Zanussi, il fronte del no al lavoro a chiamata

PAOLO CACCIARI

Zanussi, il fronte del no al lavoro a chiamata
Il 18 si vota sul contratto integrativo. Fiom e Rifondazione contro la nuova schiavitù industriale
PAOLO CACCIARI

Si stanno svolgendo le assemblee dei 13 mila lavoratori del gruppo Zanussi sull' ipotesi di contratto integrativo che prevede anche la novità del "lavoro a chiamata": un part-time ridotto e saltuario con possibilità di chiamata al di fuori dell'orario di lavoro contrattuale. Un minimo di ore garantite all'anno in cambio della disponibilità a lavorare quando l'azienda lo chiede con preavviso di poche ore. Una forma di "nuova schiavitù industriale" bocciata dalla Fiom, ma appoggiata dalla maggioranza dei delegati degli altri sindacati che vedono negli aumenti di produttività concessi dall'azienda un valido tornaconto. Il 18 si svolgeranno i referendum in tutte le sedi del gruppo. Oggi Rifondazione sarà presente con presidi di fronte ai cancelli per spiegare le ragioni del No.
Con il "job on call" siamo alla apoteosi della modernità e della flessibilità totale. Come per i campioni del calcio: la società ti ingaggia e ti fa giocare quando gli serve. Ma alla Zanussi l'inclusione nell'elenco dei potenziali lavoratori saltuari, la disponibilità non è retribuita. Del resto i sociologi del management della multinazionale avranno pensato che per una o per un giovane dovrebbe essere già un onore l'inclusione negli elenchi dei potenziali lavoratori. Nel mare del lavoro nero, del precariato delle fabbrichette diffuse, potrebbe essere prestigioso poter aspirare un giorno ad indossare la casacca (la tuta) della Elettrolux. Tutti in coda, quindi.
Un tempo, ricordo bene, alla Compagnia dei lavoratori portuali di Venezia c'erano le "sale chiamate". I cooperatori si sceglievano il lavoro per primi, valutando il tipo di merce da stipare o scaricare dalle stive delle navi giunte in porto, poi venivano agli avventizi. Infine toccava ai giornalieri. Se c'era abbastanza lavoro lavoravano, se non c'era tornavano il giorno dopo. Nei campi, invece, - è noto - i braccianti andavano la mattina prestissimo nella piazza del paese e lì la chiamata la facevano i "caporali" degli agrari. Ma erano altri tempi; ora c'è il telefono. Poi però i portuali fecero la indimenticabile autoriforma del "pignaton unico" e con le sale chiamate sparirono anche odiose discriminazioni.
Ma queste sono memorie di vecchi che non interessano più nessuno. Il "job on call" è tutta altra cosa. Come ci spiegano gli esperti del mercato del lavoro, queste moderne forme di contratto (della famiglia "a tempo indeterminato", interinale, part-time a chiamata al di fuori dell'orario contrattuale e via destrutturando le forme giuridiche tradizionali del lavoro dipenmdente) vanno incontro alle esigenze personali delle donne che - come si sa -un lavoro ce l'hanno già, degli studenti, degli anziani-giovani (molti sono i prepensionati, gli esuberi espulsi da lavorazioni obsolete, operai rimasti privi di qualificazione) e persino degli extracomunitari, cui per ottenere un permesso di soggiorno può bastare un contrattino di part-time saltuario.
I maschi bianchi giovani oramai sono una merce introvabile nel Nordest. A guadagnarci è anche la "lotta al lavoro nero" - ci spiegano all'Agenzia per il lavoro della regione -; non ci sarebbe, infatti, più alcuna convenienza a non denunciare l'utilizzo di mano d'opera precaria. Non ci troviamo di fronte ad aziende finalizzate alla ricerca del massimo profitto, ma ad imprese che lavorano per il benessere generale. Propongo quindi di dichiararci "tutti della Zanussi", o di una qualsiasi altra Corporation di nostro gradimento e - nell'attesa di essere chiamati ad onorare l'ingaggio - di chiedere al governo un reddito sociale minimo, ma dignitoso, un salario, una paga, un assegno... fate voi, capace però -nell'attesa di un lavoro vero - di farci sopravvivere dignitosamente 12 mesi l'anno, donne e giovani compresi.

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