Izetbegovic lascia
Il Tribunale dell'Aja aspetta anche lui?
GIACOMO SCOTTI -
SARAJEVO
Il ritiro di Izetbegovic dalla presidenza della Bosnia-Erzegovina
(dove è stato provvisoriamente sostituito dal connazionale Halid
Genjac) non cambia granché ai vertici di uno stato ancora diviso
in due entità e conuna indipendenza soltanto formale. Non a caso,
alla riunione nella quale il leader bosniaco-musulmano ha
presentato le dimissioni, era presente il vero governatore della
Bosnia, il tedesco Wolfang Petrisch, alto commissario dell'Onu.
Il ritiro di Izetbegovic, tuttavia, potrebbe significare l'inizio
della fine di un potere formale, ma sempre importante, che era e
tuttora è ripartito fra tre partiti etnici; di un potere che
aveva trionfato in Bosnia nel 1990 e che ora invece vacilla.
Perché grosse crepe, oltre che nel partito musulmano, si sono
create nel frattempo anche nel partito nazionale serbo - spaccato
in due formazioni politiche - ed in quello croato frantumato in
quattro fazioni, che comunque minaccia di boicottare le elezioni
dell'11 novembre in Bosnia-Erzegovina. Crepe come conseguenza di
una maturazione democratica dei popoli bosniaci? Certo, per
lunghi anni sembrava impossibile che dalla scena sparissero i
capi indiscussi dei serbi, dei croati e dei musulmani, da
Karadzic a Izetbegovic. Quest'ultimo è il primo statista che, nei
territori dell'ex Jugoslavia, abbia abbandonato il potere di
propria spontanea volontà. Milosevic e Tudjman se ne sono dovuti
andare perché sconfitti dal voto popolare o dalla morte. Ma
escono di scena anche i firmatari della pace di Dayton. Così ora
per qualcuno Izetbegovic rimane il padre della "nazione bosniaca"
musulmana, per altri invece è il principale colpevole della dura
vita "trascorsa in comune" negli ultimi dieci anni. Per i
nazionalisti croati e serbi, egli resta il capo dei
fondamentalisti islamici in Bosnia, mentre molti suoi ex
collaboratori ora dissidenti lo accusano di aver tradito l'idea
di uno Stato bosniaco unitario.
Quest'ultima certamente è un'accusa infondata. Se non ci fosse
stato Izetbegovic la Bosnia non esisterebbe, ci sarebbero Grande
Serbia e Grande Croazia. D'altra parte, però, Izetbegovic ha una
parte di responsabilità nello sfacelo della Jugoslavia, con il
suo cieco odio anticomunista, nutrito dal rancore per gli anni di
prigione, dove finì per i testi nei quali esaltava il
fondamentalismo islamico negli anni Settanta.