Le voci misteriose di Sally Nyolo

MARCELLO LORRAI - TORINO

Le voci misteriose di Sally Nyolo
A Torino l'unica esibizione della cantante africana, in alcuni brani con Archie Shepp al sax tenore
MARCELLO LORRAI - TORINO

Esaurita con gli anni ottanta la scoperta delle grandi correnti della musica moderna del continente nero, prima quasi sconosciute nel "nord" del mondo, e acquisita una serie di figure chiave, forse la scena della musica africana contemporanea non offre ormai da diversi anni novità eclatanti (i grandi negozi di dischi francesi puntano sulla ristampa del catalogo di Fela Kuti o su altri nomi tutti già affermati mentre l'unica notizia rilevante di questi ultimi tempi è stata l'esibizione del cantante reggae sudafricano Lucky Dube a Kigali, in Ruanda, davanti a 25 mila persone di etnia hutu e tutsi, ragazzi e gente matura, in un concerto di pacificazione nazionale).
In compenso si può assistere a fenomeni meno appariscenti ma indicativi di una maturazione in corso. Estremamente confortante è, per esempio, l'emergere di una nuova generazione - giovane anche se non giovanissima - di musicisti africani che operano avendo d'occhio un mercato globale ma che sembrano aver sviluppato forti anticorpi contro quello che potremmo chiamare il virus Yeke Yeke.
Spregiudicati, dotati di una mentalità aperta, paiono però vaccinati nei confronti del miraggio del super-hit che conquista la vetta delle classifiche internazionali. Disincantati, sanno che è tutt'altro che facile mettere a segno il colpo, tanto è vero che neanche a Mory Kante è riuscito di bissare il suo clamoroso successo, e che ammesso e non concesso che si abbia la fortuna di riuscirci il prezzo da pagare, in termini di compromessi che costano cari, di rischio di distorsione della propria carriera, è troppo alto.
Camerunese di origine ma parigina di adozione dall'età di tredici anni, Sally Nyolo è fra gli artisti che rappresentano meglio questa nuova generazione di musicisti senza grilli per la testa, che si sono costruiti una robusta professionalitàlavorando sodo, che puntano a definire sobriamente una propria autonomia espressiva e a crearsi un pubblico con un paziente lavoro di lungo periodo.
A partire dall'82 Sally Nyolo ha fatto gavetta nella capitale francese in studio e dal vivo come corista per diversi artisti (Toure Kunda, Jacques Higelin, Sixun fra gli altri); dal '91 ha cominciato a lavorare per conto proprio, anche come compositrice per programmi radiofonici e film, e ha aggiunto al proprio curriculum la partecipazione per un certo periodo al popolare gruppo vocale femminile afrobelga Zap Mama.
Ascoltando i tre album a suo nome, Tribu, Multiculti e Béti, veniva da domandarsi se la originale cifra stilistica della Nyolo, con le sue eleganti tessiture vocali e la sua vivacità frutto di una lucida messa a punto, avrebbe retto dal vivo. Una prova che Sally Nyolo, evidenziando il suo disinvolto mestiere, supera invece senza difficoltà, come si è visto a Torino, in una delle finora rare apparizioni della cantante in Italia, per l'ultimo appuntamento della rassegna "Dalle nuove musiche al suono mondiale".
Bianco e caffelatte, il gruppo che la affianca funziona egregiamente. Basso, chitarra, batteria, percussioni e una corista in aggiunta alla voce della Nyolo: della quale colpisce la capacità di creare uno spazio sonoro molto denso con pochissimi elementi e un organico quasi acustico, senza ricorso all'elettronica. Colpisce anche la distanza dei brani dalla forma canzone convenzionale: le voci occupano dall'inizio alla fine tutto l'arco dei brani, con una presenza insistente, che ha qualcosa di ipnotico, e che più che il respiro melodico che siamo abituati a trovare in una canzone richiama un andamento di tipo percussivo.
Il gioco delle voci si distende all'interno dei pezzi un po' come la fitta elaborazione di un motivo grafico potrebbe riempire tutta la superficie di un foglio. L'impressione è che il portato della cultura musicale non occidentale da cui la Nyolo proviene, e in cui è tornata ad immergersi per il suo ultimo disco, entri in maniera costitutiva, non esteriore, a determinare la conformazione delle canzoni.
Dopo aver lasciato il posto ad uno stanco Archie Shepp, con cui la cantante camerunese divideva la serata, il gruppo di Sally Nyolo è tornato per unirsi al quartetto del glorioso alfiere del free: alcuni brani del repertorio della Nyolo hanno prestato una base, e Shepp - ormai lontani i tempi in cui l'Africa era un formidabile reagente per la sua poetica - si è limitato senza troppo impegno a sovrapporvi il proprio sax tenore.
Indulgente con la vecchia icona, il pubblico torinese avrebbe potuto essere più generoso di applausi con Sally Nyolo, anche se certamente una raggelante sala come quella del Teatro Nuovo non si intiepidisce facilmente neanche al calore del ritmo bikutsi.

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