EDITORIA L
a lettura del bilancio dell'Unità pubblicato sul
manifesto di venerdì mi ha sconvolto: quasi 17 miliardi
la perdita del 1998; 30,5 miliardi quella del 1999. Come è
possibile arrivare a un disastro simile? Possibile che lavoratori
e compagni della redazione non si fossero accorti dello stato
agonico del loro giornale?
I bilanci
parlano
ALFONSO MONACO -
Sono convinto che quando un'azienda attraversa una grave crisi (i
ricavi della produzione dell'Unità tra il '98 e il '99
sono scesi da 46,2 a 35,4 miliardi) non debbano essere i
lavoratori i primi a pagare. Però dal bilancio emerge addirittura
qualche cosa di perverso: il costo del lavoro è salito da un anno
all'altro da 25,5 a quasi 31 miliardi. Perché e soprattutto
quanti lavoratori ci sono in quel giornale? Ho sentito dire circa
150. Questo significa un costo medio del lavoro di quasi 200
milioni a testa. Mi sembra una enormità. Soprattutto se
confrontato con i ricavi della vendita del giornale: poco più di
18,5 miliardi al netto degli abbonamenti. I quali hanno fruttato
5,3 miliardi che corrispondono all'ingrosso a circa 14 mila
abbonati (che non sono pochi). I ricavi delle vendite in edicola
invece credo corrispondano a un venduto medio di poco superiore
alle 40 mila copie.
Non so giudicare se rispetto a queste vendite i ricavi della
pubblicità (poco meno di 10 miliardi) siano adeguati. Se li
confronto con quelli del manifesto (ma perché avete
pubblicato il vostro bilancio il giorno di Ferragosto e senza una
riga di commento?) mi sembrano enormi, visto che voi raggiungete
appena i 2,3 miliardi con un venduto in edicola che non supera le
30 mila copie.
Confrontando il bilancio dell'Unità con quello del
manifesto non esce un quadro consolante: le due testate
insieme non vendevano più di 70-80 mila copie (aggiungendo
Liberazione non si arriva alle 90-100 mila, abbonamenti
compresi). Inevitabile l'esplosione della crisi per l'Unità
. Una crisi soprattutto di costi che renderà, credo,
pesantissimo il sacrificio per i lavoratori nel caso di un
tentativo di rilancio della testata.
Diverso il discorso per il manifesto : i vostri costi
sono ridotti all'osso. Ha del miracoloso che tra il '98 e il '99
il costo del lavoro sia ulteriormente diminuito, scendendo da
oltre 7 miliardi a 5,7 miliardi, mentre i ricavi della produzione
salivano da 16 a 16,7 miliardi. Non ho ricette da suggerirvi,
però ho l'impressione - avendo conservato tutti i bilanci del
manifesto degli ultimi dieci anni - che anche per voi,
nonostante le perdite si siano dimezzate (appena un miliardo nel
'99), la situazione non sia facile.
Questo perché rimangono elevati l'indebitamento e gli oneri
passivi (oltre 2 miliardi); ma anche perché mi sembra che tutto
ciò che era possibile tagliare (a cominciare dal costo del
lavoro) sia stato già tagliato. Sono rimasto impressionato, ad
esempio, dal fatto che lo scorso anno per le agenzie di
informazione abbiate speso solo 206 milioni. Tutto ciò significa,
vista la naturale crescita dei costi - indipendente dalla vostra
volontà -, che la sopravvivenza del manifesto (che
oltretutto non ha editori) sia condizionata a un incremento del
fatturato. Che in primo luogo può e deve essere realizzato con la
pubblicità - quei 2,2 miliardi sono uno scandalo e dimostrano la
discriminazione cui il manifesto è fatto oggetto dalle
imprese.
E poi le vendite. Sarebbero sufficienti credo, 3-4 mila copie in
più per sistemare i vostri conti. Anche se abbonato da sempre non
credo molto al ruolo - non solo per colpa delle poste - degli
abbonamenti: non siete l'Unità , che poteva attingere
alla rete delle sezioni Ds. Credo invece, ma non so giudicarne la
valenza politica, ai numeri speciali, a 20-30 mila lire, che
hanno un significato politico preciso e rappresentano un
messaggio ai lettori. Grazie per quanto seguitate a fare. Una
carezza alla jena.