimizzano anche qui,
"Mah, 5 anni fa c'erano i Mojave tre, 10 anni fa Tracy Chapman,
15 Suzanne Vega. Parlare di nuovo movimento può portarci troppo
lontano, non c' niente di 'nuovo'". Profilo basso fino alla fine,
ma quando attaccano Failure e Toxic girl puoi
sentire davvero il suono del silenzio del pubblico.