Le guerre dell'Uck

SCOTTI GIACOMO

MINI-JUGOSLAVIA RIVELAZIONI IN CROAZIA, "PATRIA" DI A. CEKU

Le guerre dell'Uck

Aumentano gli attacchi terroristici nel sud della Serbia

- GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA

S intetizzando una serie di servizi faxati dai suoi corrispondenti da Washington, New York, Praga, Pristina e Belgrado, l'autorevole quotidiano croato di Fiume "Novi List" ha scritto ieri che "la situazione al confine fra il Kosovo e la Serbia è preoccupante". I sempre più frequenti incidenti armati provocati da terroristi albanesi infiltrati dal Kosovo fanno temere che "in primavera potrebbe scoppiare uno scontro armato" di vasta portata. All'origine di questa situazione stanno svariati gruppi terroristici albanesi, che si presentano come diramazione di un cosiddetto "Esercito di liberazione di Preshevo, Medvedja e Bujanovac".

Questi gruppi, formati ciascuno da una ventina di uomini, si esercitano in azioni militari sin dall'inizio di gennaio, con le stesse uniformi del "disciolto" Uck, l'Esercito di liberazione del Kosovo, comandato, anche nella sua nuova versione di polizia del Kosovo, da Agim Ceku, ex generale dell'esercito croato e responsabile della pulizia etnica a danno dei serbi nella Krajna del 1995, e ora sotto inchiesta al Tribunale dell'Aja. Gli stessi terroristi, intervistati dal "New York Times", si sono dichiarati "ex combattenti dell'Uck". Un inviato del giornale croato a Pristina ha raccolto i pareri di diversi funzionari della Kfor e dell'Unmik, secondo i quali "i combattenti della nuova guerriglia albanese sul territorio serbo" a nord del Kosovo "operano per la liberazione" di quello che essi definiscono "Kosovo orientale", un territorio da secoli parte integrante della Serbia, la cui popolazione comprende anche circa 70mila cittadini di etnia albanese, sparsi in una regione che va, appunto, da Medvedje a Preshevo. Nel tentativo di giustificare a priori uno scarso o insufficiente impegno delle forze Nato per impedire ai terroristi albanesi di portare la guerra nel territorio della Serbia, un alto funzionario del Pentagono americano ha dichiarato al "Novi List" che "le forze della Kfor sono insufficienti" e comunque le loro "operazioni di pace" sarebbero giunte "a un punto critico". Stando alle parole del funzionario Usa, nel solo settore americano del Kosovo ci sarebbe bisogno della presenza di un numero doppio o triplo di soldati rispetto ai 5300 attualmente impegnati. Per il Pentagono, quindi, "esiste la reale possibilità che in primavera scoppino estesi scontri armati nella valle di Preshevo in Serbia, ma anche fra i soldati delle forze di pace e i guerriglieri albanesi".

Si calcola che al confine con la Serbia - sul quale volano arbitrariamente da qualche settimana aerei americani da ricognizione senza piloti - operano attualmente più di 500 guerriglieri albanesi, il cui compito in questa fase è quello di provocare l'intervento delle forze serbe di sicurezza e dell'esercito jugoslavo nella Serbia meridionale e di intensificare le violenze contro la popolazione serba nella zona di confine. "Ordinando aggressioni armate contro le forze di polizia serba oltre il confine del Kosovo e terrorizzando i contadini serbi - ha scritto il 'New York times' - i capi della nuova guerriglia albanese sperano che i serbi reagiscano con spropositate azioni di rappresaglia contro la popolazione civile" albanese in Serbia, innescando una spirale di violenze. Di conseguenza, i capi del movimento terroristico puntano a provocare un'ondata di proteste e di pressioni sulle forze Kfor per indurle a intervenire contro le forze di sicurezza e l'esercito serbo. Si creerebbe in tal modo una situazione esplosiva e pericolosa.

Riferendosi al pericolo di nuovi focolai di scontri nella Serbia meridionale, il più autorevole quotidiano di Praga, il "Lidove novini", afferma che "i gruppi estremisti albanesi puntano alla creazione di uno stato nazionale sui modelli del XIX secolo, rappresentando un grave pericolo per la sicurezza e la stabilità dell'intera regione" e aspirando ad annettere al loro "Stato albanese del Kosovo" anche parti della Macedonia e del Montenegro, oltre che della Serbia storica. Come tali "essi rappresentano un pericolo maggiore di quello che è il regime di Milosevic". Il giornale di Praga riferisce pure che gli esponenti radicali dell'Uck stanno trasferendo le loro basi operative nella Serbia meridionale e nella Macedonia occidentale, "creando in quei territori nuovi focolai di conflitto". L'inviato speciale del giornale praghese a Pristina, Martin Ehl, esperto di questioni jugoslave, scrive che "è diventato ormai un cliché giornalistico affermare che i problemi dei Balcani saranno risolti con l'eliminazione dalla scena politica del regime autoritario di Slobodan Milosevic. Si dimentica che la più grande minaccia viene dai gruppi estremisti albanesi". Sono essi che, dopo aver acceso la miccia delle sciagure che hanno colpito il Kosovo, e mentre si danno da fare per completare la pulizia etnica nel Kosovo eliminando anche le ultime oasi di serbi, rom e altre minoranze, "stanno ora attizzando e inasprendo le tensioni fra albanesi e macedoni nella Macedonia occidentale" (e nella stessa capitale Skopje), così come si accingono ad accendere la miccia nella Serbia meridionale. "La situazione esistente in alcuni distretti del sud della Serbia - afferma Martin Ehl - là dove la popolazione albanese forma la maggioranza, è del tutto simile a quella che si venne a creare nel Kosovo due anni fa: l'Uck organizza periodiche aggressioni contro la polizia serba, le formazioni paramilitari serbe nella regione reagiscono a loro volta, cercando di cacciare gli albanesi da alcuni villaggi".

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