Haider al palio dell'anello

GIACOMO SCOTTI

Haider al palio dell'anello
CROAZIA L'invito al leader razzista corona l'offensiva di destra
GIACOMO SCOTTI


Continua in Croazia l'offensiva dell'estrema destra che ha lo scopo dichiarato di seminare il caos nel paese governato dalla coalizione di centrosinistra. Tutte le occasioni sono buone. Ieri è stato annunciato che il leader degli xenofobi-liberali austriaci e governatore della Carinzia Jorg Haider sarà "ospite d'onore" al 285esimo Palio dell'Anello: il più celebre torneo cavalleresco della zona che si corre ogni anno ad agosto dal 1715 nella cittadina croata di Sinj (retroterra della Dalmazia). La competizione dei cavalieri in uniformi settecentesche che galoppano lancia in resta per centrare un anello di ferro ebbe dal 1990 al 1999 per supremo "carambascià" il defunto Franjo Tudjman. Gli organizzatori, come dimostra l'invito, accettato, a Haider e da questi accettato sono ancor sempre estremisti di destra che vorrebbero trasformare l'edizione 2000 in raduno di filonazisti decisi a sferrare un ennesimo colpo al governo post-tudjmaniano. Il pretesto per invitare Haider a Sinj è stato trovato nella tradizione popolare secondo la quale nel villaggio di Pribude, sulle pendici del monte Svilaja, a una trentina di chilometri da Sinj, vivono gli Haider croati. Un Haider austriaco, ufficiale dell'esercito asburgico, dopo la prima guerra mondiale decise di ritirarsi sul monte dove mise famiglia; i suoi discendenti stanno ancora lassù.
L'annunciata presenza di Jorge Haider in Croazia è un'ennesima provocazione, naturalmente, ma preoccupa il fatto che il governo di Zagabria - condizionato dalla presenza dei social-liberali di Budisa che non nascondono la loro parentela con l'Hdz, il loro orientamento nazionalistico e l'avversione agli antifascisti - lascia ampi spazio alle sfide dei movimenti estremisti capeggiati da Anto Djapic, Ivan Gabelica, Mladen Schwartz, Lioyic ed altri caporioni neonazisti che sono riusciti, anche col sostegno della destra accadizeta, a mobilitare in più occasioni parte dei reduci della "guerra patriottica".
Negli ultimi 100 giorni, quasi ogni giorno, i neoustascia croati, legati alla criminalità organizzata ed a schegge deviate dei servizi segreti, hanno organizzato provocazioni fino al tentativo di golpe. Ricordiamone alcune.
A Veljun, nella seconda guerra mondiale gli ustascia massacrarono 520 civili di etnia serba: lì i neoustascia hanno impedito agli ex partigiani di deporre corone sul monumento che ricorda quelle vittime, hanno devastato il monumento e una donna - fra gli applausi delle camicie nere - si è calata le mutandine urinando sull'ossario; al danneggiamento hanno preso parte cinque ufficiali dell'esercito, ma la polizia ha lasciato fare.
In più comizi, il capo delle camicie nere Djapic ha minacciato di far scorrere il sangue se i profughi serbi dovessero tornare alle loro case e pretendessero di prenderne possesso; il governo non ha reagito. Nella Piazza dei martiri antifascisti a Zagabria, ribattezzata da Tudjman "Piazza dei Grandi croati", gli ustascia hanno aggredito e bastonato gli ex partigiani venuti per celebrare la Giornata della vittoria sul fascismo; la polizia ha lasciato fare.
A Bleiburg, in Austria, diverse migliaia di nostalgici ustascia croati hanno celebrato la "giornata delle vittime" commemorando con discorsi filonazisti i camerati caduti il 15 maggio '45. A quella manifestazione hanno portato il saluto e l'adesione del Governo croato, ben tre ministri e il vicepresidente del Parlamento, tutti social-liberali. Uno di essi ha detto che "l'esercito partigiano non fu il nostro esercito", aggiungendo che l'odierna Croazia indipendente "è nata sulle ossa di questi caduti".
E non si contano le manifestazioni di protesta, organizzate dai neoustascia, che si susseguono a Gospic, a Spalato, a Zagabria, a Vukivar a difesa dei criminali di guerra, contro le "interferenze" del Tribunale internazionale dell'Aja. Ecco: impedire le indagini sulle stragi in Croazia, impedire la consegna al tribunale dell'Aja degli autori di quei crimini; impedire il rientro dei profughi serbi cacciati dalla Croazia con la pulizia etnica dal 1991 al 1995; impedire la costruzione della democrazia e la liquidazione delle strutture dell'ex regime; destabilizzare il paese: questi sono gli obiettivi dei neoustascia e dei loro alleati in questa sfrenata catena di provocazioni. Un'esigua minoranza, infiltrata nei più delicati tessuti dello stato, cerca di gettare la Croazia nel disordine, di provocare una nuova guerra civile; una minaccia anche per i paesi vicini dell'aera balcanico-adriatica. L'Europa, e l'Italia in primo luogo, non può chiudere gli occhi.

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