"Così avvennero le stragi di Gospic"
Testimonianze sugli orrori commessi negli anni della "caccia al
serbo" in Croazia
GIACOMO SCOTTI -
ZAGABRIA
I miliziani della cosiddetta polizia militare del raccogliticcio
esercito creato da Tudjman nel 1990-'91, mobilitando perfino
criminali di guerra liberati dalle patrie galere e fuoriusciti
ustascia fatti rientrare dall'estero, "andavano a caccia dei
serbi in ogni angolo della città di Gospic" (ma lo fecero anche a
Sisak e Zara): "li tiravano giù dal letto e dai rifugi antiaerei
nel cuore della notte - ricorda Jendrasic - li caricavano su
camion e li portavano alla fucilazione; una settantina furono
liquidati in un bosco presso Perusic".
Martin Jendrasic rievoca episodi risalenti alla fine del 1991,
quando, in novembre, fu mandato a Gospic "per vedere che cosa
stava accadendo, vista l'inesistenza di comunicazioni con la
brigata 118 del generale Mirko Norac". Nella sua missione
esplorativa il colonnello sostò a Otocac e poi a Senj, dove il
comandante del gruppo operativo per la Lika, Pero Cavar, lo
sconsigliò di metter piede a Gospic: "non ne uscirai vivo". A
Gospic raccolse altre informazioni, dallo stesso comando della
polizia civile della città, sui miliziani della "polizia
militare" e la loro caccia ai civili serbi; poi, evitando gli
uomini del generale Norac, ritornò a Karlovac e fece rapporto al
comandante della zona operativa: "La 118 brigata operante nella
zona di Gospic non può essere considerata parte dell'esercito
croato, ma una vera e propria Legione straniera formata da
criminali". Quell'unità, sostenne Jendrasic, non dipendeva dal
Comando supremo, né dal Comando di zona, ma era collegata
unicamente e direttamente con il ministro della difesa, Gojko
Susak, ex fuoriuscito ustascia rientrato dal Canada e divenuto
braccio destro di Tudjman.
Il colonnello Jendrasic spedì il suo rapporto anche al capo della
Direzione dei servizi segreti (Sis) e al generale di brigata
Josip Perkovic presso il ministero della Difesa - uno dei pochi
alti ufficiali dei "servizi" di Tito rimasti attivi. Tre giorni
dopo vennero a interrogarlo tre generali-ispettori dell'esercito
mandati dal Sis da Zagabria. A gennaio '92, infine, il capo di
stato maggiore dell'esercito croato ed ex generale dell'Armata
jugoslava Martin Spegelj, accertata l'esattezza delle
informazioni raccolte da Jendrasic, le consegnò personalmente a
Tudjman.
"Ora tutti sapevano delle stragi, ma nessuno intervenne. Anzi, fu
fatta cessare qualsiasi ulteriore indagine", commenta il
colonnello. Che tornò a Gospic di propria iniziativa e venne a
trovarsi faccia a faccia col generale Mirko Norac, "occhi negli
occhi con un criminale di guerra". Tutto veniva organizzato e
posto in atto nella caserma di Gospic dove, fra le altre unità,
erano sistemati gli uomini del Hos ("Forze di liberazione
croata", ovvero milizie ustascia costituitesi come esercito
parallelo). A un certo punto, avendo notato un soldato che
vomitava uscendo dai bagni della caserma, Jendrasic si
insospettì, entrò in quei locali e oggi racconta: "vidi tre
civili inginocchiati sul pavimento davanti ad altrettanti
miliziani del Hos che gli ordinavano di pulirgli gli stivali con
la lingua, e via via che quei disgraziati si chinavano per
leccare gli stivali, ricevevano un calcio in bocca. Erano come
pupazzi rotti, corpi sanguinanti".
Uscito fuori, incontra il comandante dell'Hos, "tale V.R., un
signore che tuttora vive a Zagabria", e gli dice che in quel
momento i suoi uomini stanno commettendo un crimine di guerra:
"tornai quindi dal generale Norac e gli riferii quanto avevo
appena visto; disse che non ne sapeva niente, ma non si mosse.
Poi, nel cortile, incontrai Zdenko Banko, comandante di plotone
della polizia militare, e lo interrogai".
Banko conferma che sono stati i suoi uomini a dare la caccia ai
serbi e a caricarli sui camion - per ordine di Tihomir Oreskovic
(allora comandante della guarnigione militare di Gospic, ndr
) e del generale Nora. E dice che i civili servono per uno
scambio con soldati croati catturati dai serbi. "Purtroppo - lo
smentii - non è così: sono stati portati nel bosco e liquidati.
Nell'udire quella tremenda verità, Banko mi parve veramente
scioccato. Era una persona onesta e cercai di tirarlo fuori da
quell'inferno".
Zdenko Banko fu poi tra i primi dopo la fine della guerra nel
1995, insieme a Milan Levar, a rivelare all'opinione pubblica le
stragi di Gospic, subendo perciò persecuzioni e attentati negli
ultimi cinque anni del regime di Tudjman. Oggi, insieme a un
altro testimone del Tribunale internazionale dell'Aja, e sotto la
sua protezione, si trova al sicuro in Germania. Ma allora, già
all'inizio del '92, subito dopo il colloquio con il colonnello
Jendrsic, Banko fu preso e portato per ordine di Norac nel
carcere di Senj. Riuscì a evadere e raggiunta Zagabria, fu messo
al sicuro dal colonnello Jendrasic che, a sua volta, non poté
rimanere a lungo nell'esercito e nei servizi segreti, ma fu
"costretto a congedarsi e a tenere la bocca cucita".
Fino a oggi questa è la prima confessione in pubblico del
colonnello Jendrasic, che denuncia: "Tutti i fili, nei bagni di
sangue del 1991, li tirava Tihomir Oreskovic col totale appoggio
politico dei gruppi estremisti ustascia appena rimpatriati,
raccolti intorno all'Hdp (Movimento per lo Stato croato) sotto la
guida di Nikola Stedul". Questi è un personaggio tuttora molto
influente in Croazia, spesso presente sulla stampa con articoli
di esaltazione dell'ustascismo.