La fuga
di Fujimori
E
GIANNI BERETTA
Da Tokyo ha reso noto il suo ritiro e ieri ha inviato la sua
lettera di dimissioni al presidente del parlamento peruviano,
Valentin Paniagua. I sospetti che Fujimori non avrebbe intenzione
di tornare a Lima, sono stati confermati ieri dalla portavoce del
Consiglio nazionale di sicurezza Usa, Mary Ellen Countryman. La
quale ha detto di aver ricevuto informazioni dal governo
peruviano in base alle quali Fujimori, pur non avendo chiesto
asilo politico, ha deciso di rimanere in Giappone "a tempo
indeterminato". A Tokyo si è già trasferito uno dei suoi figli,
Hiro, impiegato in una società informatica. E in Giappone già
risiede la sorella di Fujimori, moglie dell'ambasciatore del
Perù, da lui stesso nominato. In realtà non è assolutamente
chiaro che cosa l'imprevedibile governante peruviano abbia
realmente in testa.
Potrebbe essere scappato, dopo la nomina a capo dell'Assemblea
legislativa di Valentin Paniagua, deputato dell'opposizione
capeggiata da Alejandro Toledo. I rapporti di forza sono
ulteriormente peggiorati per Fujimori, anche se formalmente le
Forze armate hanno rinnovato fedeltà al presidente e alla
costituzione. Oppure il Chino avrebbe deciso per l'ennesima volta
di mischiare le carte e prendere tempo, ricattando i suoi nemici
interni e dell'opposizione inasprendo con la sua assenza una
crisi dalla quale nessuno saprebbe bene come uscire da un punto
di vista istituzionale (il suo vicepresidente, Francisco Tudela,
ha dato le dimissioni già alcune settimane fa).
Il 62enne Fujimori aveva garantito nuove elezioni per il prossimo
8 aprile, e il passaggio dei poteri con il suo successore per il
luglio 2001. Ma se lui si sottrae del tutto dalla scena politica
e governativa del Perù, chi e come potrebbe coprire questo vuoto
e gestire la fase di transizione, con l'esercito in
fibrillazione? Alejandro Toledo, intanto, il candidato
presidenziale dell'opposizione che si ritirò dal secondo turno
delle elezioni scorse per i brogli di Fujimori, ha interrotto la
sua visita in Spagna per rientre precipitosamente in Perù. Toledo
ha parlato di "riconciliazione ma senza impunità". Nel ruolo di
vicepresidente "ad interim" si è già candidato il secondo
vicepresidente, Ricardo Marquez. L'opposizione ha invece chiesto
a Marquez di tirarsi da parte per lasciare al presidente del
parlamento Valentin Paniaga il compito di traghettare il paese
verso il voto.
Chi invece non dà segni di vita, almeno apparentemente, è
l'inquietante ex (?) capo dei servizi di sicurezza, Vladimiro
Montesinos. Il Resputin peruviano dovrebbe trovarsi al sicuro in
Perù, dopo il suo rientro da Panama dove era riparato dopo lo
scandalo del deputato dell'opposizione passato tra la fila del
regime fujimorista a suon di bigliettoni verdi. Fujimori pensava
di essersi liberato di lui. Ma evidentemente il potere di ricatto
di Montesinos è enorme, se è vero che ha in mano i documenti che
certificano che Fujimori non è nato in Perù e di conseguenza non
avrebbe potuto concorrere alla presidenza dieci anni orsono. C'è
chi assicura che Montesinos continui a tessere le sue trame con i
vertici militari che ancora controllerebbe. La questione di
fondo, sulla quale qualche settimana fa saltarono le trattative
con l'opposizione e l'Organizzazione degli stati americani (Osa),
è l'amnistia generale che Fujimori pretende per sé e per i suoi
collaboratori di regime per uscire in forma indolore dalla
scena.
Il rischio che la situazione precipiti e sfoci persino in un
golpe militare, nonostante le assicurazioni dello stato maggiore
delle Forze armate, è grande. Non è un caso che la comunità
internazionale si sia mostrata da subito all'unisono allarmata; e
si stia muovendo per scongiurare il peggio. A cominciare dagli
Stati uniti, che hanno fatto sapere che eserciteranno pressioni
attraverso l'Osa per una soluzione pacifica; ma che hanno già
inviato a Lima una delegazione guidata dal sottosegretario di
stato per l'America latina, Peter Romero. Anche l'Unione europea
ha lanciato un appello per una "transizione costituzionale e
democratica". E persino Mosca ha fatto un appello perché "possano
presto essere celebrate elezioni libere e legittime nel Perù".
Siamo davvero alla vigilia della caduta del Fujiregime?