Montenegro sotto tiro
Si moltiplicano gli incidenti con l'esercito federale jugoslavo
G. SC.
Nella città di Niksic un militare ha massacrato di botte tre
pacifici cittadini in un bar; per le vie della stessa città
"sfilano camion pieni di soldati armati fino ai denti che puntano
sui passanti le canne delle mitragliatrici". Nella cittadina di
Berane (già Ivangrad), nel nord del paese, un distaccamento della
polizia militare jugoslava ha occupato la stazione di polizia.
Altri incidenti "nei quali l'esercito jugoslavo dà dimostrazione
della propria forza bruta e incontrollata" si ripetono giorno
dopo giorno.
Nella regione di Niksic l'esercito ha bloccato tutte le strade
che portano alla vicina Erzegovina (Bileca, Gacko) provocando la
reazione della popolazione che ha costruito barricate sulle
strade di accesso usate dagli automezzi militari. Il commercio
fra le regioni contermini dell'Erzegovina e Montenegro da sempre
è stato di vitale importanza per queste popolazioni, che sono
perciò disposte a tutto, anche a fronteggiare l'esercito. Il
quale ha bloccato in questi giorni pure il confine terrestre con
l'Albania, annullando in tal modo un accordo interstatale
stipulato recentemente fra i governi di Podgorica e Tirana per la
piena liberalizzazione del movimento delle merci e delle persone
fra i due paesi.
Qualcosa di simile successe già lo scorso anno sul confine fra
Montenegro e Croazia, ma la contesa allora fu risolta grazie al
cedimento della polizia e della popolazione della regione
litoranea montenegrina. Ora però non c'è alcuna intenzione di
cedimento da parte di nessuno e il Montenegro si trova di fronte
alle più gravi sfide della sua storia recente.
"Siamo al limite della sopportazione", dice il ministro di
polizia del Montenegro Vukasin Maras, definendo a un tempo la
situazione generale del paese. A sua volta un alto funzionario
governativo ha dichiarato che "il nostro popolo, ferito nel suo
orgoglio, considera ormai l'esercito jugoslavo una truppa
straniera", e questo può essere un brutto segnale, potrebbe
essere inteso come un invito a polizia e popolazione ad aprire le
ostilità con i soldati.
Qualche testa calda, in lettere ai giornali locali, propone di
"fare come in Croazia" dove nel '91-'92 i miliziani di Tudjman
(oltre ad assassinii "etnici") tagliarono luce ed acqua alle
caserme. Una delle proposte è stata quella di bloccare caserme e
impianti militari con pesanti macchinari, ma il presidente Milo
Djukanovic lancia continui appelli alla calma e alla temperanza.
Cerca, forse, di guadagnar tempo.