I nemici del popolo

EDOARDA MASI

I nemici del popolo
Il Wto si fonda su una connivenza tra potenze del nord e classi dirigenti e privilegiate del sud (Cina inclusa). E aumenta squilibri, povertà e marginalità alla periferia dell'impero cinese
EDOARDA MASI


L a stampa economica e quella specializzata in questioni asiatiche hanno dedicato molto spazio all'imminente ingresso della Cina nel Wto (Organizzazione mondiale del commercio). Il governo cinese da tempo sta lavorando per questo fine, che secondo le previsioni più ottimistiche dovrebbe essere raggiunto nei primi mesi del prossimo anno. E' necessario che preliminarmente siano stati firmati trattati commerciali bilaterali con quelli che ne facciano richiesta fra gli attuali 134 membri. Gli ostacoli più grossi sono stati superati nell'ultimo anno, firmando accordi con gli Usa, nel novembre del 1999, e più di recente con l'Unione europea, il 19 maggio scorso. Ora alla Cina restano da superare solo le trattative con Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Messico e Svizzera. L'intesa con gli Usa ha avuto una coda tormentata che tuttavia è stata anch'essa in parte recisa. Il 24 maggio la Camera dei rappresentanti Usa, con una maggioranza superiore al previsto, ha votato il suo consenso al Pntr (permanenti rapporti commerciali normali) con la Cina, che ha normalizzato il commercio tra i due paesi, spazzando via la ratifica del Congresso cui ogni anno Pechino doveva sottostare per la concessione della clausola di "nazione più favorita". Perché il Pntr divenga definitivo manca ancora il voto, imminente, del Senato Usa, la cui approvazione sembra tuttavia scontata. Gli accordi bilaterali saranno poi sottoposti al Wto e riuniti in un unico sistema doganale, secondo il criterio della "nazione più favorita": le migliori concessioni fatte dalla Cina a uno dei membri verranno estese a tutti gli altri.
Entro tre anni la Cina dovrà tagliare i dazi sulle importazioni dalla media attuale del 24% al 9% (in agricoltura, dal 31% al 14,5%); eliminare le quote e le licenze per l'importazione; aprire per intero la distribuzione commerciale al dettaglio alle imprese straniere e il mercato alle compagnie straniere di telecomunicazioni; consentire il credito delle banche straniere in valuta cinese (entro due anni alle imprese, entro cinque agli individui); entro tre anni anche le compagnie di assicurazioni straniere potranno operare liberamente a Shanghai e nel Guangdong. E sottostare a tutte le direttive del Wto, come ogni altro membro.
I cittadini di un paese come il nostro, che del Wto è già membro, se hanno un minimo di consapevolezza sono in grado di intendere che cosa significherà per la maggioranza dei cinesi una simile evoluzione. (Anche categorie finora relativamente privilegiate, come i 100 milioni di dipendenti da imprese statali, sono in stato di grave allarme). In cambio, le concessioni dell'Ue e degli Usa alla Cina sono praticamente zero. Va considerato infatti che le pressioni per la conclusione di questi accordi sono state tutte da parte cinese. Ai fini dell'aumento degli investimenti, e anche dell'evoluzione verso maggiore efficienza, produttività e crescita delle imprese nazionali sotto il pungolo della concorrenza, l'ingresso nel Wto è considerato altamente vantaggioso dai dirigenti. I quali stanno poi predisponendo l'organizzazione di gruppi di partito nelle imprese private: non alla maniera tradizionale là dove i lavoratori non hanno il potere (sezioni e cellule in funzione difensiva verso i padroni), ma come collaboratori e controllori della dirigenza aziendale, in una sorta di evoluzione dei metodi di controllo propri del socialismo burocratico, inseriti in un contesto di privatizzazione e liberalizzazione estrema.
Negli ambienti economici e politici in Europa c'è una certa unanimità a favore dell'apertura commerciale alla Cina (o meglio, della Cina). Non così negli Stati uniti, anche se i favorevoli hanno ottenuto la maggioranza al Congresso. Gli oppositori comprendono: la parte più conservatrice dei repubblicani, le associazioni per la difesa dei diritti umani, i sindacati, la Cia. Tutti hanno in comune la medesima considerazione dei propri interessi (vuoi in Europa vuoi negli Usa); ma nella crescita del capitalismo, in qualunque luogo, gli uni vedono la via migliore per inglobare ogni paese nella struttura mondiale di dominio; gli altri ritengono che favorirla in un gigante come la Cina costituisca un grave rischio. (Una variante europea può darsi nella ricerca di un contrappeso all'eccesso di potere Usa). Le motivazioni addotte ad uso del grande pubblico sono strumentali (la più attiva nel fornire documentazione sulle violazioni dei diritti umani da parte delle autorità cinesi è la Cia).
Esiste un certo numero di persone che si definiscono "amici della Cina" - non per motivati interessi culturali ma per simpatia politica per quel paese preso nel suo complesso. Questo orientamento per un verso ha origini storiche, deriva dallo spirito di solidarietà (socialista, comunista) nei confronti di un popolo di contadini che attraverso una lunga e grande rivoluzione si erano conquistati il potere politico: per cui dire "Cina" equivaleva a dire "classi già subalterne ora al potere in Cina". Per un altro verso "l'amicizia per la Cina" è un atteggiamento di apertura illuminata e democratica di chi, cittadino del felice "Nord", riconosce le colpe del colonialismo e, per così dire, parteggia per l'emancipazione e lo sviluppo del "Sud". E nella specie, per il più grande dei paesi del Sud. I due atteggiamenti spesso si confondono nella coscienza degli individui (e le stesse dirigenze cinesi hanno fatto non poco per confonderli) ma è importante fare la distinzione. Infatti nel primo caso si tratta di solidarietà basata sulla lotta comune contro il dominio del capitale. Nel secondo caso, parteggiare per l'emancipazione e lo sviluppo significa quasi sempre l'auspicio della ripetizione nel Sud dell'evoluzione capitalistica del Nord, fino alla graduale scomparsa di ogni differenza attraverso la trasformazione del Sud in un Nord. (Negli Usa anche questa tendenza ha un'origine storica: deriva dalle speranze dei primi anni Trenta in un New deal che modificasse senza eliminarlo il sistema di comando del capitale a favore dei più deboli all'interno dei singoli paesi e nel mondo. Non è un caso se nel passato i maggiori "amici della Cina" di questo tipo sono stati grandi giornalisti dell'era rooseveltiana).Gli "amici della Cina" a motivo della militanza socialista o comunista, fino a una ventina di anni fa potevano avere qualche ragione, anche se già allora appariva improprio e perfino leggermente ipocrita riferirsi alla nazione cinese, tutt'altro che omogenea nella sua composizione sociale e negli indirizzi politici, e percorsa da lotte di classe drammaticamente complesse. Ma oggi è sempre più evidente il vicolo cieco nel quale le politiche del Nord stanno portando la maggioranza delle stesse popolazioni del Nord (e l'umanità in generale), come pure la connivenza delle classi dirigenti e privilegiate del Sud (Cina inclusa) con il peggio di quelle politiche distruttive, che varcano ormai i limiti del tollerabile nella polarizzazione fra ricchezza-privilegio e povertà-destituzione. Parlare di "Cina" nel
suo complesso per intendere "classi già subalterne ora al potere in Cina" suonerebbe come uno scherzo amaro, paradossalmente si riproduce e si estende anche fra il cosiddetto popolo di sinistra l'amichevole auspicio che la Cina partecipi come entità nazionale, con un rapido "sviluppo", alle magnifiche sorti del Nord.
Delle reali condizioni della maggioranza dei cinesi, per quanto deformata, dispersa e soffocata fra la massa delle notizie, qualche informazione arriva anche sulla nostra stampa. Anche se di rado e molto fra parentesi, in Italia, sugli aspetti più clamorosi. Un solo esempio. Negli ultimi vent'anni il prodotto interno lordo è cresciuto in Cina del 583%. Calcolando l'aumento della popolazione nello stesso periodo, il tenore di vita medio è migliorato del 422%. Nello stesso periodo, da 100 a 150 milioni di persone espulse dalla terra sono tornate a formare il "popolo vagabondo" - una piaga degli anni Venti-Quaranta che la Repubblica popolare aveva sanato. Molti di questi "marginali" si accampano alla periferia delle città e si arrangiano con lavori precari sottopagati. Quando non si spostano le intere famiglie, le donne rimaste in campagna stentano a far fronte da sole al carico di lavoro e a sopravvivere - le statistiche rivelano un aumento dei suicidi femminili. Gli individui appartenenti al "popolo vagabondo", al pari degli altri cittadini, non hanno diritto di risiedere lontano dal loro distretto di origine. Fuori di questo, hanno bisogno almeno di un permesso temporaneo rilasciato dalla polizia (in alcune località da rinnovare mensilmente), di un permesso di lavoro rilasciato dall'ufficio locale del lavoro, e di una autorizzazione a prendere in affitto un alloggio. Il sistema di permessi varia da città a città. Chi è colto senza permessi può essere arrestato e trattenuto in centri di detenzione temporanea, autorizzati con un decreto del Consiglio di stato del 1982. Si tratta di una detenzione di carattere amministrativo, definita non punitiva e finalizzata al rimpatrio nella località d'origine. Questo non sempre è possibile e il soggiorno nei centri è in pratica di durata indefinita, data anche la larga discrezionalità nella loro gestione. In alcune province esiste un sistema complesso di stazioni di sosta temporanea e campi all'esterno delle città. Questi detenuti (non condannati e neppure imputati di qualche reato) devono lavorare per provvedere al proprio mantenimento, e possono essere rilasciati dietro pagamento di una somma non irrilevante. Si calcola che il numero delle persone così trattenute - una sorta di sans papiers all'interno della stessa nazionalità e cittadinanza - si aggiri intorno ai due milioni l'anno.
L'informazione su fatti come questi può aiutare a far cadere i variopinti legami che mascherano, con l'attacco ai "diversi" per etnia e nazionalità, la logica con cui il comune sistema socio-economico (e politico) penalizza duramente e in gran numero i più deboli e ne fa degli emarginati: in Cina come in Italia. E può forse far capire che quanti oggi desiderano accogliere nel Wto la classe dominante cinese e quanti vogliono escluderla sono ugualmente nemici del popolo cinese - oltre che di ogni altro popolo.

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