Il folklore come pane quotidiano

MARCELLO LORRAI - MILANO

Il folklore come pane quotidiano
La cantante argentina Mercedes Sosa in un recital a Milano parla della sua vita
MARCELLO LORRAI - MILANO

"Essendo nata in una regione come quella di Tucuman, ovviamente il folclore è come il pane quotidiano. Ma il fatto è - racconta Mercedes Sosa presentando la sua tournée italiana, la prima da sei anni - che l'esilio per me ha significato una carriera molto internazionale. Così per esempio ho cantanto con artisti brasiliani come Chico Buarque, Milton Nascimento, Caetano Veloso, e poi con Pablo Milanes, con Raimundo Fagner, con tanti altri. In questa tappa della mia vita sono una cacciatrice di canzoni: amo il folclore, ma non ho pregiudizi".
Fra i brani che la cantante argentina, sessantacinque anni compiuti da una decina di giorni, ha inserito nel proprio repertorio c'è anche Povera patria di Franco Battiato: "una bellissima canzone - annuncia con entusiasmo in concerto - che canterò a modo mio". "Mi innamoro prima della musica, della melodia, che delle parole", diceva qualche giorno prima in una conferenza stampa, spiegando i suoi criteri di scelta. Ma di Povera patria certamente deve averla colpita anche il testo.
Mercedes la canta rimaneggiandola in spagnolo: "i governanti sono inutili buffoni, in un paese che sta sanguinando di dolore... che non si parli più di dittatura". Di dittatura Mercedes Sosa la sa lunga. Ma torna soprattutto all'esilio a cui fu costretta dopo essere stata arrestata, nel '79 a La Plata, nel bel mezzo di un concerto.
All'onda lunga del trauma della lontananza, vissuto in solitudine, già vedova e senza il conforto di affetti familiari, Mercedes attribuisce l'infermità che l'ha poi costretta a letto per mesi nel ' 97, quando ha temuto per la propria vita. "Provengo da una famiglia cattolica, ma se non da Dio, mi ero allontanata dalla chiesa: questa esperienza mi ha riavvicinato alla religione. Ho cominciato a riprendermi nel febbraio del '98 e nel maggio ho iniziato a lavorare all'incisione della Missa Criolla. E' straordinario che questo disco abbia già venduto tanto in Argentina, e abbia appena ottenuto la segnalazione del Grammy latino come miglior disco di folclore. E' un miracolo, perché non c'è marketing sulla musica folclorica, che esiste solo grazie all'appoggio che ha dalla gente".
Accompagnata da una piccola formazione composta da chitarra, tastiere, basso e percussioni, Mercedes Sosa canta seduta o volteggia per il palco sprizzando buon umore. Nel recital di uno dei simboli dell'America latina democratica non può mancare naturalmente Gracias a la vida di Violeta Parra.
Sempre legata alla storia e alla cultura indigene come elementi essenziali dell'identità del continente, Mercedes rende omaggio all'amato Atahualpa Yupanqui con Los hermanos ("Ho così tanti fratelli che non li posso contare; e ho una sorella bellissima che si chiama libertà"). Ma nella sua eclettica esibizione c'è spazio anche per Quando estas solo di Charly Garcia, una delle più popolari rockstar argentine, per il Coraçao vagabundo di Caetano Veloso, e per una versione un po' impacciata e non proprio memorabile di Caruso di Dalla, già interpretata lo scorso anno in duetto con Pavarotti.
Più che pathos, un gioviale vitalismo, un candido desiderio di essere col proprio pubblico. Di fronte, una platea in cui sventolano le bandiere e bandierine bianche e azzurre della numerosa comunità argentina, presente in forze, e latinoamericana di Milano: d'accordo con le parole della canzone d'avvio dell'esibizione: "un popolo che canta ha sempre un futuro". La tournée di Mercedes Sosa continua questa sera a Torino (Palazzo Reale di Stupinigi), domani a Parma, il 21 ad Arezzo, il 23 a Fano, il 24 a Roma.

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