Embargo all'Iraq, Amato "distratto"

FABIO ALBERTI*

CONVENZIONE NAZIONALE A ROMA
Embargo all'Iraq, Amato "distratto"
FABIO ALBERTI*

Difficile dire se l'improvviso affollamento del cielo di Baghdad con aerei russi, francesi, giordani, yemeniti, marocchini, di questi giorni, in barba alla "no fly zone" e all'embargo, sia dovuto al petrolio a 37 dollari il barile. Il sospetto è legittimo. L'aumento della produzione petrolifera irachena che deriverebbe da una revoca delle sanzioni economiche potrebbe fare la differenza sul mercato dell'oro nero. E' possibile quindi che i paesi che già da tempo sopportano con fastidio il protrarsi dell'embargo, voluto ormai quasi solo dagli Usa, abbiano deciso di rompere gli indugi. Se così è non ne deriva solo la triste considerazione che il prezzo del barile è più potente della morte di più di un milione di innocenti, ma anche che questo è il momento giusto per sviluppare il massimo di pressione per ottenere che in Iraq non si muoia più per l'embargo. Ed è quel che sta facendo il movimento pacifista americano. Di questo dovremmo essere consapevoli noi tutti. E ne dovrebbe essere consapevole lo stesso Governo italiano e prendere l'iniziativa, se le professioni di contrarietà alle sanzioni, che non sono mancate in questi anni, non sono solo parole di circostanza di fronte ad una tragedia ormai innegabile. L'Italia può, e deve, svolgere un ruolo di punta, ma, forse troppo occupata a giocare il toto-leader, continua a tacere. Il 21 giugno la Camera, anche sotto la pressione delle 30.000 firme della petizione popolare "per la dissociazione unilaterale dall'embargo all'Iraq da parte italiana" consegnate al presidente Violante, aveva assunto una posizione di assoluta avanguardia. Per la prima volta un Parlamento europeo diceva senza possibilità di equivoci che le sanzioni economiche devono essere revocate per motivi umanitari a prescindere dalla vicenda delle ispezioni Onu, impegnava il governo ad agire di conseguenza e lo invitava a relazionare al Parlamento sulle iniziative intraprese entro tre mesi. La risoluzione della Camera infatti chiedeva al Governo tra l'altro di "prendere posizioni esplicite nelle sedi internazionali per pervenire alla revoca dell'embargo", "sbloccare immediatamente i beni iracheni congelati nelle banche italiane", "riaprire entro l'anno l'ambasciata a Baghdad". Purtroppo nulla di concreto ne è seguito. Intanto in Iraq sono morti altri 15.000 bambini. Il prossimo 7 ottobre (ore 14,30) al cinema Quirinetta di Roma si terrà la "convenzione per la dissociazione dall'embargo all'Iraq" che "Un ponte per..." e Comitato Golfo hanno convocato per fare una verifica dello stato di attuazione dell
a risoluzione parlamentare a tre mesi dalla sua approvazione e rilanciare la campagna contro l'embargo in Italia. La convenzione sarà aperta dall'ex responsabile del programma umanitario dell'Onu a Baghdad, Hans von Sponek, dimessosi per protesta lo scorso anno e vedrà la partecipazione delle associazioni pacifiste e di numerosi deputati e senatori. Dovremo essere in tanti. Le prossime settimane potrebbero essere decisive. In modo che l'Italia, mentre dalle capitali di tutto il mondo giungono prese di posizione e concrete iniziative anti-embargo, non sia, ancora una volta, altrove.

* Un ponte per Baghdad

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