Il ritorno impossibile
Cominciamo col nome e l'età: Gjuro Bolic, 45 anni, cittadino
croato di etnìa serba. Costretto insieme ad altri duecentomila
connazionali della ex Krajina (Croazia) liberata e messa a ferro
e fuoco dalle truppe di Franjo Tudjman nell'agosto 1995,
nell'ottobre 2000 è tornato dall'esilio nel suo villaggio natale
di Mali Kozinac, comune di Barilovic. Avendo trovato la casa
distrutta, si era sistemato provvisoriamente presso un conoscente
nel villaggio di Kosjer, ma il sesso e l'età gli sono stati
fatali.
Come la Croazia scoraggia il rientro a casa dei serbi di Krajina.
Il caso Bolic
GIACOMO SCOTTI -
ZAGABRIA
Una prassi un auge in Croazia anche con il nuovo governo di
centro, vuole che tutti i serbi maschi tra i diciotto e i
sessantacinque anni che tornano dall'esilio nei loro paesi -
finora ne sono tornati circa 50.000 - vengano sottoposti a
serrati interrogatori presso i commissariati di polizia. Un modo
come un altro per intimorirli e scoraggiare il rientro. Altri
metodi per salvaguardare i risultati della pulizia etnica attuata
a suo tempo dal regime tudjmaniano vengono lasciati invece ai
soliti "ignoti" terroristi dell'estrema destra: attentati
dinamitardi, incendi, uccisioni.
Il metodo diciamo pure ufficiale è stato subito applicato a Gjuro
Bolic. Il quale, tornato a casa dopo tre ore e mezzo di
"colloquio informativo" nel commissariato di Duga Resa, pesso
Karlovac, ha messo fine ai propri giorni, impiccandosi.
La notizia della sua morte non è stata data dai giornali, non è
stata fornita dalla polizia, è rimasta in paese e là noi
l'abbiamo raccolta, quasi due mesi dopo, per raccontarla a chi ci
legge. Gjuro avrebbe dovuto tornare al commissariato, per un
secondo "colloquio", il 26 ottobre. L'hanno atteso invano. Il
primo colloquio, a quanto pare, gli è bastato per fargli
preferire la morte alle torture del secondo. Egli stesso, del
resto, l'aveva dichiarato all'uomo che lo ospitava ed ai vicini
di casa: "Al secondo interrogatorio non ci vado nemmeno da
morto". Poco dopo è salito sul fienile e lì si è impiccato a una
trave. Sui particolari è piuttosto avaro il verbale della
polizia. Qualcuno dei vicini si è chiesto e si chiede se Gjuro si
sia veramente impiccato o sia stato impiccato. E' un fatto che
negli ultimissimi mesi ben otto cittadini croati di etnìa serba,
tutti rientrati dall'esilio sperando di rifarsi una vita, si sono
"suicidati". Quel che è strano è il silenzio opposto dal governo
alla richiesta dell'unico deputato serbo presente nel parlamento
della Croazia, Milan Djukic, di aprire un'indagine parlamentare
su questi episodi.
Altro fatto certo è che tutti i cittadini croati di sesso
maschile e di etnìa serba che al tempo della guerra fratricida
avevano un'età fra i 18 e i 60 anni, appena rimettono piede in
Croazia finiscono inevitabilmente nelle mani della polizia; e
sono già alcune centinaia coloro i quali da alcuni mesi
marciscono nelle prigioni. Negli ultimi due mesi sono stati
arrestati 14 serbi cittadini croati reduci dall'esilio. Fra gli
arrestati c'è un'anziana donna, Jovanka Nenadovic, di 65 anni.
L'hanno accusata di "crimini di guerra".
Il fatto è che ancora oggi, a un anno circa dalla caduta del
regime di Tudjman, il governo croato oppone mille e un ostacolo
al rientro in Croazia dei serbi; e le loro case distrutte non
vengono ricostruite nonostante gli aiuti internazionali forniti a
questo scopo.
Nel dicembre del 1998, rivolgendosi ai generali del suo esercito,
Tudjman disse: "Abbiamo risolto il problema: i serbi in Croazia
non saranno mai più il 12 per cento della popolazione né il 6 per
cento. Al massimo risulteranno il tre-cinque per cento del totale
e così non potranno più mettere in pericolo lo stato croato".