Cosa nostra di Sarajevo
BOSNIA I giornali vicini al potere denunciano corruzione e
mafia
GIACOMO SCOTTI
Sfogliando i giornali indipendenti di Sarajevo, ma anche quelli
vicini ai partiti che, polemizzando l'uno con l'altro, mettono in
luce i panni sporchi, si ricava che all'origine della corruzione
stanno esponenti politici di tutte e tre le etnie principali del
paese, i quali ostacolano i processi di riforma e di ripristino
della legalità, fornendo in tal modo a certe potenze della Nato
il pretesto per imporre all'Onu la politica del continuo rinvio
del ritiro delle truppe straniere dal paese.
Le catene dei criminali di guerra si sono trasformate in reti
politiche inserite nel massiccio contrabbando di tutto, a
cominciare dalle armi (che quasi sempre prendono la via
dell'Italia); nella tratta delle donne avviate alla prostituzione
ed "esportate" in Occidente; nel contrabbando delle automobili
rubate, che va in senso contrario e cioè dai paesi occidentali
verso la Bosnia e dalla Bosnia verso la Croazia, la Serbia, il
Kosovo e l'Albania. Secondo informazioni raccolte a Mostar e
Sarajevo, è in funzione anche una catena di mercanti di droga
nella quale sarebbero coinvolti funzionari dello stato. Potenti
gruppi di criminali sfruttano impunemente e apertamente il
mercato della prostituzione all'interno del paese (per i bisogni
dei tycoons bosniaci e delle truppe internazionali) importando
ragazze dai paesi orientali: Ucraina, Moldavia e Bulgaria in
primo luogo. La maggioranza di queste ragazze - si legge su
Dnevni ajvaz, giornale musulmano - sono minorenni, che
oltretutto sono costrette a prostituirsi per lunghi mesi senza
ricevere un soldo, praticamente ridotte in schiavitù.
Anche una parte dei guadagni realizzati dai mercanti di carne
umana finisce nelle tasche di funzionari statali. I quali
intascherebbero, sotto forma di tangenti, non pochi milioni
sottratti ai miliardi stanziati dalla comunità internazionale per
la ricostruzione della Bosnia-Erzegovina. E qui siamo in un
pantano di corruzione nel quale sono finite anche alcune banche
spinte poi al fallimento.