Bosnia al voto, contro i nazionalismi

GIACOMO SCOTTI

Bosnia al voto, contro i nazionalismi
Nelle elezioni odierne parte favorito il partito socialdemocratico inter-etnico
GIACOMO SCOTTI

L' 11 novembre è arrivato: in Bosnia si vota ed è voto politico per il rinnovo dei parlamenti a tutti i livelli di quello stato unitario e insieme diviso in due entità.
Sette mesi addietro, l'indomani delle elezioni amministrative che segnarono una grande affermazione del Partito socialdemocratico Sdp - un evento sintomatico della fine del monolitismo e del monopolio dei partiti nazionalisti - il leader della sinistra interetnica Zlatko Lagumdzija dichiarò: "Nel prossimo novembre, con le elezioni parlamentari, in Bosnia avremo la rivoluzione d'ottobre" (anche quella russa si chiama "d'ottobre" ma avvenne in novembre). La "rivoluzione d'ottobre" bosniaca, spiegò Lagumdzija, avrebbe portato all'opposizione Sda e Hdz, i partiti nazionali musulmano e croato, rosicchiando inoltre una grossa fetta del potere dell'Sds, il partito serbo, nella Republika Srpska.
La profezia, stando ai sondaggi della vigilia, dovrebbe avverarsi. Nella Federazione musulmano-croata, i socialdemocratici dovrebbero ottenere più suffragi di Sda e Hdz messi insieme; nell'entità serba l'Sds resta il partito più forte, ma si prospetta non solo un'avanzata dell'Sdp ma anche una coalizzazione post-elettorale delle forze democratiche serbe intorno all'Sdp, una specie di blocco antinazionalista. Lagumdzija sin d'ora tende la mano "a tutti i partiti minori di orientamento democratico, non nazionalisti" per la formazione dei futuri governi a guida socialdemocratica. "In ogni caso - ha detto - non ci sarà alcuna collaborazione con i partiti nazionalisti; se faremo il governo, resteranno fuori".
I punti di forza dell'Sdp sono i giovani e la popolazione dei centri urbani, l'obiettivo è il 30% dei suffragi sull'intero territorio bosniaco-erzegovese, con una media del 40% nella Federazione musulmano-croata. Il vicepresidente dell'Sdp Gradimir Gojer, croato, si dice certo di un'avanzata di 10-20 punti percentuali rispetto ai risultati delle amministrative, ma soprattutto di penetrare nella Republika Srpska, dove i socialdemocratici sperano di conquistare almeno 5 seggi al parlamento (ora ne contano due).
Molto più incisiva dovrebbe essere la marcia sul territorio dell'ex Repubblica croata di Erzeg-Bosnia. Si è certi dell'effetto positivo della scomparsa dalla scena, in Serbia e in Croazia, dei regimi di Tudjman e Milosevic che sostenevano politicamente, con armi e fondi, le forze nazionaliste più estreme in Bosnia-Erzegovina. Anche Alija Izetbegovic, il leader del terzo nazionalismo, quello musulmano, si è fatto da parte. A proposito di Izetbegovic, Gojer ha detto: "Se ne è andato uno dei tre che per troppi anni hanno dominato in questa regione, gettando i suoi popoli nel lutto. Certo, è stato un po' migliore di Tudjman e Milosevic, ma ha pur sempre guidato un partito eccezionalmente retrogrado, che ha condotto una politica micidiale per la Bosnia-Erzegovina.
Confortato dai sondaggi e dalla grande affluenza della gente ai comizi targati Sdp, Lagumdzija constata che l'avanzata primaverile del suo partito nei Cantoni di Sarajevo, di Tuzla e della Bosnia centrale sta continuando in quella che è stata da sempre la roccaforte delle forze nazionaliste estreme, l'Erzegovina. Questa regione, divisa quasi a metà fra la Federazione musulmano-croata (capoluogo Mostar) e la Repubblica serba (capoluogo Trebinje), nelle ultime settimane ha visto moltiplicarsi la presenza di organizzazioni socialdemocratiche costituitesi, tra l'altro, a Livno, Ljubuski, Citluk, Capljina, Mostar, Trebinje e Konjic. Tre anni addietro il partito socialdemocratico era presente con le proprie organizzazioni soltanto in 25 comuni, oggi in 125.
Nella strategia elettorale dei partiti nazionalisti si nota un sintomatico cambiamento. Prima i partiti serbo e croato indicavano in quello musulmano il nemico da battere, mentre il partito di Izetbegovic omogeneizzava il popolo musulmano agitando il pericolo serbo e croato. Oggi i partiti etnici collaborano tra loro indicando come "traditori" nazionali e nemici i socialdemocratici e i partiti (minori) nati da scissioni in seno a Sda, Hdz e Sds. Il nazionalismo, però, paga sempre di meno in una Bosnia in cui - passata la bufera della guerra - va riemergendo l'antica tradizione della convivenza, forte soprattutto fra i musulmani. Inoltre, sia pure lentamente, perde terreno anche la delinquenza politica ed economica organizzata, e uno alla volta finiscono all'Aja i criminali di guerra. Di conseguenza l'atmosfera si fa più respirabile.
Ivo Komsic, presidente del Consiglio nazionale croato di Sarajevo e candidato nelle file dell'Sdp, non ha dubbi: l'Accadizeta, dice, ha perduto il monopolio politico sui croati di Bosnia; quel partito, che fino a ieri raccoglieva il 90 per cento dei voti croati, alle prossime elezioni potrà contare sul 30, massimo 40 per cento dei suffragi di tutti i croati di Bosnia-Erzegovina, per cui dovrà rinunciare a qualsiasi presenza nei governi federale e centrale. Le conseguenze saranno profonde. Il predominio finora avuto dai partiti nazionali Sda e Hdz nella Federazione ha fatto sì che l'intera struttura statale di questa entità sia oggi ripartita secondo il principio nazionale, dai ministeri alle aziende pubbliche fino ai mass-media e alla Lega di calcio. Questo parallelismo porta all'abuso di potere e al mancato funzionamento dell'amministrazione statale, la più costosa in Europa.
"Con la vittoria dell'Sdp - dice Komsic - aboliremo questi parallelismi e nessuno potrà continuare a creare istituzioni parallele su base etnica, violando la Costituzione". Ma non è tutto: la perdita del monopolio da parte dei partiti nazionali e nazionalisti si rifletterà anche sulla collaborazione fra le due entità: la Repubblica serba e la Federazione musulmano-croata dovrebbe migliorare. E a quel punto, forse, decine di migliaia di profughi potranno finalmente tornare alle loro case.

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