L
GIACOMO SCOTTI
Lo stesso Jelavic l'ha già anticipata, preannunciando l'uscita
dalla presidenza tripartita e dichiarando che i croati
bosniaco-erzegovesi "ritengono illegale e illegittimo l'attuale
governo della Bosnia-Erzegovina" e pertanto "da oggi la
Federazione bosniaco-erzegovese è un'entità nazionale musulmana,
senza i croati". E' sottinteso: i croati formeranno una terza
entità politico-territoriale soltanto per loro. Gli accordi di
Dayton, almeno per quanto riguarda i croati, finiscono nella
carta straccia.
L'annuncio è stato fatto da Ante Jelavic l'altro ieri in un
comizio di fronte a cinquemila croati bosniaci convenuti per
onorare come loro eroi i criminali di guerra Kordic e Cerkez, a
Busovaca, loro città natale (Dario Kordic è stato condannato dal
tribunale dell'Aja a 25 anni di carcere, il generale Mario Cerkez
a 15 anni). Busovaca giace nella Bosnia centrale, in quella Valle
del Lasva nella quale milizie croato-bosniache dell'Hvo
sterminarono centinaia di civili musulmani, incendiandone i
villaggi.
L'annunciata "decisione storica" segnerebbe dunque la separazione
dallo Stato bosniaco e dalla Federazione musulmano-croata di
Bosnia dei territori abitati in prevalenza da croati e
amministrati dall'Hdz, e quindi il ripristino di quella
"Repubblica croata di Erzeg-Bosnia" che nella guerra 1992-1995 fu
la causa dei sanguinosi scontri fra croati e musulmani
inizialmente alleati contro i serbi. Per la conservazione di
quell'entità secessionista, il governo della Croazia sotto la
guida di Tudjman mandò in Bosnia una parte delle sue truppe,
compiendo in sostanza un'aggressione contro un paese riconosciuto
dall'Onu.
A Busovaca, Jelavic ha definito le condanne affibbiate dai
giudici dell'Aja a Kordic e Cerkez, e prima di loro al generale
Blaskic, "un tentativo di criminalizzare il popolo croato della
Bosnia-Erzegovina", un esempio di come agisce la comunità
internazionale "a danno dei croati, cementando in Bosnia due
entità, la serba e la musulmana: questo i croati non lo
permetteranno mai". Conclude Jelavic: "per i croati questo
governo è illegale, illegittimo, e non accetteremo nessuna delle
sue decisioni", e "il Parlamento nazionale croato" (da lui
convocato in sessione a Mostar domani) "segnerà una nuova fase
della lotta per l'eguaglianza politica dei croati in
Bosnia-Erzegovina".
L'Hdz di Jelavic, si noti bene, già da quattro mesi boicotta il
parlamento centrale dello Stato bosniaco e quello della
Federazione croato-musulmana, e ha ritirato i propri
rappresentanti dai due governi dove gli unici rappresentanti dei
croati sono esponenti socialdemocratici. In altre parole, i
nazionalisti croati hanno da tempo creato le condizioni, o meglio
i pretesti, per la secessione. Chiarendo che la scissione non
sarà seguita da una richiesta di annessione del territorio
secessionista alla Croazia (tanto più che il governo democratico
di Zagabria, decisamente contrario alla creazione di un terzo
staterello in Bosnia, si accinge a varare perfino una legge che
impedirà ai croati bosniaci di mandare propri deputati nel
parlamento di Zagabria), Jelavic ha detto: "La Bosnia-Erzegovina
non è in questione, ma vogliamo una Bosnia-Erzegovina con tre
entità nazionali su posizioni paritarie, e questa sarà la nostra
decisione a Mostar". Come reagirà l'Onu a questa aggressione
accadizetiana all'unità della Bosnia-Erzegovina?
Per la cronaca, al comizio di Busovaca, preannuncio di una serie
di azioni eversive e provocatorie che potrebbero portare
nuovamente sulla strada della guerra civile, almeno nel
territorio della Federazione croato-musulmana, hanno preso la
parola pure il vicepresidente dell'Hdz bosniaca Marko Topic, l'ex
generale dell'esercito croato-bosniaco (Hvo) e dell'esercito
croato (Hv) Slobodan Praljak, resosi "famoso" per aver ordinato
il cannoneggiamento e la distruzione del Ponte Vecchio di Mostar
già simbolo della convivenza plurietnica e gioiello
dell'architettura, e una decina di altri papaveri neoustascia,
alcuni con il crocifisso in mano.
Praljak ha accusato la comunità internazionale di condurre una
"politica filoserba" e i musulmani di Bosnia di non essersi
battuti contro i serbi nella scorsa guerra. Secondo lui non
sarebbero stati i croati ad aggredire i musulmani nella Bosnia
centrale, ma i musulmani ad aggredire i croati. I quali, guidati
da Kordic, Cerkez e altri "patrioti", si difesero scannando
centinaia di bambini, donne e vecchi ed altri bruciandoli nelle
loro case. Perché non c'era posto per i "diversi" in una terra
"che noi croati abitiamo dal settimo secolo e dove resteremo in
eterno". Sparando a zero anche lui contro i "nemici" dei croati
in Bosnia e nel mondo, Marko Topic ha parafrasato lo slogan
urlato dai neofascisti a Spalato, Zagabria e in altre città della
Croazia da circa tre settimane a questa parte: "Noi tutti siamo
Dario Kordic". Criminali? No, "eroi, difensori della propria
patria".
E' stato infine deciso che la data del 26 febbraio, giorno in cui
Kordic e Cerkez furono condannati dai giudici dell'Aja, sia
proclamata "Giornata dei patrioti croati della
Bosnia-Erzegovina".