Zagabria, ombre ustascia

GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Zagabria, ombre ustascia
SI VOTA NELLA CAPITALE CROATA Alle urne i partiti di governo divisi e silenziosi di fronte all'offensiva fascista contro il rientro dei serbi e il Tribunale dell'Aja
GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

Dopo aver sconfitto il regime tudjmaniano presentandosi uniti alle parlamentari del 3 gennaio scorso, i partiti dell'ex opposizione vanno ora disuniti all'appuntamento odierno per l'elezione del nuovo governo e dell'assemblea della capitale. Per la conquista dei 50 seggi e della poltrona di sindaco di Zagabria, le forze del centro-sinistra presentano quattro liste ben separate: i socialdemocratici, i social-liberali, i popolari Hns, mentre il leader dell'Azione socialdemocratica Silvije Degen capeggia una coalizione di socialisti e liberali. Sul fronte della destra, alla vecchia Hdz fa concorrenza il nuovo partito Dc dell'ex ministro degli esteri Mate Granic, staccatosi dai tudjmaniani.
La sconfitta della destra è sicura, ma la litigiosità dei partiti del neo-governo potrebbe compromettere la compattezza dell'esecutivo centrale già scossa dall'indeciso e incerto atteggiamento verso il minaccioso revival di forze estremiste neoustascia scatenatosi da cinque settimane. Si fanno sentire infatti le minacce lanciate da esponenti neoustascia, pronti a dare vita - dicono - a un colpo di stato qualora il governo decidesse stanziamenti per i profughi serbi che intendono tornare a vivere in Croazia. E continuano le agitazioni delle organizzazioni estremistiche dei veterani della "guerra patriottica" contro le indagini condotte da oltre un mese nella Lika dagli inquirenti del Tribunale internazionale dell'Aja, alla ricerca di fosse comuni dove furono gettati i corpi di centinaia di vittime (civili serbi) all'inizio della "guerra patriottica" nel 1991 ma anche in seguito, durante le operazioni militari "Lampo" e "Tempesta" del maggio e agosto 1995.
Purtroppo a una destra marginale nella vita politica del paese, ma aggressiva e sempre più violenta, il governo democratico croato dà risposte timide, impacciate, insufficienti a fermare l'illegalità fin troppo evidente dell'eversione nera. Ieri si doveva tenere a Slunj, ex Krajina, un meeting di antifascisti per il 59esimo anniversario del massacro, compiuto dagli ustascia croati, di 520 abitanti della cittadina colpevoli solo di essere serbi. Nella stessa cittadina e regione, cinque anni fa, durante l'operazione "Tempesta", fu fatta piazza pulita di tutti gli abitanti serbi. Ebbene, nessuna celebrazione ha potuto esserci, il ministero dell'interno l'ha vietata "per impedire scontri", in realtà cedendo alle minacce dei neoustascia e veterani della guerra "patriottica" 1991-'95 - molti di quelli in piazza sono gli stessi che hanno partecipato ai massacri. Le associazioni "Hvidra" e dei "Domobrani", strumentalizzate dai neoustascia, hanno "promesso" di fare un macello se si fosse tenuta la commemorazione delle vittime, "spiegando" pure che il massacro dei 500 e più civili del 1941 fu "giustamente compiuto" per ordine di Ante Pavelic, per vendicare la morte di un ustascia ucciso dai partigiani e decidendo perciò di tenere proprio a Slunj un raduno di camicie nere per "sbaragliare i comunisti" e "cetnici" e "rendere onore ai martiri ustascia". Il governo ha "risolto" il problema vietando il raduno degli antifascisti!
Inoltre, mentre nessuna delegazione governativa è andata a Kumrovec, paese natale di Tito nel 20esimo della sua morte, il 4 maggio (ma sul posto si è riversata una folla di decine di migliaia di ex combattenti antifascisti croati, sloveni e anche italiani), non è mancata una delegazione ufficiale, guidata dal ministro della difesa Joso Rados, liberale, alla cerimonia organizzata a Zagabria per il terzo anniversario della morte di Gojko Susak. Costui fu ministro della guerra negli anni di Tudjman e suo braccio destro, e più volte indicato dal Tribunale dell'Aja come correo dei crimini di guerra compiuti in Croazia e Bosnia dal 1991 al 1995, l'uomo - parliamo sempre di Susak - che da vivo esaltava pubblicamente il Poglavnik ustascia Ante Pavelic, che diede ad alcune brigate dell'esercito croato i nomi di gerarchi ustascia criminali di guerra nella Seconda guerra mondiale, che introdusse nell'esercito croato saluto nazista e inni ustascia. Il governo del centrosinistra nato dalle ceneri di un regime criminale, dunque, nega gli onori a Tito, ma onora un neofascista in odore di crimine.
Un clima che pesa sul voto di oggi. Mentre gli inquirenti del Tribunale dell'Aja, concluse le ricerche nella foiba di Obradovic-Varos presso Gospic - sono venute alla luce le ossa di una ventina di vittime liquidate nell'autunno '91 dagli uomini di Tudjman e Susak - hanno intrapreso "la ricerca di altre fosse comuni" e a Zagabria i resti dei civili massacrati sono all'esame dei patologi per l'identificazione.
In proposito disponiamo di un documento firmato da Josip Manolic, già collaboratore di Tudjman nel 1990-'91, fino all'agosto di quell'anno presidente dello "Staff di crisi" della Croazia, dal novembre '91 capo del Gabinetto del Presidente della Repubblica e responsabile dell'Ufficio per la "difesa del sistema e la sicurezza dello Stato", praticamente capo dei servizi di sicurezza e, come tale, testimone diretto e protagonista nel governo di Tudjman delle decisioni strategiche in quei primi mesi di guerra civile. Il documento riguarda i crimini compiuti a Gospic, la liquidazione di un centinaio di civili serbi e di alcune decine di croati "poco fidati". Manolic (Novi List-27 aprile 2000) dichiara di essere venuto a conoscenza di quelle stragi sul finire del 1991; aggiunge che anche Tudjman "era a conoscenza delle uccisioni, delle deportazioni, delle torture e del terrore instaurato non solo a Gospic ma in tutta la Croazia" e sapeva che in quella campagna di terrorismo "era inclusa buona parte delle strutture del potere locale, civile e militare, croato". "Tutti coloro che formavano i poteri locali, dai capi della polizia ai capi dei servizi segreti, fino all'Avvocatura di Stato, al Pubblico accusatore, tutti insomma sapevano e lasciavano fare. Josip Manolic dice -forse per giustificarsi - che fece di tutto per togliere di mezzo i principali responsabili di quei crimini, - nel caso di Gospic il colonnello Tihomir Oreskovic e il generale Mirko Norac - ma essi rimasero ai loro posti grazie alla forte protezione di cui godevano: fra i nomi dei protettori dei criminali, Manolic fa quello di Gojko Susak, "il quale riuscì a mettere a tacere ogni cosa, godendo a sua volta della protezione di Tudjman". E nessuno avrebbe tirato fuori gli scheletri dagli armadi, pardon, le ossa dalle fosse comuni, se il regime di Tudjman non fosse caduto in frantumi e non fossero caduti, insieme ad altri, anche il tabù delle tragiche vicende che insanguinarono la Lika, la Banovina, il Kordun, la Slavonia ed altre regioni, il tabù dei massacri compiuti principalmente da coloro che oggi manovrano le forze della destra neoustascia spingendole ad azioni eversive, nella vana speranza di impedire che venga fatta piena luce su quei crimini e che i loro autori vengano condotti davanti ai giudici. Anche perché, oltre a quelli di Oreskovic, e Norac, più volte sono stati fatti i nomi di un'altra mezza dozzina di generali dell'esercito croato indagati per crimini di guerra e delitti contro l'umanità fra cui Ivan Cermak, Ante Gotovina e Ivan Korad
e, che si sarebbero macchiati di orrendi delitti anche nel corso delle operazioni militari "Lampo" e "Tempesta" del 1995 e "Sacca di Medak" nel 1993. Quanto alle stragi di civili serbi dell'autunno 1991 e primi mesi del 1992, esse non si limitarono a Gospic; avvennero anche a Zara, Osijek, Oglin, Karlovac, Pakrac, nella stessa Zagabria, Fiume e altrove. Se vogliono fare piena luce, gli inquirenti dell'Aja dovranno lavorare in Croazia ancora per lunghi mesi.
Ma quante furono in totale le vittime civili dei massacri compiuti nelle retrovie del fronte in Croazia? Secondo uno dei leader della minoranza serba rimasta, il prof. Milorad Pupovac, "nel periodo fra l'autunno 1991 e la primavera 1992, nelle varie città croate furono massacrati 700 civili di etnia serba", compresi bambini e adolescenti. Per il suo connazionale e rivale politico Milan Djukic, che rappresenta i serbi di Croazia nel parlamento di Zagabria, invece "solo nelle città furono liquidati più di 3000 serbi". Coi massacri nei villaggi, si arriverebbe alla cifra di 5.673 civili di etnia serba. Nella sola città di Sisak "sparirono per sempre oltre 500 persone".
Perché nulla fu fatto per impedire i massacri, avvenuti - ricordiamolo - nel momento in cui il Vaticano spingeva per il riconoscimento dello Stato indipendente di Croazia? Milan Djukic dice: "Perché Tudjman e i suoi più stretti collaboratori considerarono la cacciata dei serbi dalla Croazia uno degli interessi primari della nazione croata; la politica della pulizia etnica, attuata con il terrore, fu concordata peraltro con Belgrado: cacciare le popolazioni in cambio di territori". Lo stesso Djukic, schieratosi nel 1991 fra i serbi "leali alla Croazia" e perciò risparmiati da Tudjman, informò allora il "Supremo" - era la fine di ottobre 1991 -di una prima strage compiuta a Gospic nella notte fra il 15 e il 16 di quel mese. Tuttora esiste un elenco nominativo di 63 vittime dell'eccidio. Il "Supremo" fu invitato a far cessare quei bagni di sangue, che invece continuarono. Ora i fascisti in piazza minacciano per insabbiare tutto.

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