Cecil,
il respiro
del piano
D
Il grande pianista african-american chiude il Talos
Festival con un assolo memorabile e con l'Instabile orchestra
MARCELLO LORRAI -
RUVO DI PUGLIA (Bari)
All'impegnativo rendez-vous col pianista, i musicisti
dell'Instabile sono arrivati non soltanto col pungolo di questo
superbo solo (che aveva fra l'altro creato nel palazzetto dello
sport di Ruvo un miracolo di silenzio e attenzione), ma anche
freschi reduci dal trionfo di una settimana prima a Chicago, dove
si erano esibiti in un concerto all'aperto davanti ad oltre
ventimila spettatori. Due bei regali di compleanno per
l'orchestra, che questa estate ha compiuto dieci anni di
attività, doppiamente festeggiati a Ruvo. La penultima delle
cinque serate del Talos, l'Instabile, spavaldamente al galoppo,
ha eseguito la maggior parte dei brani che compongono il nuovo
album Litania sibilante (Enja) più alcuni classici, come
I virtuosi di Noci, diretto per l'occasione dall'autore
Bruno Tommaso che non lavora più abitualmente con l'orchestra, e
Sud di Mario Schiano, con un nervoso sax alto del poeta
Vittorino Curci. Del tutto eccezionale il connubio finale con
Taylor. Niente affatto scontata intanto la disponibilità del
pianista, maturata grazie alla attenta mediazione di Gigi Zanon,
fotografo di jazz e da diversi anni in confidenza con Taylor: il
quale in Europa ha lavorato con orchestre assortite di volta in
volta, ma che fino ad ora non si era mai prestato a prodursi con
una compagine già definita e dotata di una propria precisa
fisionomia. E una sfida non ovvia per l'Instabile, formata in
larga parte da musicisti con vocazione ed esperienze
improvvisative, ma come insieme abituata a lavorare su partiture.
Come suo costume, Taylor ha invece sollecitato l'orchestra con
alcuni canovacci, che nel corso delle prove ha poi arricchito e
modificato sulla base del feedback dei musicisti. Metodo
laborioso, ma che ha una logica e che all'atto pratico ha
funzionato egregiamente. Grazie anche alla sensibiliutà di Taylor
nello stimolare costantemente l'orchestra lungo tutta l'ora della
performance, e alla capacità dei musicisti di rapportarsi anche
ad una musica non scritta nota per nota e di reagire e trovare
soluzioni in tempo reale. Surriscaldate sarabande free, spazi
improvvisativi, aperture delicate, motivi lirici di raccordo che
potevano ricordare certi struggenti passaggi di un capolavoro del
free come Conquistador, e l'impatto materico del suono: la cifra
stilistica di Taylor c'era tutta, ma anche episodi insoliti e di
particolare magia, come una sorta di dialogo fra il pianista
impegnato a pizzicare le corde dello strumento e il violino di
Geremia, e il clamoroso duetto di pianoforti, emerso in manie
ra inattesa, fra Taylor e il bravissimo Petrin. Severo custode
della propria integrità artistica, Taylor non ha nascosto il
proprio gradimento per quest'esperienza, mentre l'Instabile ha
aperto per il futuro una nuova pagina, del resto inscritta nel
suo Dna.