Sanzioni sulla Croazia, minaccia il Tribunale

GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Sanzioni sulla Croazia, minaccia il Tribunale
CRIMINI DI GUERRA L'Aja: il governo di Zagabria non collabora
GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Non è vero che la Croazia post-tudjmaniana sia diventata in pochi mesi un paese idilliaco - parliamo di democrazia. A mettere in dubbio il quadro roseo ha pensato Graham Blewitt, sostituto procuratore del Tribunale internazionale per i crimini di guerra: il quale, insieme al suo capo Carla Del Ponte, sta compiendo un giro nell'ex Jugoslavia.
Il pomo della discordia nei rapporti fra Zagabria e il tribunale - ha detto Belwitt a un giornale bosniaco - restano i documenti sugli orrori avvenuti in Croazia - vittime le popolazioni di etnia serba e i loro beni - dopo l'operazione militare "Tempesta" nella Krajina. Il governo croato, che pure ha consegnato molti documenti negli ultimi due mesi, non mostra eccessiva buona volontà quando si tratta di fornire quelli più scottanti, quasi che volesse sostenere la tesi - che già fu di Tudjman - secondo cui massacri incendi e saccheggi compiuti anche e soprattutto dopo l'agosto 1995 non dovrebbero essere considerati crimini di guerra, perché a quell'epoca la guerra era cessata.
E invece no, la regione era ancor sempre occupata da truppe e corpi di polizia croati; sotto gli occhi di quelle truppe, spesso con la loro connivenza, avvennero e si protrassero per lunghi mesi i più efferati delitti; tra i criminali molti portavano l'uniforme. E fino a quando Zagabria non dimostrerà nei fatti, e non solo a parole, di voler collaborare con l'Aja così come si è impegnata firmando un apposito trattato e varando una legge speciale, il Tribunale internazionale non ritirerà la sua richiesta presentata (per ora congelata) presso il Consiglio di sicurezza dell'Onu di imporre sanzioni politiche-economiche contro il paese balcanico.
Negli ambienti del Tribunale non è passata inosservata, fra l'altro, una "visita di solidarietà" compiuta dal ministro croato di grazia e giustizia, Stjepan Ivanisevic, ai detenuti erzegovesi e bosniaci di etnia croata, rinchiusi nelle carceri del tribunale dell'Aja in attesa di processo per i crimini di guerra di cui sono accusati. La "nuova" Croazia post-tudjmaniana continua a svenarsi per pagare i lauti onorari degli avvocati difensori di questi criminali e continua ad aiutare finanziariamente le loro famiglie in Bosnia.
Nell'occasione della visita - ironia della sorte - il più fascista tra i fascisti di quel carcere, il malfamato Mladen Naletilic Tuta, si è rifiutato di vedere il ministro dicendo di essere "occupato a giocare a pallavolo". E pensare che per tre anni Tudjman aveva negato la sua estradizione, tenendolo al riparo in un ospedale di Zagabria, e i medici del regime affermavano che se veniva mandato all'Aja poteva morire nel corso del viaggio, tanto precarie erano le sue condizioni. Ora il "morente" gioca a pallavolo e dà schiaffi metaforici al ministro di un governo che, pur essendo di centro-sinistra, paga gli avvocati che lo difendono.
Commentando la situazione, alcuni giornali croati scrivono che il governo post-tudjmaniano, in nome della democrazia, sta dando troppo spazio agli squadristi in camicia nera e ai quattro gatti di politici che li rappresentano in parlamento, quasi ne avesse paura, sicché preferisce annacquare la questione dei crimini di guerra per "evitare nuovi conflitti" nel paese, fino a stendere un manto pietoso sugli stessi criminali rimasti in Croazia ed annidati soprattutto fra gli altri gradi dell'esercito.
A complicare le cose sono alcuni ministri e deputati della coalizione di centro-sinistra, precisamente quelli targati Hsls, il partito dei liberali di destra che alle elezioni di gennaio fece lista unica con i socialdemocratici e ora gestisce, fra l'altro, le forze armate. Questi liberali, e con essi una parte dei socialdemocratici, si fanno paladini degli "interessi nazionali", contrabbandando come tali anche certe nostalgie della destra nera.

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