Caccia grossa in Croazia

GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Caccia grossa in Croazia
ZAGABRIA Saranno processati cinque capi militari responsabili di strage in Bosnia
GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Pasko Ljubicic, Ante Sliskovic, Miroslav Bralo, Vlado Cosic e Vlado Kojic, rispettivamente colonnelli e maggiori dell'esercito croato, i cinque criminali di guerra che, stando ai documenti venuti alla luce dagli archivi dei servizi segreti del defunto Franjo Tudjman, furono i diretti responsabili della strage di Ahmici, nella valle del Lasva in Bosnia saranno processati in Croazia.
Così ha deciso Carla Del Ponte, procuratore capo del Tribunale internazionale dell'Aja, esprimendo al governo croato una fiducia che fu negata all'epoca della dittatura tudjmaniana. La signora Del Ponte ha chiesto al premier Racan che nelle aule dei tribunali croati vengano finalmente processati, oltre ai cinque, tutti coloro - e sono centinaia - che presero parte agli assassinii, agli incendi e saccheggi compiuti nei territori della "Krajine" durante e dopo le "spedizioni" ed "operazioni" del 1991, 1993 e 1995. Carla Del Ponte è rimasta solo poche ore a Zagabria, dove si è precipitata qualche giorno addietro, dopo la scoperta dei documenti che gettano nuova luce sul massacro compiuto il 16 aprile 1993, giorno in cui i miliziani della cosiddetta "polizia militare" e dei "reparti speciali" dell'Hvo, l'esercito croato della Bosnia-Erzegovina, trucidarono 116 civili musulmani, fra cui un neonato di sette mesi.
I capi di quei reparti, i famosi cinque, si nascondono da sette anni in Croazia sotto falso nome e con carte d'identità false fornite loro per ordine del defunto "Supremo" dal suo figlio Miroslav Tudjman, all'epoca capo dei servizi segreti His e da Gjurgja Susak, che aveva posto la consorte, con il consenso di Franjo Tudjman, alla testa dei servizi segreti dell'esercito croato.
C'è da sperare che, oltre ai cinque di Ahmici, vengano presto arrestati e processati anche Tudjman jr e la vedova del defunto ministro, resosi celebre in vita per i suoi saluti fascisti e per aver assunto la leadership politica dei neoustascia. Perché non si può permettere che circolino impuniti coloro che, proteggendo gli assassini e continuando tuttora a coprirli (i cinque si nascondono ancora sempre sotto la copertura dei loro padrini, sicché è difficile individuarli e arrestarli) sono loro complici e correi.
All'Aja, mentre a Zagabria venivano alla luce i nomi dei mostri di Ahmici ancora in libertà, il giovane ventenne bosniaco Adnan Zec che aveva tredici anni all'epoca della strage, ha raccontato ai giudici del Tribunale internazionale le ultime ore di vita di suo padre, sua madre e della sorella Alisa di undici anni che furono trucidati davanti ai suoi occhi in quel tragico aprile di sette anni addietro.
Verso le 5 del mattino i genitori irruppero nella camera dei due ragazzi ordinando loro di vestirsi subito e di scappare perché la casa stava bruciando. Fuori si udivano spari e detonazioni. Mentre fuggiva, Adnan fu fermato da un gruppo di miliziani croati. Cercò di tornare indietro, ma, raggiunto da un proiettile, cadde a terra.
"Il soldato che mi aveva sparato, ordinò agli altri che stavano con lui di uccidere anche mio padre e mia madre. Lo ripeté tre volte: 'Uccidi, uccidi, uccidi!'. Mio padre teneva per mano mia sorella più piccola, Melisa di nove mesi. Papà allora disse al comandante di quel gruppo di soldati: 'Ammazzate me, ma lasciate in vita mia moglie e i bambini...'. Invece quelli aprirono subito il fuoco e uccisero mio padre e Alisa. Poi fu uccisa mia madre. Anche Melisa cadde a terra. Quando ripresi coscienza, intorno a me non vidi più alcun soldato. Il sangue continuava a uscire dalla ferita, ma ero vivo. Vidi per terra i corpi esanimi dei miei genitori e di Alisa, ma Melisa non c'era più. Seppi più tardi che un nostro vicino, Elvir Ahmic, salvatosi dall'eccidio insieme alla sorella, aveva trovato Melisa accanto al corpo della mamma, sembrava che dormisse. Era viva e la portarono via con loro".
Il testimone ha detto di ricordare benissimo: gli assassini portavano le uniformi e i distintivi dell'esercito croato.
A questa e ad altre testimonianze fornite ai giudici dell'Aja su quel massacro si aggiungono le deposizioni di 50 persone presentatesi nei mesi scorsi al processo contro il generale croato Tiham Blaskic condannato a 45 anni di carcere quale comandante del settore operativo della Bosnia centrale e superiore diretto degli ufficiali macchiatisi del sangue innocente dei civili. Infine presso la Procura di Zenica (Bosnia) sono depositate le testimonianze di numerosi altri superstiti della strage di Ahmici. Il governo croato non deve fare altro che raccogliere anche questi documenti e dare inizio subito alla caccia dei mostri in libertà. Purtroppo, almeno finora, oltre alle promesse fatte a Carla Del Ponte, le nuove autorità croate non si sono date molto da fare nella giusta direzione.
Si è poi saputo che, oltre a un "Reparto per i compiti speciali" i cui uomini erano denominati "Jockers" e comandati da Pasko Ljubicic e Vlado Cosic, alla strage prese parte una banda di criminali comuni, liberati dal penitenziario di Kaonik e trasformata immediatamente in reparto della "Polizia militare".

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