Il tramonto di Blazevic

GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Il tramonto di Blazevic
GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA


Dalla scena dello sport croato sono spariti i due massimi esponenti del regime nazionalista politicamente sconfitto all'inizio di quest'anno, due delfini del defunto "Supremo" Tudjman: Antun Vrdoljak, ex presidente del Comitato olimpico nazionale, e Miroslav Blazevic detto Ciro, selezionatore e fino a ieri capo assoluto della nazionale croata di calcio.
Vrdoljak, peraltro attore e regista cinematografico datosi alla politica nel 1990 quando divenne vicepresidente della Repubblica, è stato battuto alle elezioni per il rinnovo delle cariche il 16 ottobre scorso, ed ha dovuto abbandonare per sempre anche quella fetta di potere che gli era rimasta dopo la morte del suo padrone. L'uscita di scena di Blazevic è stata molto più movimentata e si è conclusa ieri con le dimissioni del contestatissimo uomo del calcio che aveva trasformato lo sport in una trincea politica, dapprima dalla parte del regime, e dopo sulla barricata dell'opposizione di estrema destra all'attuale governo di centro-sinistra. Rassegnando le dimissioni, Blazevic sperava forse che queste fossero respinte, avendo ottenuto il reincarico appena 4 giorni addietro. Invece è successo il terremoto: da tutto il paese, giornali e studi radiotelevisivi - peraltro molto ospitali nel concedere interviste al "Ciro nazionale" - sono stati inondati dalle proteste di migliaia di persone stomacate dalle porcherie compiute, come uomo e politico, dal selezionatore della nazionale. L'apice delle proteste è stato raggiunto ieri l'altro nel corso dell'ennesima apparizione televisiva di Blazevic, che poche ore dopo ha annunciato che "avendo perso ogni credito presso il popolo" e trovandosi "in una difficile situazione", nella speranza che con il suo allontanamento dalla scena sportiva "la nazionale di calcio possa rimettersi sulla via dei successi", ha rassegnato definitivamente le dimissioni. Lasciando la nazionale e tutte le squadre di calcio di serie A della Croazia in un mare di pesantissimi debiti.
Forse Blazevic ha creduto di giocare d'astuzia, e non sarebbe la prima volta nella sua lunga carriera, sperando di stemperare la tensione creatasi intorno alla nazionale, ma soprattutto alla sua figura, per rabbonire un'opinione pubblica che gli si è rivoltata contro dopo i deludenti risultati accumulati dopo Francia '98. Sta però di fatto che il gioco non gli è riuscito. Dalla Federcalcio, mentre scriviamo, arriva la notizia ufficiale che "il nuovo selettore sarà scelto entro la fine di novembre". E non sarà il vecchio Ciro.
Nei nove anni in cui è stato alla testa della nazionale croata di calcio, Blazevic ha ottenuto grossi successi sportivi (terzo posto all'ultimo campionato del mondo), ma ha anche punteggiato questo cammino di scandali politici. Forte dell'amicizia personale col "Supremo", con il quale si vedeva o sentiva quasi ogni giorno, minacciava di schiaffeggiare (e talvolta lo ha fatto), di mandare in esilio e di rovinare chiunque avesse detto anche una sola parola contro il suo amico-padrone. Qualsiasi critica alla politica di Tudjman era per lui un tradimento della patria; si faceva forte della protezione di Tudjman soprattutto per evitare di finire sui banchi degli imputati per le ingiurie pesanti che lanciava agli avversari politici. L'ultima, una decina di giorni addietro, l'ha lanciata contro una deputata e presidente di commissione parlamentare, da lui definita "succhiatrice di cazzi e puttana" perché la rappresentante del partito democratico si era permessa di criticare il Ciro "nazionale". Il quale aveva fatto quanto segue: aderendo a una campagna condotta da tre mesi a questa parte dalle forze di estrema destra in Croazia per abbattere il governo di centrosinistra, ha firmato un libello contro i "nuovi comunisti" al potere, inducendo tutti i giocatori della nazionale di calcio a sottoscriverlo, praticamente a congiurare contro il governo. Come se non bastasse, per sfidare il presidente della Repubblica, che due settimane addietro ha cacciato dall'esercito, congedandoli, sette generali in servizio attivo che insieme ad altri cinque generali in pensione avevano tentato una ribellione, Blazevic ha invitato i dodici rivoltosi a presenziare alla partita di calcio della nazionale nella loggia d'onore riservata alle più alte cariche dello Stato, escludendo dall'invito il Capo dello Stato Stipe Mesic. Questi, a sua volta, mentre si giocava la partita (Croazia-Scozia), ha rilasciato un'intervista televisiva per dire che la "dichiarazione per la difesa della dignità della guerra patriottica" come è stato definito il libello firmato dai giocatori della nazionale, era in realtà una dichiarazione di guerra alla democrazia, aggiungendo: "Fino a quando la nazionale croata di calcio sarà rappresentata da Ciro Blazevic, io mi rifiuto di essere ostaggio delle sue azioni; non voglio partecipare alla sua promozione, quindi non presenzierò più alle gare della nazionale".

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