Insolite
musiche
a Palermo
Pratiche "inusuali" del fare musica: quali modalità
musicali possono oggi aspirare a questa qualifica? A buon diritto
per esempio quelle di Scanner, richiesto collaboratore di uno
stuolo di personaggi di varia collocazione, da David Shea a Dj
Spooky, da Derek Jarman a Michael Nyman, da Laurie Anderson a
Brian Ferry. Alla quarta edizione di Curva minore, rassegna sulle
"pratiche inusuali del fare musica", il giovane inglese -
abituato a servirsi di uno scanner di frequenze che permette di
captare le conversazioni dei telefoni cellulari - ha messo sul
suo banco di aggeggi anche un arnese che riesumava l'arcaico
principio di un glorioso proto-strumento elettronico come il
Theremin. Ma con tutta l'acqua che è passata sotto i ponti, si
può ancora pensare di considerare inusuale per esempio la pratica
del pianoforte preparato, di cui è piena da decenni la musica
contemporanea? Sembrerebbe proprio di no.
Alla quarta edizione di Curva Minore, il giovane
Scanner, che ha collaborato
anche con Laurie Anderson, sfodera i suoi mille aggeggi
elettronici.
Sul palco anche Alvin Curran, Sclavis e Gebbia
MARCELLO LORRAI -
PALERMO
Non era dello stesso avviso il noleggiatore del pianoforte
utilizzato da Curva minore, che ha opposto un intransigente
rifiuto a qualsiasi trattamento dello strumento, impedendo così
che il gruppo Talea potesse eseguire Amores di John Cage,
per piano preparato e tre percussionisti: un episodio che se non
fosse assolutamente autentico, in una rassegna dedicata alle
"pratiche inusuali del fare musica" si sarebbe dovuto inventarlo.
Ironicamente, come osservava Alvin Curran, presente al festival,
l'interpretazione del suo For Cornelius, per piano solo,
che ha richiesto ad Oscar Pizzo un uso estremo della tastiera,
poteva essere assai più nocivo per lo strumento della
"preparazione" della cordiera. Dopo una fase in cui il quartetto
di sassofoni ha avuto grande corso nel jazz neroamericano e nel
post-jazz bianco d'oltreoceano ed europeo, ritrovarsi di fronte
questa formula oggi è effettivamente inusuale. A ricordare che
sulla combinazione di quattro sassofoni (che diventano magari
cinque quando per esempio Gianni Gebbia ne imbocca due per volta)
non è ancora stato detto tutto, allo Spasimo ha provveduto il
Nesq, ovvero New European Saxophone Quartet, che è stato
decisamente interessante riascoltare, cresciuto in spessore, a
tre anni dal debutto all'edizione 97 del festival di Mulhouse.
Formato appunto da Gebbia (direttore artistico di Curva Minore
assieme a Lelio Giannetto) con l'ucraino e bulgaro di adozione
Anatoly Vapirov che ne è stato il promotore, e coi lituani Petras
Visniauskas e Vitas Labutis, il Nesq propone una musica lontana
da cliché jazzistici, corroborante nella sua maniera di essere
astratta senza per questo essere cerebrale, basata sull'idea di
una interazione largamente improvvisata che deve però (e ci
riesce con notevole senso del colore e della qualità del suono)
coagularsi in forme definite, quasi fossero composte, grazie ad
una partecipazione dei singoli che è dentro una logica d'insieme.
Inusuale anche la presenza di Louis Sclavis, una delle
personalità più in vista e popolari del jazz europeo: sia perché
il sassofonista e clarinettista francese ha portato allo Spasimo
un nuovo trio, inedito per l'Italia (Vincent Courtois al
violoncello, Francois Merville alla batteria), sia perché la
musica di questa formazione mostra il lato più in ombra e meno
facile di Sclavis, quello di maggiore carattere, più riflessivo e
più in sintonia con la poetica dell'improvvisazione radicale. Tra
le proposte più stimolanti della rassegna, ancora, una suggestiva
sonorizzazione dal vivo del Faust di Murnau con cui si è
cimentata una formazione tutta siciliana. Giorgio Occhipinti
(pianoforte), Miriam Palma (voce e strumenti a percussione),
Maurizio Maiorana (clarinetti, strumenti autocostruiti, voce),
Lelio Gianetto (contrabbasso) e Domenico Sciajno (elettronica)
hanno scelto di misurarsi con il capolavoro del regista tedesco
senza basarsi su una partitura, e sono riusciti a dare vita ad
una colonna sonora aperta ma nello stesso tempo aderente alle
immagini e allo sviluppo dell'azione, al servizio di una visione
rinnovata e moderna della pellicola ma anche dotata di un
temperamento e di una autonomia che reggerebbero benissimo anche
senza immagini.