Medjugorje della discordia
Ogni pomeriggio, alle 17, parte da Trieste un autobus che,
passando per Fiume e percorrendo la costa occidentale
dell'Adriatico fino alle foci del fiume Neretva, s'inoltra verso
l'Erzegovina ed ha per destinazione la borgata di Medjugorje.
Questo nome è sinonimo di un santuario mariano divenuto celebre
negli ultimi vent'anni per le "apparizioni miracolose" della
Madonna e per i "miracoli" compiuti da quella Madonna:
apparizioni e miracoli contestati dalla stessa Santa Sede. E non
per la tradizionale prudenza del Vaticano in queste faccende, ma
semplicemente perché quelle "apparizioni" tanto reclamizzate dai
francescani croati che egemonizzano l'amministrazione di quasi
tutte le parrocchie dell'Erzegovina e dell'intera Bosnia, si sono
dimostrate strumentali, infondate e, soprattutto, sfruttate a
scopo di lucro dai poliglotti e furbi inquilini del convento di
Medjugorje.
Il santuario croato tra "apparizioni" della Madonna e "scomparsa"
di ricercati per crimini di guerra
GIACOMO SCOTTI -
ZAGABRIA
Non a caso fra il pontefice di Roma e il vescovo cattolico della
diocesi di Mostar da una parte e i padri della vasta Provincia
dell'Ordine francescano dell'Erzegovina (ai quali Papa Giovanni
Paolo II rimproverò il peccato della disubbidienza nella sua
seconda visita a Sarajevo) è in atto esattamente da due decenni
una vera e propria guerra, le cui radici affondano però in epoche
lontane. Si è acuita negli ultimi anni per l'aperta ribellione
dei religiosi croato-erzegovesi agli ordini della Santa Sede.
Diversi frati, ai quali era stato vietato di esercitare
ulteriormente la guida pastorale nelle parrocchie erzegovesi,
hanno sfidato il papa con i loro ripetuti "no" e tuttora sono ai
loro posti, apertamente sostenuti, peraltro, dalle forze
neoustascia di quella regione che è stata da sempre il covo dei
nazifascisti croati.
I pellegrinaggi, naturalmente, nulla hanno a che fare con
l'attività tutt'altro che irreprensibile dei religiosi di
Medjugorje, con le loro sedizioni e i loro affari; e tuttavia
qualcosa devono pur aver capito i pellegrini che fino a qualche
anno addietro arrivavano a migliaia ogni giorno da ogni parte del
mondo: qualcosa devono aver pur detto al ritorno nei loro paesi
su quanto visto e conosciuto nel pellegrinaggio. Fatto sta che
oggi dall'autobus che arriva ogni giorno da Trieste scendono sì e
no due-tre pellegrini insieme a più numerosi contrabbandieri. E
pochi sono pure i pellegrini che arrivano qui con le loro auto
dopo aver attraversato l'Adriatico in traghetto. Pochi sono
disposti a mescolare la sincera venerazione per la Madonna con
certi sporchi affari che si volevano fare alle spalle della Madre
di Dio e in nome suo.
Durante la guerra 1992-1995 gli affari si facevano perfino
strumentalizzando certe associazioni umanitarie e diramazioni
della "Charitas" italiane ignare che a manovrarle, in territorio
erzegovese, erano neofascisti e camorristi travestiti da
"umanisti" che strappavano lacrime esibendo orfani, esuli e
catastrofi inesistenti per intascare miliardi con "adozioni a
distanza" e centinaia di camion carichi di aiuti. La regione del
Medjugorje, è stranoto, non è stata nemmeno sfiorata dalla
guerra, ma è stata una base di retrovia per i baroni della guerra
erzegovesi, alcuni dei quali vengono ricercati dagli inquirenti
del Tribunale internazionale dell'Aja per i crimini di guerra
nell'ex Jugoslavia.
La storia di Medjugorje comincia nel giugno del 1981, quando due
ragazzi e quattro ragazze del luogo raccontarono di aver visto la
Madonna. Da quel momento, in strana concomitanza con la crescita
di un movimento politico neofascista organizzatosi per abbattere
il regime comunista jugoslavo, non furono risparmiati mezzi per
reclamizzare le supposte apparizioni della Vergine e migliaia di
pellegrini, anche dall'estero, presero, a riversarsi nel piccolo
villaggio e sulla circostante pietraia carsica. Il villaggio
divenne in pochi anni una cittadina, i contadini del luogo si
trasformarono in ristoratori e albergatori, nacque una vera e
propria industria di oggetti-ricordo, fiumi di denaro presero a
riversarsi nelle casse della parrocchia e del convento; la chiesa
fu restaurata, ampliata, sorsero alberghi, dall'estero arrivarono
anche opere d'arte pittoriche e scultoree, insieme a migliaia di
altri preziosi doni. Fino a quattro-cinque anni addietro - epoca
in cui la presenza dei pellegrini ha subito un calo
impressionante fin quasi a sparire - i pellegrini a Medjugorje,
secondo i calcoli degli amministratori sono stati più di quindici
milioni, nella stragrande maggioranza dall'estero, Italia
meridionale in prima linea. In ogni caso la località di
Medjugorje, "la più croata nella contea croata" dell'Erzegovina,
è diventata la più famosa località della Bosnia nel mondo, più
celebre della stessa Sarajevo e di Mostar.
I religiosi di Medjugorje hanno scritto e pubblicato in diverse
lingue più guide turistiche di quel santuario di quante ne
abbiano pubblicate per l'intera Bosnia-Erzegovina tutte le
agenzie turistiche di quel paese dopo la fine della guerra. Oltre
che dei "miracoli", la più recente guida (aprile 2000) parla del
vino locale che mandò in estasi i romani, il re bosniaco Tvarco
(ovviamente croato) nel 1353 e l'imperatore austriaco Francesco
Giuseppe nel 1886.
Negli anni in cui i pellegrini affollavano Medjugorje, ed erano
in gran parte italiani, furono artisti italiani a inviare le
prime sculture che oggi risaltano lungo la "Via Crucis" sul
sentiero che porta al "monte delle apparizioni". Quindici statue
bronzee raffiguranti i misteri del rosario sono opera di Carmelo
Puzzolo che è anche autore di quindici rilievi pure in bronzo
che, accanto ad altrettante croci linee, tracciano il sentiero
sulla pietraia. Ciascun rilievo pesa 150 chilogrammi. Una
gigantesca tela ad olio raffigurante la "Madonna con i veggenti",
all'interno del santuario è invece del pittore Mainardi.
Finanziatori delle opere furono gli industriali Brazzale e Dalle
Carbonale. Arrivarono da Roma anche le invetriate artistiche,
esattamente quattordici. Porta il segno italiano -in quanto
costruita con marmo bianco di Carrara - pure una statua della
Madonna eretta nel parco antistante la chiesa, opera dello
scultore Dino Felici: ma più che per queste opere d'arte, la
gente di qui ricorda gli italiani per il "Villaggio della Madre"
sorto nei pressi di Medjugorje per accogliere orfani e ragazzi
madri (oggi gli ospiti sono una cinquantina): edifici e
attrezzature sono frutto di donazione italiane, e italiano, sia
pure cittadino svizzero, fu il promotore dell'iniziativa, Mauro
Paris capitato da queste parti ancor prima della guerra.
Nell'ambito del "Villaggio" opera anche la Comunità "Cenacolo"
per il recupero dei tossicodipendenti.