Vent'anni fa Romero, oggi l'Opus Dei

BERETTA GIANNI

EL SALVADOR

Vent'anni fa Romero, oggi l'Opus Dei

- GIANNI BERETTA - SAN SALVADOR

V enti anni fa, mentre diceva messa in una chiesa di San Salvador veniva ucciso l'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero per mano degli squadroni della morte salvadoregni.

Si era all'inizio di una sanguinosa guerra civile che si prolungò per 12 lunghi anni.

Il giorno prima monsignor Romero aveva intimitato ai militari dal pulpito di rispettare il settimo comandamento "non uccidere": "nel nome di Dio, vi chiedo, vi prego, vi ordino di cessare la repressione". Questa fu la sua condanna a morte. L'ex maggiore Roberto D'Aubuisson, fondatore della destra del partito di Arena, ancora oggi al potere, fu il mandante di quel crimine.

Il tributo della chiesa cattolica salvadoregna in quegli anni '80 è stato elevatissimo: due vescovi (se si include monsignor Joaquin Ramos, vescovo dell'esercito), 16 sacerdoti (fra i quali i 6 gesuiti del massacro dell'Università centroamericana del 1989), 5 religiose e centinaia di catechisti e delegati della parola; oltre, naturalmente, a 75.000 salvadoregni, per la maggior parte battezzati.

Quei crimini sono stati amnistiati con la fine della guerra, anche se in molti casi sono stati perlomeno individuati i responsabili. Non è una casualità che la Commissione della verità ha disposto nel 1993 la messa a riposo forzata (pur con consistente benservito) di ben 114 alti ufficiali dell'esercito, compreso il ministro della difesa, generale Emilio Ponce. Nessuno ha pagato con il carcere ma è stato il massimo risultato in America latina comparato a casi drammaticamente analoghi.

Il conflitto è terminato nel 1992 con gli accordi di pace fra il governo di Arena e la guerriglia del Fronte Farabundo Martì (Fmln). Sul terreno militare finì con un equilibrio sostanziale delle forze in campo. Il che permise, sotto l'egida delle Nazioni unite, un'intesa per una profonda riforma dello stato. Qualche cosa è stato fatto. Tant'è che oggi El Salvador esprime il livello politico/istituzionale meno disastroso fra i paesi centroamericani investiti dai recenti conflitti. Una seppure fragile dinamica democratica ha preso il via con il partito Fmln all'opposizione che nelle elezioni parlamentari della sorsa settimana è diventato, di poco, il primo partito. Anche se la destra nel suo insieme continua a controllare il parlamento, oltre al potere esecutivo. Il Fmln si è poi consolidato alla guida delle principali città del paese, capitale compresa. Mentre l'esercito ha cessato di essere un protagonista della scena politica del paese.

Ma il formicaio El Salvador (sei milioni di abitanti in appena 21.000 kmq) si dibatte in una miseria spaventosa, dove la lotta per la sopravvivenza quotidiana si fa ogni giorno più dura, col crescere della violenza generalizzata.

Sul piano ecclesiale poi si è consumata praticamente una normalizzazione, pilotata dal Vaticano. Oggi l'arcivescovo di San Salvador è monsignor Fernando Saenz Lacalle, dichiarato dell'Opus Dei ed ex generale dell'esercito. Così vicino all'oligarchia che è riuscito a concludere i lavori per la ricostruzione della cattedrale distrutta da un incendio 50 anni fa, ottenendo quei fondi dai potentati salvadoregni che non erano mai stati concessi a monsignor Romero e al suo successore Arturo Rivers y Damas.

Resta comunque l'azione del vescovo ausiliare monsignor Gregorio Rosa Chavez e dei gesuiti dell'università centroamericana; oltre a tanti sacerdoti, religiose e umili credenti che portano nel cuore la testimonianza vivente di Romero e dei martiri di questo paese.

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