Cambia la carta del Supremo La riforma costituzionale è il punto caldo che sta provocando
conflitto all'interno della coalizione dei sei partiti di
centrosinistra che da sei mesi guida la Croazia dopo un decennio
di oscurantismo nazionalistico e di regime filofascista. Anche su
altre questioni la convivenza non è precisamente idilliaca, ma
sui contenuti della riforma lo scontro investe direttamente il
capo del governo Ivica Racan e il presidente della repubblica
Stipe Mesic.
Avviata nel parlamento croato la riforma della costituzione
tudjmaniana
GIACOMO SCOTTI -
ZAGABRIA
Attraverso la nuova Costituzione, sia Racan che Mesic vogliono
traghettare il paese da un regime presidenziale a una democrazia
parlamentare, ma sulle singole modifiche l'accordo appare
difficile. Positivo resta il fatto che da ieri l'altro il governo
nella sua collegialità ha finalmente affrontato la questione in
sede ufficiale, avviando il dibattito sulle modifiche da
apportare alla Carta, che si svilupperà successivamente in
Parlamento.
L'unico punto sul quale i pareri convergono riguarda i poteri del
capo dello stato quale comandante supremo delle forze armate:
resteranno immutati. C'è accordo anche sulla necessità che il
presidente della repubblica sia uno degli artefici, insieme al
governo, della politica estera. Il governo respinge invece altre
proposte avanzate da una commissione di esperti
costituzionalisti, insediata dal presidente Mesic qualche mese
addietro. Il primo "no" è stato opposto al progetto di abolire la
Camera delle Contee (nella quale tuttora hanno la maggioranza i
"senatori" scelti a suo tempo personalmente da Tudjman e quelli
eletti nelle liste del partito-regime). Altri contrasti
riguardano le responsabilità del governo verso il parlamento e
verso il capo dello Stato.
Ieri, comunque, il governo ha deciso unanimemente di accorpare le
proposte della propria commissione e di quella della presidenza
della repubblica, redigendo un unico documento da inviare in
pochi giorni alla Camera dei deputati. Contemporaneamente, il
presidente del parlamento ha convocato una seduta straordinaria
estiva per il 12 luglio che si protrarrà per una settimana;
l'iter parlamentare del dibattito sugli emendamenti
costituzionali riprenderà poi, e si concluderà, in autunno, in
sessione ordinaria, con il varo della nuova Costituzione.
Da dichiarazioni fatte dal ministro della Giustizia e degli Enti
locali, Stjepan Ivanisevic, che presiede la commissione
governativa per le modifiche costituzionali, quelle di maggior
rilievo toccheranno l'assetto del potere statale. Ferma restando
l'elezione diretta, popolare, del capo dello Stato, nel nuovo
sistema il governo risponderà in tutto e per tutto al parlamento,
ma avrà anche la possibilità di proporne lo scioglimento
anticipato al capo dello stato. Così si raggiunge un equilibrio -
sostiene Ivanisevic - tra potere legislativo ed esecutivo. Il
presidente della repubblica avrebbe un marcato potere
d'iniziativa, collaborando però strettamente con il capo del
governo e il presidente del parlamento: per le decisioni
importanti dovrà ottenere il consenso di entrambi.
In sintesi, le proposte mirano al rafforzamento del ruolo e delle
responsabilità dell'esecutivo in politica interna ed estera; e
altresì al rafforzamento delle competenze del parlamento e dei
meccanismi di controllo parlamentare (anche attraverso
interpellanze) sulle forze armate e sui servizi di sicurezza.
Forze e servizi che restano sotto l'autorità primaria del capo
dello stato.
Quanto alla questione delle "minoranze", se prima difettava
perfino la normativa, oppure era discriminante, ora ci sono due
leggi già varate dal parlamento - sul funzionamento delle scuole
e il diritto all'istruzione nella loro lingua dei gruppi
nazionali minoritari, e sulla parità delle lingue delle minoranze
-, e non resta che applicarle, anche nel rispetto dell'Accordo
interstatale sulle minoranze firmato a Roma due anni fa ma
rimasto lettera morta.
Per il nuovo governo croato, dimostrare la volontà politica di
rispettare gli impegni presi è anche l'occasione per migliorare i
rapporti con i vicini, in primo luogo con l'Italia che può
trainare la Croazia nella Ue. La stessa democraticità
dell'esecutivo, sarà misurata anche col metro dei diritti di cui
godranno nella prassi quotidiana e non solo sulla carta, la
minoranza italiana nella regione istro-quarnerina e tutte le
altre minoranze in Croazia. Ed è per altro interesse del governo
garantirsi l'appoggio delle comunità minoritarie, già ostili al
precedente regime filofascista: minoranze soddisfatte della
propria posizione, non mancheranno di contribuire alla stabilità
interna, e allo sviluppo dei rapporti internazionali, cominciando
dai paesi vicini - il che vale soprattutto per gli italiani, gli
ungheresi e i serbi.