Cosa nostra di Sarajevo

GIACOMO SCOTTI

Cosa nostra di Sarajevo
BOSNIA I giornali vicini al potere denunciano corruzione e mafia
GIACOMO SCOTTI

Due morbi stanno devastando da tempo il tessuto sociale e politico della Bosnia-Erzegovina, la corruzione e la criminalità organizzata. Fenomeni preoccupanti, perché diffusi soprattutto in presenza del protettorato civile e militare internazionale. Corruzione, mafia ed altre forme di criminalità minacciano di frenare o arrestare il processo di pace e, in ogni caso, minano i risultati faticosamente raggiunti nei cinque anni seguiti alla cessazione della guerra nel paese. Malavita e la corruzione hanno messo radici profonde soprattutto sul territorio della Federazione mussulmano-croata, mentre su quello della "Republika Srpska" sono più accentuati i problemi politici e dell'arretramento economico. Qui l'evasione fiscale raggiunge i 136 milioni di dollari, una somma pari al 40 per cento del bilancio statale.
Sfogliando i giornali indipendenti di Sarajevo, ma anche quelli vicini ai partiti che, polemizzando l'uno con l'altro, mettono in luce i panni sporchi, si ricava che all'origine della corruzione stanno esponenti politici di tutte e tre le etnie principali del paese, i quali ostacolano i processi di riforma e di ripristino della legalità, fornendo in tal modo a certe potenze della Nato il pretesto per imporre all'Onu la politica del continuo rinvio del ritiro delle truppe straniere dal paese.
Le catene dei criminali di guerra si sono trasformate in reti politiche inserite nel massiccio contrabbando di tutto, a cominciare dalle armi (che quasi sempre prendono la via dell'Italia); nella tratta delle donne avviate alla prostituzione ed "esportate" in Occidente; nel contrabbando delle automobili rubate, che va in senso contrario e cioè dai paesi occidentali verso la Bosnia e dalla Bosnia verso la Croazia, la Serbia, il Kosovo e l'Albania. Secondo informazioni raccolte a Mostar e Sarajevo, è in funzione anche una catena di mercanti di droga nella quale sarebbero coinvolti funzionari dello stato. Potenti gruppi di criminali sfruttano impunemente e apertamente il mercato della prostituzione all'interno del paese (per i bisogni dei tycoons bosniaci e delle truppe internazionali) importando ragazze dai paesi orientali: Ucraina, Moldavia e Bulgaria in primo luogo. La maggioranza di queste ragazze - si legge su Dnevni ajvaz, giornale musulmano - sono minorenni, che oltretutto sono costrette a prostituirsi per lunghi mesi senza ricevere un soldo, praticamente ridotte in schiavitù.
Anche una parte dei guadagni realizzati dai mercanti di carne umana finisce nelle tasche di funzionari statali. I quali intascherebbero, sotto forma di tangenti, non pochi milioni sottratti ai miliardi stanziati dalla comunità internazionale per la ricostruzione della Bosnia-Erzegovina. E qui siamo in un pantano di corruzione nel quale sono finite anche alcune banche spinte poi al fallimento.

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